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Ernesto Brivio |
Il blog si è gia occupato più volte di fatti storici legati all'Italia, ossia dei contatti tra calcio e politica manifestatisi nei decenni passati sul territorio del Belpaese. L'argomento che il presente articolo intende trattare è Ernesto Brivio (Milano, 1915 - Como, 11 dicembre 1976), politico e presidente della Lazio.
Definito "l'ultima raffica di Salò" fu un politico facente parte del Movimento Sociale Italiano, partito sorto nel dopoguerra legato come ben noto all'estrema destra. Brivio non fu soltanto un politico ma anche, per un breve periodo il presidente della Lazio, oltre che produttore cinematografico.
Assunse la carica di presidente del club biancoceleste il 27 settembre 1962, e proprio in quel periodo un titolo de l'Unità (storico quotidiano di sinistra, che ha chiuso da poco i battenti con la carta stampata) recitava "SOS Lazio, Brivio è un pericolo!".
Nato durante la Prima Guerra Mondiale, alto borghese di origini milanesi si trasferì a Roma. In gioventù fu volontario presso le Brigate Nere di Alessandro Pavolini, e di questa sua esperienza si ricorda tra l'altro il fatto che tirò quattro bombe a mano sullo stabilimento Motta, col padre ai vertici dei magazzini La Rinascente e Standa. E poi si esiliò a Cuba ove divenne braccio destro del dittatore Fulgencio Batista.
Rientrato in Italia fu oggetto di diversi fatti controversi e scandali. Da quel che risulta Brivio non fu decisamente un tipo tranquillo.
Tornando ai suoi trascorsi biancocelesti, contemporaneamente venne eletto nel Consiglio Comunale di Roma. Come prima decisione da massimo dirigente laziale esonerò l'allenatore Carlo Facchini ed ingaggio al suo posto il tecnico argentino Juan Carlos Lorenzo, e nel calciomercato riuscì ad aggiudicarsi l'attaccante Orlando Rozzoni.
Durante un incontro tra Lazio e Foggia (4-1) venne quasi alle mani con l'allenatore del club foggiano Oronzo Pugliese, ovviamente entrambi poi vennero espulsi. L'accaduto ebbe una incredibile risonanza mediatica. Intanto la Lazio calcistica ottenne tanti risultati positivi, e al termine della stagione venne promossa in Serie A giungendo seconda dietro al Messina e a pari punti col Bari.
La Lazio di quel periodo era piena di debiti, e nel febbraio del 1963 dopo le dimissioni di dirigenti Siliato, Giovannini e Miceli nel corso del consiglio generale, Brivio fece intendere di avere intenzione di onorare gli impegni presi, dichiarando "Farò fronte ai miei impegni: o pago o parto". Non pagò, e partì: il 21 febbraio fece perdere le sue tracce. Per un po' non si seppe più nulla di lui, poi venne arrestato nel giugno 1963 in Libano ma evitò l'estradizione in Italia, dove fu processato per bancarotta fraudelenta e condannato in contumacia (cioè condannato pur non presentandosi davanti al giudice). Sarà poi prosciolto in appello nel 1968.
Che ne fu poi della Lazio? La squadra biancoceleste una volta giunta in A permanette in tale serie sino al 1967, anno in cui tra l'altro divenne società per azioni. Riottenne la promozione in A nel 1969. Subito dopo l'abbandono di Brivio la presidenza della società fu affidata ad Angelo Miceli (1963/64), poi Giorgio Vaccaro (1964/65), poi Gian Chiaron Casoni (1965) prima di passare ad Umberto Lenzini -presidente degli anni del primo scudetto vinto dalla Lazio- che ricoprì tale carica dal 1965 al 1980.
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