giovedì 31 luglio 2014

Sulle proteste dei brasiliani - Parte 4: il pensiero di Romario

Romario alla Camera dei Deputati (autore foto: José Cru/ABr)
La pressione sul Brasile era tanta, in un Paese dove la gente si era stancata del calcio, che protestava contro lo svolgimento del Mondiale in Brasile. La sconfitta patita per 7 a 1 dalla Germania è il riflesso della dura realtà che i brasiliani sono costretti ad affrontare.

Nella parte 1 della serie "Sulle proteste dei brasiliani" si è parlato in modo generale di alcune delle ragioni delle proteste (tra cui che gli stadi non serviranno a granché dopo la manifestazione), nella parte 2 si è andati ancor più nello specifico, spiegando che i brasiliani contestano sia la Fifa -per la quale si è prospettato un danno d'immagine e di utili, visto che gli sponsor del mondiale hanno ridotto al minimo le rispettive campagne pubblicitarie- che per il governo anche a causa del fatto che per fare quegli stati sarebbe stato sottratto denaro ai servizi di base per la popolazione. Nella parte 3 si è documentato di come le proteste in Brasile continuassero, anche a causa del crollo di un viadotto costruito in fretta e furia in vista del Mondiale, e a causa di tale crollo sono morte alcune persone, e altre rimaste ferite. Nello stesso articolo si è menzionato anche il fatto che tra le cause della protesta vi sono anche ragioni ambientali: le grandi opere hanno avuto un forte impatto negativo sull'ambiente.

Ma c'è anche dell'altro da documentare. Chi ci ha guadagnato da questa manifestazione e chi ci ha rimesso, oltre all'ambiente?

A guadagnarci sono stati soprattutto i privati. Sono stati spesi 11 miliardi di dollari circa, pari a circa il 61% del bilancio dell'istruzione nel Paese, e quasi tutte le spese sono state a carico dello Stato che ha avuto ben pochi ricavi. A rimetterci sono stati quindi da una parte lo Stato che avrà una crescita economica stimata di soli 0,2 punti percentuali a fronte delle notevoli spese effettuate, dall'altra parte i cittadini per i motivi già elencati, oltre al fatto che per la realizzazione di stadi e infrastrutture si dice abbiano perso la casa circa 250.000 residenti in Brasile: un fatto tristissimo e al tempo stesso irritante. Lo svolgimento del mondiale è stato utile se non altro a fare pubblicità al Brasile, ma questo Brasile aveva poi così bisogno di farsi pubblicità? A inizio mondiale le infrastrutture degli stadi non erano ancora ultimate, e i campi erano in pessime condizioni. Per nascondere lo stato del terreno di gioco, alcuni lavoratori furono filmati intenti a dipingerlo di verde dove necessario...

Per loro fortuna, almeno -e anche per fortuna del governo, che sulla vittoria finale del Brasile ci aveva messo pubblicamente la faccia- a vincere non sono stati i finalisti rivali dell'Argentina, una magra consolazione per l'umore complessivo della popolazione, un fatto che in realtà fa soprattutto comodo al governo in quanto la
presidente del Brasile si è, in questo modo risparmiata l'umiliazione di premiare gli argentini: meglio premiare i tedeschi, non fa nulla se hanno sconfitto la Seleçao per 7 a 1.

Romario, noto ex calciatore brasiliano (ha giocato, fra l'altro, nel PSV, nel Barcelona, nel Flamengo e nel Valencia) oggi è un parlamentare ed esponente di spicco del Partito Socialista del Brasile, molto attivo nel criticare lo svolgimento di questa competizione, chiamando il popolo alla protesta ed evidenziando la mancanza di infrastrutture e servizi pubblici adeguati e l'enorme spesa per il torneo. Dopo l'eliminazione del Brasile dal torneo, lui che con la Nazionale ha vinto la competizione nel 1994 ha scritto su Facebook (come riporta un articolo del sito lindro.it) "Dilma dovrà dare la coppa ad un'altra squadra. Loro prenderanno la coppa e a noi lasceranno i nostri stadi costosissimi e l'eredità morale. Questo è il calice della vergogna" (Dove Dilma, ovviamente è la presidente del Brasile, Dilma Rousseff).

mercoledì 30 luglio 2014

La politica del calcio - Parte 2: il programma di Albertini

Albertini a 20 anni, ai tempi del Padova (in prestito dal Milan)
Ieri si è parlato del programma elettorale di Tavecchio, oggi il blog intende invece occuparsi dello sfidante Demetrio Albertini.

Ex noto calciatore, di ruolo regista di centrocampo, detto "Il Metronomo" ha ottenuto il massimo del successo giocando nel Milan, con la maglia numero 4 vincendo ben 5 scudetti, 3 supercoppe italiane, 2 coppe dei campioni (così chiamate allora), 2 supercoppe europee, 1 coppa intercontinentale. Ha vinto inoltre 1 campionato spagnolo col Barcelona, 1 Coppa Italia con la Lazio e 1 Europeo Under 21, quello del 1992.

Ritiratosi dal calcio nel 2005, ha vestito i panni di dirigente sportivo ricoprendo la carica di vice commissario straordinario della Figc nel 2006, dopo lo scandalo Calciopoli e le dimissioni del presidente federale Franco Carraro. Tuttavia, Albertini si dimise pochi mesi dopo e dal 2007 con l'inizio della presidenza di Giancarlo Abete divenne vice presidente della Figc e riconfermato tale il 5 aprile 2013 grazie alle elezioni. Intanto nel 2006 partecipò al progetto della Scuola Calcio "Demetrio Albertini", con sede nel bergamasco che conta attualmente più di 1000 ragazzi. Nel maggio 2014 annuncia che dopo il Mondiale si ritirerà avendo constatato l'impossibilità di avviare riforme importanti nel calcio ma a seguito delle dimissioni di Abete, Albertini presenta la propria candidatura e adesso sfida Tavecchio.

Il programma elettorale di Albertini è così sintetizzabile: rimettere al centro il calcio giocato e i giovani, instaurando un dialogo e una sinergia tra tutti i campionati, da considerare una risorsa. Anche se pensa di sfoltire le leghe perché "Siamo gli unici ad avere tre leghe professionistiche e una dilettanti", e quindi ridare centralità alla Figc "Che non può ridursi solo a potere e spartizione di poltrone". Occorre valorizzare i dilettanti, partire dal basso per far emergere giovani talenti. Occorre la pazienza di programmare. Inoltre "Bisogna avvicinare il calcio alla gente", con allenamenti a porte aperte che non devono essere una notizia ma la normalità, e le squadre devono scendere sul territorio.

Gli exit poll danno Albertini al 40% contro il 60% di Carlo Tavecchio. Le elezioni si terranno il prossimo 11 agosto e a votare sono le società di A, B, Lega Pro e Dilettanti, tramite assemblea federale insieme a rappresentanti degli allenatori (Assoallenatori), dei calciatori (Assocalciatori) e degli arbitri (Aia).

Lo sfidante Tavecchio sembra essere in netto vantaggio nonostante le famose affermazioni di cui si è già parlato e per le quali si è scusato ammettendo la gaffe. E nonostante anche Uefa e Fifa abbiano avuto parole pesanti per tali esternazioni.

Albertini, il volto nuovo con un programma apprezzabile. Ma anche il volto già noto di Tavecchio ha esternato un programma elettorale apprezzabile. Inoltre entrambi puntano alla valorizzazione dei giovani residenti sul territorio italiano, con ricette leggermente diverse ma non in contrapposizione. Vedremo chi, alla fine, avrà la meglio.

martedì 29 luglio 2014

La politica del calcio: elezioni del presidente Figc, il programma elettorale di Tavecchio

Ieri durante la cerimonia per la compilazione del campionato di Serie A erano presenti anche i due candidati alla successione di Abete alla presidenza della Figc, seduti fianco a fianco. Ma perché si vota?

Tutto cominciò allorquando la nazionale italiana venne eliminata dal Mondiale in Brasile: a causa di ciò si dimisero sia il presidente Giancarlo Abete che l'allenatore Prandelli. Ieri pomeriggio i due candidati hanno avuto anche modo di esprimere seppur brevemente alcuni punti del loro programma elettorale in diretta televisiva. Come molti avranno notato, Albertini e Tavecchio erano seduti fianco a fianco e su alcuni punti concordavano anche. Inoltre, Tavecchio ha ribadito le sue scuse per l'affermazione infelice di cui i due post precedenti a questo.

Qual è il programma di Carlo Tavecchio? Questa è la domanda a cui il post odierno tenterà di rispondere in modo semplice ma esaustivo.

Intanto, chi è Tavecchio? L'attuale presidente della Lega Nazionale Dilettanti dal 1999, nonché il vicepresidente vicario della Figc dal 2009. La sua candidatura rappresenta una sorta di ostacolo al vero rinnovamento secondo alcuni, in quanto nel giro di chi conta nei palazzi risulta essere una faccia ben nota, mentre il suo sfidante è decisamente più giovane. Tuttavia sono circa 17 le società che hanno dichiarato di appoggiare la sua candidatura, ed in politica sebbene a causa delle sue famose affermazioni sia stato dichiarato non idoneo a ricoprire il ruolo di massimo dirigente del calcio italiano da parte della sinistra (PD e SEL), dalle forze politiche di centrodestra quali UDC e Forza Italia è ancora ben visto e difeso. Ha avuto anche incarichi politici di rilievo in passato, ed il suo partito era la Democrazia Cristiana.

