In genere il mondiale evoca valori tutto sommato positivi, fra cui un amore ritrovato verso la patria di appartenenza capace di unire anche i più diversi: per esempio, i catalani con gli andalusi oppure i trevigiani coi catanzaresi. Ma non solo: trasforma lo sport più seguito al mondo in un'occasione per distrarsi dai problemi che affliggono la gente quotidianamente. La gente non può vivere continuativamente pensando ai propri guai, deve invece saper trovare dei sani momenti di relax e di svago, indipendentemente dalla condizione economica e sociale a cui appartiene. Ciò detto, il mondiale ha quindi valenze indubbiamente positive, ma come (quasi) tutte le cose belle presenta dei rovesci della medaglia che solo a pensarci lasciano di marmo.
Da una parte il calcio può essere utilizzato come arma di distrazione di massa in termini tutt'altro che positivi, e in più quest'anno il mondiale può essere inquadrato in un'ottica negativa se visto nel contesto in cui viene svolto: il Brasile, che sta attraversando un momento veramente nero per quanto concerne stipendi e occupazione. I brasiliani che contestano affermano che avrebbero preferito che lo Stato avesse aiutato loro anzicché il corretto e regolare svolgimento della manifestazione calcistica. Cioè, la nazione che ha visto nascere fior fior di campioni, ad un certo punto non ne può più di pallone. In effetti sulle diseguaglianze sociali presenti in terra verdeoro non si può mica chiudere un occhio, soprattutto ora che la crisi ha accentuato tali differenze fra i residenti.
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