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Alfredo di Stefano e, a destra Ferenc Puskas al Real |
Dalla crisi si ottiene una nuova fase, di trasformazione sociale, e la vittoria in qualche modo può agevolare tale trasformazione, come per il Miracolo di Berna di cui questo blog si occupò, in un post relativo alla Germania Ovest.
Oggi il tema tratta in maniera specifica uno degli esempi menzionati sull'articolo di Camilli, e per la precisione le vittorie del Real Madrid utili al regime franchista (del "generalissimo" Franco) di natura fascista della Spagna.
Ferenc Puskás Biró (noto semplicemente come Ferenc Puskás) fu uno dei più grandi giocatori della storia del calcio, considerato il miglior calciatore ungherese di sempre. Attaccante della Honved di Budapest e dell'Ungheria, esordì a 16 anni e vinse cinque campionati ungheresi e 4 volte la classifica dei marcatori.
Si trovò in trasferta a Bilbao insieme alla famiglia e assieme ovviamente alla sua squadra quando nel frattempo a Budapest, la capitale dell'Ungheria scoppiava la Rivoluzione del 1956. Accadde infatti che vi furono dei moti rivoluzionari in Ungheria, il 23 ottobre del '56 che portarono gli ungheresi ad uscire dal Patto di Varsavia. Ciò chiaramente non fu gradito ai sovietici, che nei primi di novembre dello stesso anno invasero Budapest, provocando il caos, che portò a tante morti (oltre 3000 per entrambe le fazioni pro e contro i sovietici) e infine i sovietici costrinsero l'Ungheria a tornare nel Patto, in cui vi rimase sino al 1989. Nel frattempo, per il periodo particolare in patria, Ferenc Puskás chiese asilo politico, e rimase per circa 18 mesi tra Austria e Italia, finché non venne ingaggiato dal Real Madrid di Santiago Bernabeu l'11 agosto 1958.
Ingrassato e fuori forma, i suoi compagni di squadra al Real lo chiamavano "El Cañoncito Pum Pum". Aveva 31 anni quando giunse a Madrid, e in quel periodo di circa 9 anni la squadra, anche grazie al suo importante contributo vinse 6 campionati spagnoli, 4 titoli di capocannoniere, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Coppa di Spagna e 3 Coppe dei Campioni, tra cui quella della finale contro l'Eintracht di Francoforte battuto per 7-3, in cui realizzò addirittura una quaterna. Grazie alla permanenza al Real, venne naturalizzato spagnolo. Ottenne anche 85 presenze con la nazionale ungherese, in cui militò dal 1945 al 1956 (l'anno dell'invasione sovietica) segnando 84 gol, un record. Militò anche nella squadra olimpica che vinse l'oro nel '54 ed infine, ottenuta la cittadinanza spagnola fece anche quattro apparizioni con la Spagna (tra il 1961 e il 1962, senza però segnare reti). Militò in due sole squadre come calciatore, ma ne guidò tante sparse per il mondo, come allenatore.
Ovviamente, la parte centrale dell'analisi di questo post fa riferimento agli anni di militanza nel Real Madrid della Spagna franchista. Il calcio contribuì a migliorare le relazioni internazionali di un stato guidato dall'unico governo di estrema destra sopravvissuto alla Seconda Guerra Mondiale, anche se occorsero più di vent'anni per migliorare lentamente la considerazione dei paesi vincitori nei confronti degli spagnoli.
Stavolta dunque, a causa della crisi dell'Ungheria fu la Spagna calcistica ad ottenere risultati importanti, e tali risultati giovarono alla dittatura spagnola, franchista e di stampo fascista in quanto -secondo quanto riporta l'articolo di Camilli- anche grazie alle vittorie del Real Madrid, il regime spagnolo dell'epoca riuscì ad ottenere visibilità e a costruirsi una nuova identità nei confronti degli altri paesi, e cioè quegli stessi paesi vincitori della guerra che isolarono la Spagna dal 1945 per un periodo di circa vent'anni.
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