Cosa prevede il suo programma elettorale? Tavecchio vuole che i giovani italiani vengano presi maggiormente in considerazione sin da piccoli, e che vengano preferiti gli italiani invece che gli stranieri a prescindere anche perché talvolta questi ultimi deludono le attese, mentre gli italiani meritano di essere valorizzati di più. In 5 punti il suo programma è il seguente:
  1. Nuova governance: quattro manager lo affiancheranno ai vertici federali, al posto del direttore generale;
  2. Costruzione di centri tecnici federali in tutta Italia per selezionare i migliori giovani residenti nel Belpaese;
  3. Istituzione del Super CT, che controllerà anche le giovanili nazionali e guiderà lo staff di tecnici e osservatori;
  4. Rilancio della struttura di Coverciano, che dovrà essere gestita da un manager di riferimento;
  5. Niente barriere negli stadi e pene severe per i violenti.
Chi lo appoggia? Al momento sembra proprio che Tavecchio sia appoggiato dalla maggior parte degli uomini dei palazzi del calcio, con solo Della Valle della Fiorentina (pro Albertini) e Agnelli della Juventus (si astiene) oltre che -così pare- la Roma e forse pochi altri che hanno fatto scelte diverse, per motivi diversi. Pare che la candidatura di Albertini sia appoggiata principalmente da calciatori e allenatori. Il presidente dell'Associazione Allenatori Damiano Tommasi, ieri pomeriggio presente alla compilazione del calendario di Serie A, era seduto proprio a fianco ad Albertini (dall'altro lato di Albertini invece c'era Tavecchio), e l'ex calciatore romanista ha già affermato che voterà Albertini.

Tavecchio è appoggiato non solo dalla Lega Serie A in primis dal presidente Maurizio Beretta, ma anche ad esempio da Mario Macalli della Lega Pro, e anche dal presidente della Lega di B. Sembra insomma destinato a vincere, anche se per molti rappresenta la conservazione rispetto all'innovazione incarnata da Albertini, un volto decisamente più giovane che però ha ben poche probabilità di vittoria. A proposito di Albertini, questo blog offrirà più avanti anche una panoramica del suo programma elettorale, di queste elezioni che si terranno il prossimo 11 agosto.

lunedì 28 luglio 2014

Tavecchio, il caso è politico - Parte 2

Fiorentina-Lazio, diventata uns sfida anche tra chi è contro e chi è pro Tavecchio
Sul post di ieri si è parlato delle dichiarazioni di Tavecchio, della sua gaffe da molti interpretata e interpretabile come razzista: "Qui fanno i titolari quelli che prima mangiavano le banane", e quindi di alcune reazioni che tale frase ha suscitato, nonché la controreplica di Tavecchio, che si è scusato per la battuta infelice, ha ammesso l'errore e non accetta di essere apostrofato come razzista.

Si è anche visto che figure note che sostengono la sua candidatura lo hanno pubblicamente difeso, chiamando in causa quel fenomeno di strumentalizzazione che in politica è stato spesso adoperato. E a sostegno della tesi della strumentalizzazione ci sarebbero anche le dichiarazioni dello stesso Premier in persona, non tanto per quello che ha detto ma per il semplice fatto che apparire antirazzista -ve lo ricordate il gesto fatto con Prandelli alla Dani Alves?- vale punti agli occhi del suo elettorato specialmente quello composto da persone che si dichiarano di sinistra ma in Renzi vedono molte affinità con il liberismo e cioè con un'ideologia di destra che non tutela i più deboli, anche se la destra ovviamente non è necessariamente razzista, anzi nelle democrazie moderne a parte alcuni, sono in nettissima minoranza coloro che professano netta e aperta ostilità a chi appartiene ad una razza -nel senso stretto del termine- diversa. 

Matteo Renzi si è espresso con toni pacati ma netti: "Tavecchio? Quell’espressione sugli stranieri che mangiavano banane è inqualificabile. Parlando proprio calcisticamente direi un clamoroso autogol". Renzi, calcisticamente tifoso della Fiorentina è sostenuto in queste dichiarazioni anche dalla società della sua squadra: in un comunicato la società viola ha dichiarato che "L'Acf Fiorentina, fedele ai propri valori etici e civili, alla luce delle recenti affermazioni del signor Tavecchio ritiene non più sostenibile la sua candidatura alla presidenza della Figc".

Una simile decisione, quella dei Viola e di Della Valle appare come una rottura circa le alleanze interne alla Federazione: anche in tale istituzione -è bene ricordarlo- si fa politica, e sia Demetrio Albertini che lo stesso Carlo Tavecchio hanno presentato un programma elettorale a sostegno delle proprie rispettive candidature.

Della Valle, decidendo di non sostenere più la candidatura di Tavecchio per colpa delle dichiarazioni razziste rompe l'alleanza con Adriano Galliani (già presidente della Lega Calcio nonché ancora a.d. del Milan) e Claudio Lotito (massimo dirigente di Lazio e Salernitana). Qualche "maligno" può pensare anche che dietro ci sia dell'altro e che il caso Tavecchio sia stato strumentalizzato apposta per tornare utile da più parti. In effetti è davvero difficile pensare che chi continua a sostenere Tavecchio sia razzista solo perché continua a sostenerlo, solo gli ingenui possono arrivare a pensare ad una cosa simile.

Lo scopo di questo post è quello di aiutare il lettore a riflettere meglio circa quanto sta accadendo in questi giorni nel mondo del calcio, con la politica che interviene su fatti calcistici e con la politica interna al calcio che ne subisce delle conseguenze non di poco conto. Chi scrive preferisce non schierarsi, formulando un'idea che sarebbe in ogni caso di parte.

Questo blog continuerà ad occuparsi dell'elezione del nuovo presidente della Figc, andando anche a scoprire quali sono i punti salienti del programma elettore di entrambi i candidati.

domenica 27 luglio 2014

Tavecchio, il caso è politico

Una notizia fresca che collega in Italia il calcio alla politica: il candidato alla presidenza della Figc, Carlo Tavecchio in occasione di un'assemblea del calcio dilettante ha pronunciato una frase a detta di molti di stampo razzista: "Qui fanno i titolari quelli che prima mangiavano le banane". Una simile affermazione ha suscitato pubblica indignazione, diventando una faccenda politica.

Graziano Delrio sottosegretario della Presidenza del Consiglio con delega allo sport e alle politiche di coesione territoriale si è dimostrato irritato, mentre per Debora Serracchiani, vice segretaria del Pd "Il caso non dovrebbe nemmeno essere in discussione: la sua candidatura semplicemente non puo' essere presa in considerazione". Tuttavia Tavecchio, che corre alla presidenza assieme all'ex calciatore nazionale Demetrio Albertini si è scusato ma non accetta accuse di razzismo, spiegando che faceva riferimento a giocatori stranieri non bravi che prendono il posto degli italiani nel campionato italiano. Ovviamente ciascuno può farsi l'idea che più ritiene opportuno e decidere se l'affermazione di Tavecchio è o no razzista.

Il presidente della Lega di A, Maurizio Beretta afferma che ''La vita di Tavecchio e' una continua testimonianza di azioni contro ogni forma di discriminazione" affermando che si è trattato di strumentalizzazione. Anche per Mario Macalli presidente della Lega Pro si tratta di strumentalizzazione. Senza nulla togliere ai ragionamenti di Beretta e Macalli, c'è anche da dire che entrambi sostengono la candidatura di Tavecchio al posto di Albertini. Ma non bisogna nemmeno dimenticare che solitamente in politica tutto fa brodo per le strumentalizzazioni.



sabato 26 luglio 2014

Quando le Germanie erano due - Parte 4: la Dinamo Berlino

Dinamo Berlino nel 1979
Nei precedenti articoli della serie "Quando le germanie erano due" si è parlato della Nazionale della Germania Est (parte 1), di quella Ovest (parte 2), e del Mondiale del 1974 in cui le due nazionali si affrontarono per la prima e unica volta, arrivando sino al 1990 quando la Germania Ovest vinse il suo ultimo titolo prima che lo Stato tedesco venisse riunito (parte 3).

Tornando di nuovo indietro negli anni, troviamo anche altre vicende relative al contatto tra calcio e politica che meritano un approfondimento.

Con la divisione della Germania avvenuta dopo la Seconda Guerra Mondiale, le squadre di club dell'Est venivano acquisite da apparati dirigenti del Partito Comunista, e la Stasi, la polizia segreta di Stato nel 1966 acquisì la Dinamo Berlino.

L'operazione comportò qualcosa di poco corretto eticamente, e a dire il vero non si trattò proprio di una novità, visto che era già successo per altre squadre altre volte: il prelievo forzato dei giocatori della Dinamo Dresda, i quali furono costretti tutti a giocare nella Dinamo Berlino.

Nonostante tale operazione, inizialmente i risultati non si viddero, e questo deriva anche dal fatto che negli stati filorussi lo sport principale non era il calcio. Tuttavia col passare degli anni e dopo altri trasferimenti forzati, i risultati iniziarono ad arrivare. Qualcuno sottolinea che l'arbitraggio in patria era particolarmente compiacente verso la squadra della polizia segreta di Stato, e ciò -sempre secondo quel qualcuno- fu reso evidente dagli scarsi risultati ottenuti nelle competizioni europee.

Col crollo del Muro, la fine della Guerra Fredda e la riunificazione della Germania, la Dinamo Berlino perse come ovvio l'appoggio della Stasi e consequenzialmente perse prestigio e retrocesse quasi subito nelle serie inferiori. Nel 2001 addirittura andò in bancarotta, ed oggi milita nei livelli bassi del calcio tedesco.

Nel suo palmares conta 10 vittorie del massimo campionato (consecutivamente, dal 1978/79 al 1987/88) e 3 trofei nazionali (Coppe della Germania dell'Est, nel 1959, nel 1987/88 e nel 1988/89).

Una controversia ha riguardato il riconoscimento dei titoli vinti dalla Dinamo Berlino. Infatti, per ogni tre campionati maggiori vinti alle squadre tedesche veniva assegnata una stella. Tuttavia la federcalcio tedesca si dice sapesse perfettamente come la squadra della Stasi avesse vinto gli scudetti, e inoltre i titoli riconosciuti riguardavano solo quelli della BundesLiga fondata nel 1963 in Germania Ovest.

Successivamente i criteri vennero modificati, e per l'assegnazione delle stelle furono considerati validi tutti i campionati tedeschi vinti a partire dal 1903, anno di fondazione della federcalcio tedesca, e in questo modo i titoli vinti dalla formazione della Berlino orientale ebbero un riconoscimento ufficiale anche nella patria unificata.

La politica può entrare nel calcio veramente nei modi più disparati, anche -in tempo di dittatura- coercitivi e anche mediante l'uso delle minacce, per gli scopi che più gli aggradano.

