sabato 14 giugno 2014

2014: l'anno del Mondiale e del disagio sociale


Questo che stiamo vivendo è un anno tanto atteso per gli appassionati di calcio, perché è l'anno del mondiale FIFA Brasile 2014. Come noto, il mondiale è una ricorrenza quadriennale che pone a confronto le selezioni nazionali in affascinanti sfide fra campioni e giocate spettacolari all'interno di un'arena dove di volta in volta due squadre scendono sul campo pronte a darsi battaglia. Chi è appassionato vero di calcio sa che si tratta di un momento magico, che unisce famiglie e amici che seguono la propria nazionale da casa o al bar (ovviamente in tv), e quindi unisce e appassiona anche chi di calcio non ne capisce nulla, perché il mondiale ha qualcosa di speciale. Si tratta di "notti magiche", citando la Nannini, momenti che tengono la gente incollata allo schermo televisivo, o al maxi schermo posto nelle piazze cittadine.

In genere il mondiale evoca valori tutto sommato positivi, fra cui un amore ritrovato verso la patria di appartenenza capace di unire anche i più diversi: per esempio, i catalani con gli andalusi oppure i trevigiani coi catanzaresi. Ma non solo: trasforma lo sport più seguito al mondo in un'occasione per distrarsi dai problemi che affliggono la gente quotidianamente. La gente non può vivere continuativamente pensando ai propri guai, deve invece saper trovare dei sani momenti di relax e di svago, indipendentemente dalla condizione economica e sociale a cui appartiene. Ciò detto, il mondiale ha quindi valenze indubbiamente positive, ma come (quasi) tutte le cose belle presenta dei rovesci della medaglia che solo a pensarci lasciano di marmo.

Da una parte il calcio può essere utilizzato come arma di distrazione di massa in termini tutt'altro che positivi, e in più quest'anno il mondiale può essere inquadrato in un'ottica negativa se visto nel contesto in cui viene svolto: il Brasile, che sta attraversando un momento veramente nero per quanto concerne stipendi e occupazione. I brasiliani che contestano affermano che avrebbero preferito che lo Stato avesse aiutato loro anzicché il corretto e regolare svolgimento della manifestazione calcistica. Cioè, la nazione che ha visto nascere fior fior di campioni, ad un certo punto non ne può più di pallone. In effetti sulle diseguaglianze sociali presenti in terra verdeoro non si può mica chiudere un occhio, soprattutto ora che la crisi ha accentuato tali differenze fra i residenti.

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