Austriaco, nato nei primi anni del '900 a Kozlov in Moravia, territorio attualmente sito in Repubblica Ceca e a quei tempi parte dell'Impero austro-ungarico, iniziò ad approcciare col pallone in tenerà età, per le strade di Vienna, ove si trasferì assieme alla famiglia. La famiglia, di origine operaia, non viveva nel lusso, anzi era molto povera e per questo cambiò città. La morte di suo padre poi, avvenuta durante la prima guerra mondiale sul fronte, nella battaglia dell'Isonzo, costrinse il ragazzo Sindelar ad aiutare la madre, lavandaia, al mantenimento della famiglia (oltre a lui come figli vi erano tre sorelle). Così cominciò a fare il meccanico presso un'officina, ma contemporaneamente non perse l'hobby di giocare a calcio.
All'età di 18 anni, nel 1921, esordì in massima serie nell'Hertha Vienna (squadra del quartiere in cui viveva con la famiglia), mostrandosi un giovane talentuso (di ruolo centrocampista o attaccante a seconda dei casi), ma a vent'anni si infortunò per una lesione al menisco del ginocchio destro poiché cadde in piscina. A quei tempi un simile infortunio poteva costare la fine della carriera, ma fortunatamente per lui non fu così: venne operato da Hans Spitzy, famoso medico viennese, e grazie all'intervento nel giro di un anno ritornò a giocare ad alti livelli. Indossò da allora in poi una fasciatura elastica sul ginocchio infortunato.
Nello stesso anno, nel 1924, date le diffocoltà economiche della sua squadra, il talentuso Sindelar venne ceduto all'Austria Vienna, allora squadra campione in carica. Grazie a quest'ultima squadra piena di buoni giocatori, e grazie anche alle sue abilità, Sindelar vinse numerose competizioni, ottenendo una carriera ammirevole. Negli anni '30 era paragonabile solo a Giuseppe Meazza e Gyorgy Sarosi in Ungheria: i tre erano infatti ritenuti i migliori giocatori dell'epoca.
Fu anche leader riconosciuto della sua nazionale, l'Austria. La sua nazionale venne definita come "Wunderteam", ossia squadra delle meraviglie. L'ultima partita giocata con la sua nazionale, fu una gara di propaganda nazista: infatti i tedeschi del furer occuparono il territorio austriaco, e organizzarono una partita "della riunificazione" tra Germania e Austria. Il primo gol proprio di Sindelar (definito anche "Cartavelina" per via del suo aspetto esile), unito al secondo di Sesta regalarono la vittoria agli austriaci. Sindelar festeggiò provocatoriamente sotto la tribuna dei gerarchi nazisti, un gesto abbastanza significativo su come la pensava questo ragazzo politicamente: infatti assieme a Sesta si rifiutò di salutare i gerarchi, contrariamente agli altri compagni.
A 35 anni compiuti si rifiutò di proseguire la carriera in nazionale nella sua nuova patria, la Germania nazista. Anche il compagno autore del secondo gol, Sesta, si rifiutò di vestire tedesco. Sindelar additò come motivazione ufficiale il fatto che era troppo avanti con l'età, anche se in molti ci videro anche dell'altro, e cioè che l'invasione dei nazisti non gli piacque per niente.
Nella finale del Mondiale 1938 apparve come spettatore, entusiasmando una folla che in sua presenza intonò La Marsigliese, e lo fece diventare un simbolo dell'anti nazismo. Morì un anno dopo a Milano per cause misteriose. Sono state fatte diverse ipotesi circa la sua prematura fine, ma non vi è nulla di certo. Lo scrittore austriaco Friedrich Torberg gli dedicò la poesia "Sulla morte di un calciatore", in cui sostenne l'ipotesi per cui il campione austriaco si sarebbe suicidato a causa dell'annessione dell'Austria alla Germania.
Nessun commento:
Posta un commento