Attribuzione foto: Bundesarchiv, Bild 183-U0529-0306 / Mittelstädt, Rainer / CC-BY-SA

venerdì 25 luglio 2014

Serie B a 21 squadre: un onorevole si oppone con un'interrogazione parlamentare

Premiazione della "Coppa Ali della Vittoria" assegnata alla vincente della Serie B (Atalanta 2010-2011)
La squadra del Novara, che dovrà disputare il prossimo campionato di Lega Pro resta a disposizione per un eventuale ripescaggio in B. La Serie B altrimenti, priva del radiato Siena (in un precedente post si è parlato anche del fallimento finanziario senese) dovrà essere giocata da 21 squadre il che è la soluzione al momento maggiormente favorita dalla lega di B.

Un parlamentare di Novara non è d'accordo: Gaetano Nastri (gruppo Fratelli d'Italia) ha presentato nel pomeriggio del 22 luglio un'interrogazione a Matteo Renzi, Presidente del Consiglio in merito al prossimo campionati di B, attraverso un documento "Corredato da cinquanta firme di politici" come affermato dallo stesso Gaetano Nastri. Per quest'ultimo un campionato con squadre dispari è "Zoppo" e "Ciò potrebbe comportare una serie di problematiche e inefficienze" come ad esempio "Si potrebbero innescare una serie di accordi e calcoli, con conseguente abbinamento di scommesse illecite che priverebbero la regolarità dello svolgimento del torneo", infatti 21 "Essendo un numero dispari, determinerebbe l'introduzione dei turni, ed il conseguente riposo di una squadra". Inoltre sarebbe in una situazione del genere matematicamente "Impossibile far sì che tutte le partite, soprattutto verso la fine del torneo, si giochino in contemporanea". Nastri assicura anche che "Il fatto che io sia di Novara c'entra relativamente, forse mi sarei esposto lo stesso perché sono uomo di sport" con trascorsi di "assessore comunale proprio allo Sport e con discreti trascorsi da calciatore".

Sul fatto del rischio della poca regolarità del torneo di Serie B, una precisazione: campionati con numeri dispari sono già stati giocati in passato tra professionisti e dilettanti, per esempio il girone B di Lega Pro 1 della scorsa stagione era composto inizialmente da 17 squadre (poi per un fatto definito illecito una squadra -la Nocerina- venne espulsa a torneo in corso).

Anche il Ministro dell'Interno Angelino Alfano (leader del Nuovo Centro-destra) si e attivato con un discorso pubblico circa un eventuale ripescaggio in C della squadra del suo comune, Agrigento (la squadra è l'Akagras, ed in un precedente post l'argomento è stato già trattato).

Nel merito della specifica questione si è espresso anche un ex giocatore e ora allenatore in cerca di squadra come Andrea Sottil (ex difensore di vari club fra cui Fiorentina, Reggina, Genoa, Atalanta, Torino e Udinese) che ha affermato per il sito tuttomercatoweb.com che "La Serie B a 21 squadre è un tornare indietro" e che "Si ha un finale falsato soprattutto verso il finale di stagione, dove una squadra che si riposa può fare i suoi calcoli vedendo giocare le altre".

Nonostante le perplessità che suscita una decisione come quella di disputare il torneo cadetto a numero dispari, pare che la direzione presa sia questa, a meno di improvvisi stravolgimenti dettati magari da interventi di tipo politico. A proposito di Serie B: il torneo della scorsa stagione fu disputato da 22 squadre, di queste sono state promosse in A Palermo, Empoli e Cesena mentre sono state retrocesse Siena (per radiazione), Novara, Padova (poi radiata anche dalla Lega Pro), Reggina e Juve Stabia.

Per la prossima stagione, che si giochi in 21 o in 22 le favorite per la vittoria sono, secondo gli scommettitori Catania (dato a 2,75) seguito da Bari, Pescara e Livorno (date a 6, quote Lottomatica/Better).

giovedì 24 luglio 2014

Antonin Panenka si candida a senatore in Repubblica Ceca. Fu l'inventore del "cucchiaio"

Antonin Panenka nel 2009 (fonte: Wikipedia)
Una notizia recente mostra un ennesimo caso di contatto tra calcio e politica. La notizia è che il giocatore della Repubblica Ceca, Antonin Panenka, colui che ha inventato il "cucchiaio" ancor prima di Francesco Totti, di Andrea Pirlo e Zinedine Zidane si candiderà per un seggio al senato nel suo Paese.

L'inventore del cucchiaio intende diventare senatore in Repubblica Ceca, uno stato fondato nel gennaio del 1993 a seguito della pacifica separazione dalla Slovacchia, anche quest'ultima fondata dunque nel '93 (in precedenza vi era la Cecoslovacchia, nel 1990 diventata Repubblica Federale Ceca e Slovacca).

La Repubblica Ceca, che può essere identificata anche col poco utilizzato nome di "Cechia" (da Česko), ha un sistema bicamerale, composto da Camera e Senato. Il Senato viene rinnovato ogni due anni di un terzo dei suoi membri. Antonin Panenka, 65 anni intende candidarsi al Senato alle prossime elezioni, che si terranno il prossimo autunno.

Panenka, attuale presidente del club Bohemians Praha 1905 nella cui squadra militò per 14 anni con 230 presenze e 76 gol, ha scelto di candidarsi come capolista della lista "Indipendenti per Praga 10" (Praga 10 è un distretto elettorale, quello in cui si candiderà). Se vincerà rimarrà in carica per due anni, visto che prenderà il posto già occupato da un senatore che a maggio è stato eletto al Parlamento europeo.

Panenka ha lasciato un segno indelebile nel mondo del calcio. Famoso fu il gesto del "cucchiaio" su un calcio di rigore che conferì la vittoria della Cecoslovacchia contro la Germania Ovest nella finale dell'Europeo 1976. Quella finale si risolse proprio alla lotteria dei rigori, ed il suo fu quello decisivo.

La notorietà, il suo passato da grande calciatore e servitore, a suo modo, della Patria, la fedeltà, visto che è stato una bandiera della stessa squadra di cui ora ricopre il ruolo di massimo dirigente: tutti elementi potenzialmente utili a supportare la candidatura di questo signore che ha fatto la storia del calcio.

In nazionale ha militato dal 1973 fino al 1982 e dunque la patria per cui ha giocato è stata sempre la Cecoslovacchia unita, nella cui selezione nazionale maggiore ha giocato per 59 volte mettendo a segno 17 reti. Il suo ruolo era quello del centrocampista offensivo.

Oltre all'Europeo 1976 (che venne disputato in Jugoslavia) in cui sfoggiò quel gesto oggi conosciuto come "cucchiaio" in italiano oppure "Penanka penalty" in inglese, da calciatore ha vinto 2 campionati austriaci col Rapid Vienna e 3 Coppe d'Austria sempre col Rapid Vienna. Prima di questi titoli austriaci, vinse il titolo di Calciatore cecoslovacco dell'anno 1980. In seguito, dopo 14 lasciò il Bohemians Praga per giocare dal 1981 al 1985 nella squadra austriaca del Rapid ove vinse i trofei prima enunciati. Nel 1985 perse la finale di Coppa delle Coppe contro l'Everton e poi passò al VSE St. Polten per 2 stagioni, per poi concludere la carriera nelle serie minori austriache. Si ritirò dal calcio giocato all'età di 45 anni, nel 1993.

mercoledì 23 luglio 2014

Giocatori che non rientrano a Donetsk a causa del conflitto in atto in Ucraina

Lo Shaktar prima di un incontro nel 2013 contro la squadra del  MFC Mykolaiv, autore: Absent69
Alcuni giocatori dello Shaktar come Alex Teixeira, Fred, Dentinho, Douglas Costa, Facundo Ferreyra, Ismaily si sono rifiutati di tornare in Ucraina dopo l'amichevole disputata a Lione contro la principale squadra locale con la squadra in cui militano.

Per quale motivo? La sicurezza, visto che un aereo di linea ha ricevuto degli spari in cielo, provocando la morte di 298 persone. Inoltre Donetsk si è proclamata capitale dei filo russi, provocando uno scenario interno carico di tensioni, tra combattimenti e morti.

La notizia della scomparsa dei giocatori aveva fatto il giro del mondo in poco tempo, suscitando preoccupazione. Ma i giocatori brasiliani si sono in seguito fatti sentire, spiegando le proprie ragioni: dal profilo Instagram di Dentinho hanno rilasciato quanto segue: "Vogliamo chiarire che la decisione di non tornare in Ucraina non è stata indotta da altri: abbiamo preso questa decisione di comune accordo, in una riunione con tutti i brasiliani della squadra e le rispettive famiglie [...] a causa del conflitto abbiamo paura e non vogliamo mettere a repentaglio la vita nostra  e dei nostri cari. Voglio far sapere al mio club che voglio lavorare, voglio giocare ma non posso permettere che la mia famiglia rischi la vita [...]".

Gianluca Innocenti in un suo articolo informa che sono state numerose le volte in cui le diserzioni di alcuni calciatori hanno riguardato fatti politici.

Donetsk si trova nell'est dell'Ucraina, è la capitale industriale di quell'area, e già il 7 di aprile i filo russi avevano preso il controllo della sede dell'amministrazione regionale. Quel giorno i filo russi della regione in cui si trova Donetsk si sono anche autoproclamati Stato indipendente, occupando ulteriori edifici governativi in altre 13 città della regione. Al momento lo Stato indipendente viene riconosciuto esclusivamente dalla Russia e l'Ossezia del Sud. Tale stato, denominato Repubblica Popolare di Donetsk si è posto, alternativamente, 3 obiettivi: o la federalizzazione dell'Ucraina, o l'annessione alla Russia oppure l'Indipendenza.

Dopo la Crimea, adesso un nuovo territorio reclama autonomia dall'Ucraina. Questa situazione legata alla politica, come appena menzionato ha avuto un risvolto indiretto ma considerevole nel mondo del calcio.

Lo Shaktar Donetsk è infatti una delle maggiori società calcistiche dell'Ucraina, potendosi vantare di aver vinto nell'arco della sua storia svariati titoli, sia quando militava nel campionato sovietico che da quando fa parte della federcalcio ucraina: 9 campionati ucraini, 9 Coppe d'Ucraina, 6 Supercoppe ucraine, 4 Coppe URSS e 1 supercoppa sovietica. In ambito internazionale conta la vittoria di una Coppa Uefa nel 2009.

La guerra civile in atto in Ucraina conta dall'inizio del conflitto oltre 400 vittime. I calciatori brasiliani dello Shaktar hanno paura a rientrare a Donetsk. La situazione da quelle parti è veramente disperata e caotica.

Dal Metalist Kharkiv, altra squadra dell'Ucraina orientale di recente in ritiro in Austria è scappato invece l'argentino Facundo Ferreyra.

martedì 22 luglio 2014

Politici che giocano a calcio a scopo benefico

Talvolta ex calciatori decidono di entrare in politica, presentando la propria candidatura per una carica istituzionale, mentre altre volte dei politici decidono di giocare a calcio in pubblico per qualche raro evento, magari benefico. Proprio l'ultimo caso citato sarà l'oggetto di discussione di questo post, anche perché si tratta di qualcosa che riguarda proprio questo periodo.

Fondi e Teramo, realtà distanti geograficamente ma vicine per un intento benefico: giocare a calcio e devolvere il ricavato (o parte di esso) in beneficenza. Nel caso di Fondi si tratta di una partita di calcio a 5.

Vi è un torneo di calcetto in corso a Fondi per raccogliere fondi per l'ospedale locale denominato "San Giovanni di Dio". A calcio a 5 devono sfidarsi commercianti, giornalisti, forze dell'ordine e anche politici. Un quadrangolare che ha gia visto opporsi commercianti contro giornalisti, mentre stasera la sfida è fra politici (amministratori locali) contro le forze dell'ordine. Alle 22.00 del 25 luglio partirà la finalissima. Una quota di questo quadrangolare andrà a favore dell'ospedale, che "Sta vivendo una situazione di forte crisi" ha affermato Fabrizio Macaro presidente dell'ASD Sport Events. Questo torneo a scopo anche benefico è parte di un'iniziativa più ampia che riguarda il Fondi Sport Village, che ogni anno organizza una manifestazione che include eventi di vario tipo: musicali, teatrali, a tema sociale come l'ecosostenibilità, e sportivi.

A Teramo si è invece giocato a calcio a 11 nello Stadio Comunale "G. Bonolis" di Teramo il giorno 11 luglio 2014, e l'incontro era tra politici della regione contro politici del comune. L'incontro a scopo benefico per l'Istituto educativo Castorani di Giulianova (il cui comune non è stato coinvolto nell'iniziativa, e ciò ha scatenato piccole polemiche interne, ma -a quanto pare- nulla di più: e ci mancava pure che si facessero grosse polemiche per un incontro di beneficenza...) si è concluso per 7-5 per la selezione regionale dell'Abruzzo.

Il consigliere regionale Giorgio D'Ignazio capogruppo del Nuovo Centrodestra, in seguito alla partita ha fatto, tra le altre le seguenti dichiarazioni: "Voglio ringraziare di cuore la direttrice dell'Istituto educativo ed assistenziale Castorani di Giulianova, Manuela Gasparrini per tutta la cura e la devozione che dedica ai ragazzi, accogliendoli nella sua struttura come se fosse una grande famiglia". Aggiungendo anche che "La partita di beneficenza che si è svolta ieri è l'ennesima conferma che il calcio è un fattore aggregante, che può diventare strumento utile per veicolare messaggi importanti di solidarietà ed impegno per il sociale". Ha poi dichiarato che "Visto il successo di questa prima iniziativa, abbiamo già in agenda un secondo appuntamento sportivo", e a sfidarsi dovrebbero essere "la squadra regionale contro il comune dell'Aquila".

A proposito di Fondi e Teramo: la prima si trova in provincia di Latina nel Lazio, mentre la seconda è capoluogo di provincia in Abruzzo. A Fondi si è detto che si sta disputando un torneo benefico di calcetto, mentre dal punto di vista federale e ufficiale la squadra di calcio a 5 di Fondi è la Virtus Fondi, che attualmente milita in Serie B (terzo livello italiano, dato che per il calcetto vi è anche la A2); dal punto di vista del calcio a 11, la squadra cittadina è la FC Fondi 1922, che ha toccato l'apice della sua storia di recente, giungendo in Lega Pro 2 per la prima volta nel 2010 e retrocedendo in D nel 2013, ove ancora milita.

La città di Teramo invece ha avuto una discreta squadra di calcetto (Atletico Teramo) fino al 2010, quando rinunciò all'iscrizione in B e si sciolse. Con il calcio è rappresentata ancora oggi dal Teramo, squadra che dalla fondazione del 1913 (rifondata nel 2008) ha militato prevalentemente in C2, divisione ora abolita, ma ha conosciuto in qualche occasione anche i dilettanti e la Serie C1 o Lega Pro 1.

Per concludere, una curiosità che forse qualche lettore ha già colto: come visto a Teramo è più celebre la squadra di calcio a 11, e la partita benefica tra i politici è stata di calcio a 11; a Fondi vi è una situazione opposta e la squadra di calcio a 5 è più "importante": lì il torneo di beneficenza, ancora in corso, riguarda proprio il calcetto.

lunedì 21 luglio 2014

Le divisioni in Libano riflesse nel calcio

Roda Antar, trequartista libanese 
(ad oggi 46 presenze e 19 gol in Nazionale)
Autore foto: 
Alexchen4836 fonte: Wikimedia Commons
In Libano, Paese dei Cedri, la connessione tra calcio e politica è fortissima: molte squadre hanno un preciso riferimento etnico, religioso o politico.

Dunque il rischio che problemi politici possano causare scontri fisici tra i tifosi è alto, e per tale motivo il governo ha impedito a tutti gli spettatori di accedere agli stadi durante tutte le partite del campionato di calcio del 2008.

Il Libano è uno Stato asiatico del Medio Oriente bagnato dal Mar Mediterraneo, e confina con Siria e Israele. Il territorio del Libano è pari a 10.452 chilomentri quadrati (per fare un confronto, quello dell'Italia è invece di 301.340 km²), e la forma di governo adoperata è la Repubblica Semipresidenziale. Il presidente nonché primo ministro attuale è Tammam Salam (indipendente, non appartiene a nessun partito), mentre la capitale dello Stato è Beirut.

Dal punto di vista calcistico, la nazionale libanese non ha mai ottenuto grandi risultati, in quanto non ha vinto alcun trofeo e può vantare soltanto una partecipazione al torneo di Coppa d'Asia nel 2000, mentre fino ad oggi non hai mai preso parte ai mondiali. In ambito interno, la massima serie libanese è la Lebanese Premier League, in cui gareggiano dodici squadre e di queste la più titolata è l'Al-Ansar con 13 titoli di cui 11 consecutivi tra il 1988 e il 1999, un record nel Guinnes dei Primati.

Il calcio, in quella terra è in taluni casi vera espressione politica e le squadre più seguite sono da una parte proprio l'Al-Ansar di Beirut, posseduta una ricca famiglia sunnita, dall'altra l'Al-Nejmeh sempre di Beiurut di appartenenza sciita, e dall'altra ancora l'Al-Ahed, sponsorizzata da Hezbollah. I cristiani libanesi sono invece rappresentati dai maroniti del Club Sagesse e gli ortodossi del Racing di Beirut, mentre la maggior parte di tifosi e dirigenti del Safa di Beirut sono drusi (seguaci di una religione di derivazione musulmana).

Un conflitto interno colpì il Libano nel 2008, scaturito da una mossa del governo che decise di chiudere la rete di telecomunicazioni militari di Hezbollah e di togliere il capo della sicurezza Shuqeyr dall'aereoporto di Beirut per presunti legami con Hezbollah, così da scatenare l'ira del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah che prese tale azione come una dichiarazione di guerra. Hezbollah è un partito politico sciita, e tradotto vuol dire "Partito di Dio (Hallah)".

Dopo la guerra, attraverso una mediazione internazionale con gli stati vicini al Libano, si è giunti ad un accordo tra le diverse fazioni etniche, religiose e politiche locali per eleggere Michel Suleiman come presidente della Repubblica e formare un governo di unità nazionale.

A proposito di governo libanese, in base ad una convenzione costituzionale (il Patto Nazionale del 1943), le più alte cariche dello Stato vengono coperte dai tre gruppi più numerosi in terra libanese. Per questo motivo, il Presidente della Repubblica è maronita, il Primo Ministro è sunnita, il presidente del Parlamento è sciita. Al momento però il presidente della Repubblica coincide con il primo ministro, ossia Tammam Salam, che è un sunnita e questo perché Michel Suleiman non è più il presidente da pochi mesi, essendo regolarmente scaduto il suo mandato il 24 maggio: si è aperto un vuoto istituzionale che non si sa quando sarà colmato. I seggi del parlamento sono invece ripartiti sia su base geografica che confessionale.

In pratica il Libano è uno stato multietnico e multi religioso, e normalmente tutti i gruppi presenti in quel territorio cercano la convivenza pacifica e trovano il modo non solo di identificarsi dal punto di vista politico, ma anche di esprimersi a livello calcistico, poiché molti club sono espressione di un peculiare credo religioso e politico.

domenica 20 luglio 2014

"Casciavìt" contro "Baùscia" e successive evoluzioni

Sandro Mazzola (Inter) e Gianni Rivera (Milan) prima di un derby
Per lunghi decenni del Ventesimo secolo Milano era calcisticamente divisa in classi sociali, con la classe operaia legata al Milan, e la borghesia associata all'Inter.

In prevalenza i milanisti erano operai o figli di operai, e per tale motivo definiti casciavìt, (cacciaviti in dialetto milanese, a sottolinearne l'umile origine operaia). Proprio l'appartenenza al ceto basso rendeva la tifoseria rossonera facilmente collocabile politicamente a sinistra, sebbene i milanisti non si fossero mai espressi apertamente in tal senso in modo collettivo; gli interisti invece venivano collocati più a destra, trattandosi di borghesia.

Il soprannome dato ai nerazzurri era bauscia, termine milanese che indica la persona che si dà delle arie, il vanaglorioso, il gradasso, lo sbruffone. E ad aiutare gli interisti in questo atteggiamento fu il fatto che i rossoneri per molti decenni non vinsero nulla: il periodo d'oro del Milan, partito vincente soltanto nei primissimi anni, cominciò con l'arrivo di Gren, Nordhal e Liedholm (il famoso Gre-No-Li) nell'ultima metà degli anni quaranta.

Date le differenze di classe sociale, si può affermare che i tifosi milanisti (operai) erano molti di più degli interisti dei ceti abbienti. Per un fatto logico: gli interisti vivevano soprattutto nel centro di Milano, gli operai abitavano invece nella grande e più popolosa periferia meneghina. Ed anche perché da sempre il ceto meno abbiente è molto più ricco di persone rispetto a quello dei ricchi.

Con il passare degli anni, a partire dai settanta, le differenze di classe in Italia cominciarono ad essere sempre meno nette, e la distinzione classica tra proletari e padroni iniziò a venir meno anche a Milano e anche a livello di tifo calcistico. L'entrata in scena nel mondo del calcio di Silvio Berlusconi, ricco imprenditore e forte espressione della borghesia milanese diventato presidente del Milan nel 1986 contribuisce a rendere queste differenze ancora meno marcate, soprattutto quando il presidente rossonero irrompe nella scena politica fondando un partito di centro-destra nel 1994 che mette gli italiani in guardia dal "pericolo comunista", rappresentato dagli ex comunisti del PCI diventati social-democratici solamente di facciata, a detta di Berlusconi.

Oggi la rivalità tra milanisti e interisti non può più tradursi in espressione dicotomica tra classi sociali e ideologie politiche, non solo perché il patron del Milan è ad oggi ancora il leader del centro-destra italiano, ma anche perché l'ex patron dell'Inter Massimo Moratti (Tohir è subentrato da poco) è sposato con una consigliera comunale di centro-sinistra. Casciavìt e Baùscia oramai sono soprannomi che non hanno più agganci con la realtà e oggi vengono adoperati occasionalmente a scopo ironico e di sfottò.

Nel Milan la questione politica sembra essere particolarmente interessante anche per un fatto legato ai tifosi, in particolare a coloro che hanno fatto parte dello storico gruppo della Fossa dei Leoni, nato nel 1968 e scioltosi nel 2005. Infatti il gruppo si sciolse per varie ragioni, fra questi motivi uno è di tipo politico: la Fossa era espressione della sinistra milanista, ed era entrata in una fase di crisi a causa di tutti gli altri gruppi ultras rossoneri, più legati ad ambienti di destra. Un articolo pubblicato su Il Manifesto del 26 novembre 2005 lo spiega chiaramente. A tal proposito, bisogna però precisare che i tifosi del Milan non hanno mai manifestato pubblicamente le loro simpatie politiche in curva, a parte rarissimi casi, come uno striscione di qualche anno fa che minacciava di non votare per Podestà qualora Berlusconi avesse venduto Kakà.

Oggi tifare Milan ed essere di una fazione politica avversa all'ex Cavaliere (come quella del M5S, ad esempio) significa essere davvero moderati, lo afferma lo scrittore Giovanni Zagni che scrive a tal proposito, in un periodo in cui Berlusconi era Presidente del Consiglio: "Dal punto di vista politico tifare Milan oggi è una grande scuola di moderatismo. Se dovessimo essere assolutamente coerenti con il dogma “Nessuna collaborazione con il nemico”, non dovremmo vedere film al cinema distribuiti da Medusa, girare subito canale anche quando c’è il Dr. House sulle reti Mediaset, non comprare libri Einaudi, Mondadori e di un’altra dozzina di case editrici. Tifare Milan nell’era Berlusconi è solo parte di quel grande compromesso, in cui siamo coinvolti tutti, che è vivere in Italia mentre la governa Berlusconi: di più, è un antidoto costante ai pericoli dell’antiberlusconismo feroce. Perché Silvio passa, se non altro basta aspettare; il Milan no".

Le precedenti affermazioni di Zagni sono state ricavate da chi scrive attraverso un articolo di Daria Bignardi del 2011, intitolato: "Si può essere milanista e di sinistra?". A distanza di 3 anni l'antiberlusconismo ha cambiato forma, il centro-sinistra è pronto a fare le riforme con Silvio Berlusconi e i suoi uomini in parlamento, e quest'ultimo vede adesso come "vero" e temibile nemico politico -secondo le narrazioni politiche più recenti ed in base ai consensi elettorali che ottiene- soltanto il Movimento 5 Stelle. Per cui, oggi quell'articolo della Bignardi (risalente al 10 maggio 2011 e pubblicato sul suo blog) potrebbe essere più correttamente rititolato: "Si può essere milanisti e avversi al centro-destra?".

sabato 19 luglio 2014

Vittorie e trasformazioni socio-politiche: relazione ricorrente

Pelè in nazionale, anni '60
(fonte: Nationalencyklopedin, autore: AFP/SCANPIX  )
Certe volte calcio e politica si aiutano a vicenda, altre volte la politica si serve del calcio a scopo propagandistico, altre ancora il calcio aspetta l'intervento della politica (concernente la costruzione degli stadi, le leggi per la sicurezza, le norme sui diritti televisivi, ecc.), altre ancora il calcio si sostituisce alla politica nel cambiamento del Paese o dell'immagine della città che una squadra rappresenta, e in questi casi spesso la squadra diventa in toto espressione di patria, quindi i successi e le sconfitte condizionano anche l'opinione sul governo (per quest'ultima affermazione si veda ad esempio un precedente post pubblicato su questo blog).

Questo post vuole portare all'attenzione una coincidenza interessante illustrata in dettaglio in un articolo pubblicato da tusciaweb.eu del 14 luglio 2014 a firma di Daniele Camilli: la vittoria di un mondiale coincide per la nazione con una fase di trasformazione sociale, politica ed economica. Eccettuato per esempio l'ultimo mondiale vinto dalla Germania, a vincere il mondiale è stata spesso la squadra di un Paese in crisi, dalla cui crisi è sorto un nuovo ordine attraverso una fase di transizione e cambiamento. La nazionale vincitrice è anche l'espressione della crisi in atto della nazione che in quel momento rappresenta.

L'articolo di Camilli ci tiene a sottolineare che essere in crisi naturalmente non significa necessariamente vincere un mondiale, e tra l'altro a vincere questa competizione sono state quasi sempre le stesse squadre che, guarda caso provengono da cambiamenti radicali accorsi proprio negli ultimi 50 anni (Uruguay a parte, vincitore di 2 titoli): Brasile (5 volte), Italia, Germania (4 volte), Argentina (2), Francia, Inghilterra e Spagna (un titolo a testa).

L'articolo di cui si parla, intitolato "Calcio, mondiali e crisi sociali, una coincidenza interessante" porta all'attenzione diversi esempi significativi. Tra questi troviamo, tra gli altri, la vittoria dei tre mondiali del Brasile di Pelè, in una società attraversante una profonda crisi di trasformazione che si conclude tra il secondo ed il terzo titolo nella piena affermazione del regime militare. Un altro importante passaggio si registra nel 2002, da un lato con la vittoria del Mondiale da parte dei verdeoro, dall'altro con l'arrivo di Lula alla presidenza della Repubblica Brasiliana, un repubblica anche essa frutto di una profonda crisi da cui è scaturita una trasformazione.

Tra gli altri esempi che l'articolo di Daniele Camilli mette in evidenza, la vittoria del mondiale da parte della Germania Ovest nel 1954 che avviene in piena ricostruzione post bellica. La vittoria tedesca nel 1974 avvenne subito dopo i successi della Ostpolitik, una politica avviata dal cancelliere Brandt destinata a cambiare l'Europa e le relazioni internazionali, dando dunque avvio a quel processo di riunificazione con la Germania Est che avverrà 16 anni dopo (1990) proprio quando i tedeschi vinsero un altro mondiale.

Il Pallone d'Oro consegnato al portiere russo Lev Jashin nel 1963 coincise, guarda caso, con la volontà politica di aprire un dialogo coi paesi socialisti dopo un periodo di tensioni tra Est e Ovest.

Tra il 1962 e il 1969 vi furono le vittorie della Coppa Campioni da parte del Milan e dell'Inter, in un periodo di piena trasformazione sociale tra il Sessantotto, l'autunno caldo operaio e il boom economico.

La lista degli esempi pubblicati in quell'articolo è lunga, ed include ad esempio anche la vittoria del mondiale dell'Argentina nel 1978 che coincide con la dittatura di Videla, e del 1986 nella fase di democratizzazione durante la presidenza di Menem.

Anche i casi delle vittorie dei mondiali da parte dell'Italia sono letti in chiave di periodo di crisi e successivo rinnovamento: per esempio la vittoria del Mondiale '82 consente all'Italia di ritrovarsi, dopo anni di divisioni dettate da lotte operaie e studentesche, dal terrorismo e le bombe sui treni e nelle piazze, dai tentativi di colpo di Stato, e quindi da una fase identificata come guerra civile strisciante.

L'articolo oggetto di questo post pone l'accento sulla curiosità della coincidenza per cui a nazione in crisi, e quindi in fase di trasformazione sociale, politica ed economica corrisponde una vittoria del mondiale, e che a fasi di mutamento se non il mondiale talvolta si vince anche altro (Palloni d'oro e coppe campioni). La vittoria spesso contribuisce poi a svoltare verso il cambiamento, e nel caso di vittoria del titolo mondiale si instaura anche un senso ritrovato di orgoglio nazionale.

venerdì 18 luglio 2014

Padova tra squadra di calcio e campagna elettorale

Padova in Serie B 1989/90 (fonte: Wikipedia) 
Che il connubio calcistico-politico sia molto più che un semplice intreccio provvisorio ed occasionale, questo blog ha dato modo più volte di dimostrarlo raccontando fatti sia storici che recenti. Tuttavia suona comunque strano sapere che le campagne elettorali per le elezioni dei sindaci si vincono anche mostrando attaccamento alla squadra di calcio, toccando tematiche non solo riguardanti la ristrutturazione dei palazzi storici, l'apertura di biblioteche o il riasfaltamento di strade con le buche ma anche relative in una certa misura alla salvaguardia del calcio locale, considerato bene cittadino e anche di più. Una prassi quella di mostrarsi attaccati alla squadra cittadina o nazionale diffusissima in Italia.

Di recente, oltre al Siena è stata radiata dal professionismo un'altra gloriosa società, il Padova. A proposito della scomparsa dalla "scena che conta" del club veneto, il sindaco a seguito della sciagura si è espresso, tra l'altro con la seguente affermazione: "In campagna elettorale, con gli altri candidati, ho incontrato le rappresentanze dei tifosi e promesso loro piena disponibilità all'ascolto e collaborazione. Ora chiedo a quelle rappresentanze di rivederci ed aprire un tavolo con gli imprenditori interessati per riportare il prima possibile il Padova dove deve stare". La tradizione sportiva padovana potrà infatti ripartire dalla Serie D con una nuova eventuale società grazie alle norme interne della FIGC in materia di titolo sportivo.

Tornando sull'affermazione del sindaco, tutti i candidati della campagna elettorale per le Comunali hanno parlato con la rappresentanza dei tifosi del Padova, squadra che già era sull'orlo del tracollo finanziario. Ciò significa, seguendo le affermazioni del sindaco eletto, che tra le priorità dei candidati sindaci vi è stata anche quella di mostrare interesse verso il calcio locale, ovviamente tra le tante altre cose. Si tratta insomma di un nuovo, ennesimo caso di politica e calcio in relazione. In questo caso, come spesso accade, la politica si è servita del calcio, senza però produrre nulla di significativo (e come avrebbe potuto?), a parte ascoltare la voce dei tifosi. Infatti il Padova è fallito finanziariamente, ma del resto si tratta comunque di una società di capitali privati per quanto ritenuta, a giusto titolo, patrimonio della comunità locale.

I temi più cari al neosindaco della Lega Nord (primo leghista ad essere primo cittadino a Padova) eletto nel 2014, al di la del calcio sono - sulla base di quanto dichiarato - soprattutto il risparmio per le casse comunali (avere dunque meno dipendenti), eliminare la chiusura obbligatoria notturna ai bar, rivedere l'ordinanza anti-alcol e far chiudere i centri sociali. Ed ora diventa cruciale anche la scelta della nuova cordata societaria, che dovrà aggiudicarsi il titolo sportivo del Padova per riportarlo nel calcio che conta.

Il Padova quindi per adesso non c'è. O meglio la società radiata, passata di recente da Cestaro a Penocchio continuerà ad esistere, ma solo a livello giovanile. Tuttavia, questa condizione non vieta ad una nuova società di rilevare il titolo sportivo del Padova per ripartire da categorie inferiori, molto probabilmente la Serie D.

Guardando indietro nel tempo, il Padova non ha mai militato in Serie D: al massimo si è ritrovata in Serie C2 per 4 volte in tutta la sua storia, l'ultima delle quali nella stagione 2000/01. Conta diverse partecipazioni alla Serie A di cui l'ultima nel 1995/96. Tra i trofei vinti, una Coppa Italia Serie C e a livello giovanile uno Scudetto Primavera e 1 Campionato Dante Berretti di Serie C. I tifosi a questo punto sperano che la prossima vittoria sarà quella del ritorno nel professionismo.

giovedì 17 luglio 2014

Fallimento Siena Calcio, anche il Sindaco dice la sua

L'Artemio Franchi, lo stadio di Siena
Dopo il fallimento della gloriosa squadra di basket Mens Sana, il fallimento della banca Monte dei Paschi di Siena, l'episodio legato al Comune di Siena commissariato per un anno (dal 12 giugno 2012 e fino alle elezioni dell'11 giugno 2013), ora si assiste ad una nuova sciagura; il fallimento finanziario della squadra di calcio: il Siena Calcio è fuori dal professionismo, non essendo stato in grado di iscriversi alla Serie B per cause economiche.

La città di Siena, carica di storia e con un centro storico dichiarato Patrimonio dell'Umanità, famosa per la celebre competizione del Palio che si disputa il 2 luglio ed il 16 agosto, pare non vivere un buon momento in tempi recenti. Ovviamente tutto può essere recuperato, nulla è perduto per sempre in casi come questi. Non a caso esistono le rifondazioni.

La squadra di calcio del Siena avrà eventualmente la possibilità di essere rifondata -come avvenuto anche per quella del basket- e ripartire dall'Eccellenza o molto più probabilmente dalla Serie D sulla base di quanto recita l'articolo 52 delle Norme Organizzative Interne Federali (NOIF) della FIGC in materia di titolo sportivo. Certamente però il fatto che la città di Siena non avrà per un bel po' una squadra nel "calcio che conta" è qualcosa che fa tanta rabbia ai tifosi.

A tal proposito si è espresso di recente l'attuale sindaco della città Bruno Valentini (Partito Democratico) affermando che "La storia dell'A.C. Siena finisce nel peggiore dei modi. Non sul campo di calcio bensì negli uffici di amministratori incapaci, com'è già accaduto alla Mens Sana Basket", aggiungendo anche che si tratta dell'epilogo "di una stagione di finanza facile e irresponsabile", facendo anche presente che "Non è la fine" visto che "il calcio e la pallacanestro sono grandi passioni che possono ripartire, anche se più in basso di come si era abituati e al di sotto delle legittime aspettative dei tifosi e della città", informando tifosi e giornalisti anche del fatto che "L'Amministrazione Comunale si è immediatamente attivata per coinvolgere soggetti seri e competenti per ricostruire un progetto che non faccia scomparire il calcio bianconero da Siena", anche per salvaguardare l'attività sportiva giovanile.

Ovviamente trattandosi di questioni che stanno a cuore al popolo senese, è lecito aspettarsi che in casi simili il sindaco della città si esprimi nel merito della questione e dica la sua: sebbene esistano questioni più "serie" da risolvere per il primo cittadino, il calcio (e anche il basket, almeno a Siena) sono dei biglietti da visita importanti per la città, a livello nazionale e internazionale.

In passato la squadra di calcio senese si è già trovata nel primo livello dilettantistico, ma nei lontani anni cinquanta. Ha militato in tante occasioni in Serie C ed è stata 12 volte in Serie B, e tra il 2003/04 ed il 2012/13 ha disputato il campionato di Serie A per nove volte.

Questo blog si era già occupato di fallimenti e rifondazioni dei club, con un post in cui analizzava vari casi di radiazioni dai campionati di altre squadre, notando come vi fossero delle differenze nei modi per la salvaguardia del calcio cittadino: il Bari ad esempio è stato fatto fallire "chirurgicamente" proprio come auspicava anche il sindaco del capoluogo pugliese, per non perdere il parco giocatori e la categoria a rifondazione avvenuta. A Siena (come anche a Salerno, Napoli, Firenze, Torino, Foggia, Piacenza...) questo non è stato possibile, anche poiché il vecchio presidente Mezzaroma stava trattando la cessione della società alla svizzera "Limpida Suisse Sagl" senza però riuscirci.

Ora, se da un lato sarà interessante osservare quale sarà la squadra che otterrà il ripescaggio dalla Lega Pro alla Serie B proprio a causa della mancata iscrizione del Siena, per i tifosi del Siena si apre un nuovo capitolo nella storia calcistica locale.

Attribuzione foto: Francesco Gasparetti from Senigallia, Italy

mercoledì 16 luglio 2014

Tifo violento in Italia: la linea dura del governo

Lo Stadio Olimpico di Roma, sede della finale di Coppa Italia (Attribuzione foto: Andrew)
Il governo italiano sembra in procinto di prendere pesanti provvedimenti per quanto riguarda la sicurezza negli stadi, e ciò a seguito di una riunione avvenuta dopo l'episodio di Roma che ha preceduto la finale di Coppa Italia 2013/2014 tra Fiorentina e Napoli del 3 maggio 2014: la finale si è giocata nella Capitale, ed un tifoso della Roma fuori dallo stadio spara con la pistola un tifoso del Napoli, Ciro Esposito che nonostante le cure ospedaliere dopo qualche giorno muore. L'episodio, nonostante gli appelli contro la violenza da parte della famiglia della vittima, ha scatenato un forte senso di odio e vendetta fra napoletani e romanisti. Recentemente, dei romani presenti a Napoli sono stati accoltellati, probabilmente proprio a causa delle tensioni venutesi a creare, ma non è ancora del tutto accertato quali fossero i rispettivi moventi degli aggressori.

Con il presidente del Consiglio Matteo Renzi, tifoso della Fiorentina presente in tribuna, accade qualcosa che a qualcuno è parso scandaloso: il capo ultras della tifoseria del Napoli si accorda con arbitro, forze dell'ordine, giocatori e altri tifosi decidendo se si può giocare o meno la partita. Una discussione apparsa a tanti un po' surreale, per due ragioni principali: il capo ultrà azzurro si dice sia figlio di un camorrista, e si è tra l'altro presentato allo stadio indossando una maglietta con la scritta "Speziale libero". Speziale era un ragazzo che uccise il poliziotto Filippo Raciti a Catania e consequenzialmente venne messo in prigione.

Proprio quella maglietta è costata un daspo a Genny 'a Carogna, il capo ultrà azzurro, dalla durata di 5 anni. Questa persona aveva avuto già due precedenti daspo in passato. Il daspo è l'impossibilità di accedere a manifestazioni sportive entro un certo numero di mesi o anni prestabiliti a seconda della gravità del gesto e del danno compiuto.

Si diceva dell'episodio costato la vita a Ciro Esposito. Ebbene, in seguito a tale accaduto si è svolta una riunione al Viminale ed erano presenti anche i vertici delle forze di polizia e sicurezza, il presidente del Coni Giovanni Malagò, Giancarlo Abete (presidente dimissionario FIGC) e i presidenti delle leghe nazionali Maurizio Beretta, Andrea Abodi, Mario Macalli e Carlo Tavecchio. Nel corso dell'incontro, si è stabilito che i provvedimenti da prendere dovrebbero riguardare almeno tre novità, che dovranno essere incluse in un decreto legge che dovrà poi essere discusso dal Consiglio dei Ministri. Le novità potenziali riguardano da un lato il fatto che la pena massima da poter infliggere circa il daspo non sarà più di 5 anni ma di 8; dall'altro che il daspo potrà anche essere successivamente ridotto se il soggetto daspato (che dovrebbe avere anche l'obbligo di firma in questura) deciderà di collaborare con la giustizia; dall'altro ancora che il daspo potrà anche essere collettivo, e dunque ad esempio se degli esaltati in viaggio in pullman assalissero un autogrill, anche gli altri passeggeri tifosi che non hanno fatto nulla saranno condannati con il daspo.

Per il ministro dell'Interno Angelino Alfano è importante prendere provvedimenti molto drastici per cacciare i violenti dagli stadi. Il leader di NCD invita poi i club a non avere più rapporti con le tifoserie ultrà.

Una cosa che farà certamente molto discutere qualora diventasse legge sarebbe l'introduzione del daspo collettivo. Infatti l'intenzione di fondo è quella di mettere in discussione il principio di leadership che domina il mondo ultrà, ma qualcuno dei diversi rappresentanti del calcio professionistico presenti alla riunione del Viminale del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza avvenuta il 3 luglio, secondo un articolo on line a firma di Guglielmo Bucchi per La Stampa si chiede che senso avrebbe un daspo di gruppo quando spesso il problema è stabilire le responsabilità individuali dei così detti "reati da stadio" garantendo la certezza della pena dopo le condanne.

In quella riunione si è parlato anche delle trasferte dei tifosi, che secondo il ministro dell'Interno andrebbero tutte stoppate per almeno 2 anni (secondo quanto ha dichiarato), mentre Pansa, il capo della polizia afferma che per il capitolo trasferte occorra valutare caso per caso.

Anche Giovanni Malagò presidente del Coni si dichiara d'accordo col fatto che sia necessario introdurre "leggi speciali" contro "chi ci fa vergognare di andare allo stadio".

Eppure alcuni punti, daspo collettivo in primis, andrebbero forse ridiscussi meglio.

martedì 15 luglio 2014

Giorgios Katidis: escluso a vita dalla Nazionale della Grecia

Giorgios Katidis (autore foto: Catherine Kõrtsmik )
Il Giornale d'Italia, diretto da Francesco Storace, leader del partito italiano La Destra, in un articolo on line parla di due pesi e due misure per quanto riguarda le manifestazioni di ideologia politica da parte dei calciatori dinnanzi a pubblico, fotografi e telecamere.

Occorrono delle premesse: sia in Italia che in Grecia vi sono state delle dittature di estrema destra (in Italia il fascismo, in Grecia il regime del 4 agosto durato dal 1936 al 1941). Il fascismo e il nazismo hanno fatto molte vittime nei periodi dittatoriali. Ma anche il comunismo non è stato da meno, anzi ha numericamente fatto più vittime delle dittature di destra, perché le dittature di sinistra sono durate di più. Qualcuno sostiene che quei paesi che si sono definiti comunisti e poi hanno dato origine a delle dittature non possono definirsi veramente comunisti. Ognuno ha la propria idea e le proprie motivazioni.

Ciò detto, l'articolo sopra citato firmato da Paolo Signorelli afferma che è quantomeno discutibile il fatto che un gesto di esultanza possa essere all'origine di una reazione dei media e delle autorità sportive.

L'articolo aggiunge anche che se mentre per Lucarelli e Andrea Luci nessuno si scandalizza per il pugno chiuso, per Di Canio e Giorgio Katidis (greco, probabile simpatizzante del partito Alba Dorata) che fanno il saluto a braccio teso e mano aperta si è scatenato un putiferio.

Il capitano del Livorno Andrea Luci, nel corso della partita contro il Verona (articolo datato 19 marzo 2013) al momento della sostituzione chiude il pugno e lo mostra ai tifosi avversari, ossia i veronesi, notoriamente di estrema destra. Fin qui tutto normale. Nello stesso fine settimana capita invece che il ventenne Giorgios Katidis dopo aver segnato il gol decisivo a pochi minuti dalla fine della partita contro il Veira, nella massima divisione greca esulta in maniera scomposta e fa il saluto romano alle persone in tribuna. Un gesto che gli è costato, in seguito ad una riunione della federazione calcistica greca, il non poter più giocare per alcuna nazionale (giovanili e maggiore), a vita.

"Non sono un fascista e non lo avrei fatto se avessi saputo cosa significava" scrisse Katidis sul suo prifilo Twitter; tuttavia secondo la federazione calcistica greca il ragazzo ventenne "ha offeso profondamente tutte le vittime del Nazismo e ha violato i valori del calcio".

Senza voler esprimere un'opinione che sarebbe in ogni caso soggettiva, chi scrive lascia piena libertà al lettore di farsi l'idea che più ritiene opportuna e decidere se la punizione inflitta a Giorgios Katidis sia giusta o esagerata. Per completezza di informazione quella partita finì 2 a 1 per l'AEK Atene proprio grazie alla rete finale segnata all'84' da Katidis, che a seguito dell'episodio del saluto a braccio teso avvenuto a marzo 2013 venne messo anche fuori rosa dal club, e poi acquistato dal Novara in cui milita attualmente (10 presenze fino ad oggi).

lunedì 14 luglio 2014

Il Centro-Destra e il calcio locale e nazionale

Akragas: una formazione ai tempi del professionismo (fonte: Wikipedia)
Il Centro-Destra italiano si trova in una fase di riassestamento in seguito alla batosta elettorale subita alle elezioni europee, con il principale partito dell'area, Forza Italia che si è fermato al 16% a fronte del 40% del Partito Democratico e del 21% del Movimento 5 Stelle. Da alcuni recenti sondaggi risulta addirittura che il primo partito della (potenziale) coalizione di destra stia continuando a perdere elettori.

Un Centro-Destra attualmente diviso su tante cose, anche all'interno della stessa Forza Italia. Ma diviso, ricordiamolo, anche tra chi si trova al governo assieme al Centro-Sinistra, ovvero il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano (quest'ultimo anche Ministro degli Affari Interni) e l'UdC di Casini, e chi invece è formalmente all'opposizione come, oltre a Forza Italia anche Lega Nord e Fratelli d'Italia - AN.

Angelino Alfano, al momento dunque si trova nel Governo Renzi, e tra un impegno e l'altro trova il modo di far sentire la propria voce in ambito calcistico, auspicando che la squadra ora militante in Serie D, l'Akragas, del comune di cui il politico è originario, Agrigento (Sicilia) ottenga il ripescaggio in Serie C grazie alla inevitabile mancata iscrizione da parte di altre squadre. La Lega Pro infatti deve ancora pronunciarsi definitivamente su quali squadre andranno a comporre i tre gironi della nuova terza serie unica, categoria ricostruita a partire proprio dalla prossima stagione calcistica dopo svariati decenni in cui è stata divisa tra Prima e Seconda Divisione (note fino a qualche anno fa come Serie C1 e Serie C2).

Alfano ha recentemente rilasciato le seguenti dichiarazioni: "L’anno scorso mi sono molto impegnato per trovare enti o istituzioni che dessero una mano d’aiuto all’Akragas. La stessa cosa voglio fare quest’anno. Una fede calcistica può restituire orgoglio a una città risvegliando sentimenti unificanti all’interno di una comunità che ha tanti problemi" aggiuggendo anche che "Se serve sono anche pronto a dare vita ad un azionariato popolare per sostenere la strada. Spero che lo facciano anche tanti piccoli imprenditori agrigentini. Vedere l’Essento pieno di gente nonostante il tanto calcio che c’è in tv vuol dire che c’è passione".

Dichiarazioni che vanno in una direzione ben precisa, a sostegno di una comunità mostrando evidenti segnali di solidarietà. Toni un po' meno solidali sceglie invece di adottare, con le sue recenti dichiarazioni verso l'ex c.t. italiano, un altro leader di un partito di centro-destra, Matteo Salvini segretario della Lega Nord.

Considerando ormai lontani gli anni di quando il leader era Bossi e degli slogan in chiave anti italiana e pro-Padania libera, Salvini si dimostra -oltre che milanista (stando a quanto ha pubblicamente affermato) - anche un tifoso della Nazionale italiana, e parla contro Prandelli. Sembra che Salvini abbia cercato l'approvazione nei confronti degli italiani, tentando di interpretare i malumori dei tifosi della Nazionale, infatti come noto ai politologi e agli esperti del settore viviamo nell'era della campagna elettorale permanente, dove la maggior parte delle azioni e delle affermazioni dei politici vengono fatte in funzione della ricerca del consenso, allo scopo di attrarre a sé quanti più simpatizzanti possibile. Ovviamente la campagna permanente riguarda tutti i partiti di qualsiasi area e ideologia, nessuno escluso. Tra l'altro anche nei post precedenti si è visto che attrarre a sé l'elettorato mostrandosi tifosi della squadra nazionale è una prassi di tipo internazionale. E non a caso ieri sera la Merkel era sugli spalti a tifare la sua Germania, in occasione della finale che ha visto i tedeschi imporsi sull'Argentina ai tempi supplementari.

Nello specifico, le parole del leader della Lega, intervistato al periodico Oggi qualche giorno dopo l'annuncio del passaggio di Prandelli al Galatasaray, sono state le seguenti: "Un sentito grazie ai turchi del Galatasaray, che d’ora in poi pagheranno lo stipendio di Prandelli", aggiungendo anche che "Ha sbagliato tanto, se non tutto, ma gli va riconosciuto un merito, cioè quello di essersi dimesso". Ed ancora: "Era un gruppo senza capo né coda, ma soprattutto senza cuore. In pratica una Nazionale renziana, imbattibile nei proclami, nulla sul campo...". Paragonare l'ex c.t. a Renzi è un nuovo esempio di commistione calcistico-politica che questo blog porta all'attenzione dei suoi lettori. Stavolta la commistione è un paragone adoperato per sminuire un avversario politico.

Un Matteo Salvini che non solo cerca di interpretare i malumori dei tifosi azzurri, ma che coglie l'occasione per fare un paragone metaforico rivolto all'avversario politico più forte in questo momento: Matteo Renzi, a capo del governo e di un partito che secondo i sondaggi è salito ancora, guadagnando altri 3 punti percentuali circa rispetto alle elezioni europee da poco concluse.

domenica 13 luglio 2014

L'occasione mancata di Italia '90

Italia-Argentina, Mondiale Italia '90
Poteva essere una grande occasione per l'Italia di migliorarsi e dare una spinta all'economia nazionale. Fu soprattutto la realizzazione di opere di cattiva qualità, alcune delle quali poi rimaste inutilizzate. Ma fu anche sperpero di denaro pubblico che arricchì i privati anche mediante il fenomeno della speculazione edilizia. Questi fatti sono noti, si tratta di cose di dominio pubblico; la rete poi, è piena di articoli di blog e di giornali on line che parlano di sprechi di denaro e di occasione mancata per l'Italia, quella dello svolgimento dell'ultimo Mondiale giocato nel Belpaese.

Quello che - forse - è meno noto è il fatto che gli sprechi e quindi i debiti lasciati da Italia '90 devono ancora essere finiti di pagare. Ad esempio, nel bilancio di previsione di Palazzo Chigi del 2014 vi è una voce relativa ai mutui accesi con la legge 65 del 1987: "Mutui relativi ad interventi di cui alla legge n. 65/1987 e successive modificazioni e integrazioni". Tale voce informa che lo Stato italiano ha pagato per tali mutui 61 milioni circa nel 2014, come anche nel 2013 e nel 2012, mentre erano 55 milioni nel 2011 e 60 nel 2010.

L'Italia riuscì ad ottenere l'autorizzazione ad organizzare il Mondiale '90 nel 1984, quando il governo aveva come Presidente del Consiglio Bettino Craxi (1983-1987), succeduto da Fanfani (1987), poi da Giovanni Goria (1987-1988), da De Mita (1988-1989) e nei primi anni novanta da Giulio Andreotti (in carica dal '90 e sino al 1992). Frattanto, nel 1986 il presidente del CONI, Franco Carraro avviò la progettazione e la costruzione delle infrastrutture per ospitare la manifestazione, come stadi, parcheggi, alberghi, servizi per la mobilità. Gli stadi allora presenti in Italia erano strutture per lo più vecchie e fatiscenti che andavano ristrutturate, oppure servivano impianti nuovi da costruire ex novo. A Bari ad esempio venne costruito appositamente lo Stadio San Nicola, a Torino il Delle Alpi, a Fuorigrotta, quartiere partenopeo venne invece realizzato il terzo anello per lo Stadio San Paolo (che dopo un po' di tempo dalla fine del Mondiale venne considerato pericoloso e chiuso al pubblico). Luca Cordero di Montezemolo fu nominato Presidente del Comitato Organizzativo dei Mondiali di Calcio. In tutto, gli stadi in cui si disputarono gli incontri mondiali furono 12, situati rispettivamente a Bari, Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Udine. Rispetto al budget preventivato venne speso l'85% in più. Gli organizzatori giustificarono tali costi - che provocarono l'apertura di numerose indagini, per lo più senza esito - al fatto che i tempi per terminare i lavori erano brevi, e questa condizione avrebbe impedito di avviare gare per gli appalti di costruzione, provocando dei sovrapprezzi dovuti al fenomeno della speculazione edilizia. Molte opere rimasero incompiute, altre vennero utilizzate solo per un breve periodo.

Sotto l'aspetto strettamente calcistico il Mondiale lo vinse la Germania Ovest contro l'Argentina per 1-0 con gol di Brehme al minuto 84 (Germania-Argentina è anche la finale del mondiale di quest'anno, che si disputerà stasera), mentre la Nazionale italiana guidata dal c.t. Azeglio Vicini disputò e vinse la finale per il terzo posto, battendo per 2 a 1 l'Inghilterra, con reti di Roberto Baggio (72') per l'Italia, David Platt (82') per gli inglesi ed infine Totò Schillaci (86' su calcio di rigore) per l'Italia, la quale venne sconfitta in semifinale dall'Argentina di Maradona, ai calci di rigore.

sabato 12 luglio 2014

La Colombia e la qualificazione al Mondiale 2014

Una partita della Colombia
(2011, contro l'Equador, autore: Juanca Parce, fonte: Wikimedia Commons)
Secondo gli studiosi la vittoria di una competizione importante o comunque il raggiungimento di un importante traguardo da parte di una squadra di calcio nazionale, fa vedere positivamente anche quanto accade all'interno del Paese. Di riflesso, una eventuale sconfitta favorisce solitamente l'opposizione di governo.

Una simile affermazione trova largo consenso presso gli studiosi, ed è confermata dall'analisi di diversi casi storici. Anche per questo nel post di ieri di questo blog è stata riportata l'idea (ripresa da un articolo de ilfattoquotidano.it) per cui se il Brasile avesse vinto il Mondiale la situazione in quel Paese sarebbe molto probabilmente migliorata, sotto vari aspetti. In un post del 2 luglio invece si è parlato, tra le altre cose, anche del Miracolo di Berna, ovvero della vittoria della Germania Ovest sull'Ungheria grazie alla rete del 3-2 a 6 minuti dal termine nella finale del Mondiale di Svizzera '54: un risultato che, avendo entusiasmato il popolo locale, viene ritenuto fra le principali cause della ripresa economica dello stato tedesco occidentale dopo il disastro lasciato dalla Seconda Guerra Mondiale.

Nel 2014, la partita valida per il Mondiale FIFA Brasile 2014 tra Colombia e Grecia, conclusasi per 3 a 0 a favore dei colombiani che è stata determinante per la Colombia per accedere agli Ottavi (in seguito arriverà anche ai Quarti, ottenendo un risultato storico mai raggiunto prima), dopo che mancava dalla competizione dall'edizione del '98 (ove si fermò al primo turno), fece anche dell'altro: determinò la riconferma di Juan Manuel Santos alla presidenza dello stato colombiano. Infatti esperti sostengono che vi siano significativi collegamenti tra i due eventi appena citati. In effetti qualche indizio in tal senso lo si può scovare anche nel fatto che il presidente Santos durante la campagna elettorale si è mostrato interessato anche al calcio, postando il primo gol del centrocampista Pablo Armero contro la Grecia; inoltre il figlio di Santos si è fatto fotografare insieme all'attaccante colombiano Radamel Falcao.

Santos, presidente uscente in carica dal 7 agosto 2010, è stato riconfermato lo scorso 15 giugno con il 50,95% dei voti. Esponente del Partito Sociale di Unità Nazionale di centrodestra, promulgatore di valori di pace e sostenitore di accordi con le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia) che da quasi sessant'anni sono causa di disordini e guerriglie nel Paese.

L'elezione colombiana si era infatti trasformata, al ballottaggio, in una sorta di referendum tra chi promulgava un ritorno alla pace (Santos) e chi invece era contrario a ogni possibile accordo con i guerriglieri, ossia lo sfidante Oscar Ivan Zuluaga del Centro Democratico, che si è fermato al 45%.

Analizzando questa vittoria elettorale, vi è da considerare anche la scarsa affluenza alle urne: sono andati a votare 16 milioni su 33 milioni di elettori disponibili (negli ultimi 16 anni l'affluenza in Colombia non ha mai superato il 49%), e anche che ad aprile il 38% della popolazione non considerava Santos in modo positivo.

Una vittoria dovuta probabilmente a una campagna elettorale ben orchestrata da una parte, dall'altra parte è a detta di molti studiosi da considerare anche la qualificazione al mondiale della Colombia e la vittoria per 3-0 contro la Grecia quali fattori decisivi per la riconferma: a sostenerlo, uno studio di Andrew Healey e Neil Malhotra, professori di Economia rispettivamente presso la Loyola Marymount University e la Stanford University.

venerdì 11 luglio 2014

Sull'eliminazione del Brasile: le conseguenze

Brasile contro Germania  (autore: Agência Brasil)
La pesante disfatta della Seleçao, battuta 7-1 dalla Germania in semifinale per la Coppa del Mondo porta con sé alcune importanti conseguenze in terra brasiliana.

La presidente del Brasile, Dilma Roussef ha, nel mese di ottobre, delle elezioni da affrontare, che ora rischia seriamente di perdere. La popolarità della leader brasiliana è precipitata al 37%, mentre a inizio mandato era data sull'80%. Secondo un articolo di lettera43.it del 9 luglio, la situazione è destinata a peggiorare ulteriormente per la presidente.

Nella serie di post di questo blog "Sulle proteste dei Brasiliani", parte 1, parte 2 e parte 3 si sono visti i principali motivi di protesta da parte dei brasiliani contestatori. Uno in particolare riguarda la spesa pubblica dirottata in stadi e grandi opere (fra cui il viadotto precipitato documentato nella parte 3) destinati all'inutilizzo o allo scarso utilizzo futuro, e questo aspetto dei soldi pubblici investiti in fin dei conti per profitti privati e sottratti ai servizi di base per i cittadini di certo non facilita la rielezione della leader del Brasile. La perdita di consenso si spinge ben oltre coloro i quali sono stati protagonisti delle già gravi e feroci contestazioni palesi viste per strada.

La presidente si è spinta troppo oltre anche a livello mediatico: dopo la vittoria del Brasile contro la Colombia i consensi per lei erano aumentati del 4%, al punto da spingerla a dichiarare che avrebbe premiato lei stessa i calciatori brasiliani in caso di vittoria. Un errore mediatico che, sommato alla perdita dei consensi dovuta alle ragioni dei contestatori potrebbe costarle davvero caro, sostiene l'articolo prima accennato di lettera43.it.

Non che la presidente abbia delle responsabilità oggettive dal punto di vista agonistico, ma il sistema mediatico (in primis tv e internet) è un mezzo potente, e la presidente che sulla vittoria ci ha messo pubblicamente la faccia ora rischia seriamente di essere accostata alla sconfitta, proprio come la vittoria contro la Colombia le valse quattro punti in più nei sondaggi.

Ilfattoquotidiano.it in un apposito articolo del 9 luglio afferma come la vittoria del Mondiale avrebbe potuto innescare un circolo virtuoso, dovuto fra l'altro, da una parte a un'immagine pubblica positivamente rinnovata di tutta la Nazione e quindi anche all'aumento dei turisti, dall'altro al rilancio economico scaturito dall'aumento dei consumi dovuti dall'euforia per la vittoria, rammentando che in alcuni paesi la cui squadra nazionale è risultata vincitrice questo in passato è già accaduto. Ora però la situazione in terra verdeoro rischia di precipitare, considerando anche che un po' prima dell'inizio della manifestazione, i brasiliani si erano in maggioranza dichiarati contrari a disputare questo Mondiale in Brasile.

Il calcio è insomma molto di più di un gioco, e quando si commistiona alla politica può scatenare delle conseguenze dalla portata immensa, sia nel bene che nel male.