domenica 31 agosto 2014

30 agosto 2014: parte l'operazione "Campo praticabile" varata da Alfano

Ieri, 30 agosto 2014 con l'inizio dei campionati è partita l'operazione per la sicurezza detta "Campo praticabile", che probabilmente scatenerà diverse polemiche.

Di cosa si tratta? Di una serie di misure volte a placare il fenomeno della violenza negli stadi, in Italia.

Cosa prevede? Aumenteranno le forze dell'ordine durante le partite (100mila unità coinvolte per tutta la stagione calcistica), gli steward riceveranno una formazione ancora più approfondita da parte delle società.

Tra gli altri provvedimenti, il daspo massimo applicabile viene aumentato, salendo a 8 anni. Inoltre il daspo si può applicare non più solamente in caso di "reati da stadio" ma anche per episodi legati a delitti contro l'ordine pubblico ed a comportamenti violenti.

Vi è anche il nuovo daspo collettivo, con la possibilità di punire tutto il gruppo identificato come violento. Per i reati a sfondo razzista è previsto anche l'arresto in differita.
Cos'è l'arresto in differita? Si tratta di una misura che, introdotta nel 2003 per i reati commessi allo stadio, permette l'arresto di una persona non soltanto quando viene colta sul fatto (che in certi casi può provocare tensioni, specie in quei luoghi dove vi è tanta folla), ma anche il giorno dopo, quindi entro 48 ore sulla base delle immagini registrate.

Inoltre, il titolare del Viminale (cioè il Ministro dell'Interno) con un poprio decreto potrà disporre il divieto di trasferta per le tifoserie violente fino a un massimo di due anni, e con lo stesso decreto vietare l'acquisto di biglietti alle persone residenti nell'area territoriale di cui quella tifoseria è espressione per le partite in trasferte della squadra di quei tifosi.

Di alcune misure previste se ne è parlò in un post precedente su questo blog. Ora queste misure -molto severe- che sono diventate effettive, riusciranno davvero ad attenuare la violenza negli stadi?

sabato 30 agosto 2014

La politica del calcio - Parte 6: Figc, varata la squadra di governo

Il campionato italiano di calcio è ormai iniziato, ha già giocato la Serie B, tante squadre di Lega Pro e si sono visti due anticipi di Serie A (Chievo-Juve 0-1 e Roma-Fiorentina 2-0) e nel frattempo in Serie B è stata ripescata, dalla Lega Pro il Vicenza: lo si è saputo nel pomeriggio di ieri: si tratta di una scelta, quella della Figc che ha escluso una società favoritissima quale il Pisa (che sembrava quasi certa del ripescaggio), ufficialmente per problemi legati allo stadio. Il Pisa annuncia battaglia e presenterà ricorso contro questa decisione. La Juve Stabia invece non è stata presa in considerazione in quanto su quest'ultima società grava un episodio di penalizzazione per calcioscommese.

Per quanto riguarda il posto lasciato vacante in Lega Pro, non è ancora stato deciso quale squadra, dai dilettanti sarà chiamata a coprirlo: la scadenza per presentare domanda di ammissione in terza serie è fissata al 2 settembre. Intanto però, come spiegato più su i campionati sono già iniziati, e quindi per la squadra che si aggiudicherà il posto lasciato vacante dal Vicenza, vi saranno, come ovvio delle partite da recuperare.

Intanto il prossimo vicepresidente vicario della Figc sarà Maurizio Beretta. Tale scelta è giunta dalla prima riunione del nuovo consiglio federale. Mario Macalli (anche presidente Lega Pro) sarà invece il secondo vicepresidente. Per i due vice presidenti vi è stata una formale votazione.

Il direttore generale è invece un ruolo che verrà coperto da Antonello Valentini, ed il segretario federale è Antonio Di Sebastiano.

Il presidente Tavecchio ha quindi varato la sua "squadra di governo", che prevede anche il ruolo di consigliere all'integrazione contro il razzismo assegnato a Fiona May, mentre del comitato di presidenza adesso fanno parte oltre a Tavecchio e i già citati Beretta e Macalli, anche Claudio Lotito, Alberto Mambelli e Renzo Ulivieri.


venerdì 29 agosto 2014

I "Matagigantes" di Vallecas

Stadio di Vallecas, un tempo noto come Stadio "Teresa Rivera"
Molti dei tifosi del Rayo Vallecano si definiscono comunisti oppure anarchici. Provengono da Vallecas, quartiere povero di Madrid, e seguono la propria squadra nel piccolo stadio di quartiere un tempo dedicato a Teresa Rivero, la madre-padrona del Rayo (prima presidente donna nella storia della Liga) aveva 13 figli, 36 nipoti e un marito curiosamente legato all'estrema destra, in un quartiere prettamente operaio.

Così operaio che la terza squadra della città di Madrid (dopo Real e Atletico) adotta come simbolo un'ape operaia, proprio a voler sottolineare l'origine proletaria, popolare e operaia della zona della città che rappresenta.

Il gruppo di musica ska, gli Ska-P, noti per le loro posizioni anarchiche, si sono formati musicalmente proprio nel quartiere di Vallecas, ed al Rayo dedicano una canzone, in cui vi è una strofa che recita: "Somos los hinchas mas anarquistas, los mas borrachos, los mas antifascistas. Nuestro rayito revolucionario. Todos los fachas ¡¡fuera de mi barrio!!", ed è un inno in quanto tifosi al fatto di essere anarchici, i più ubriachi (borrachos), e antifascisti, gridando infine "Tutti i fascisti fuori dal mio quartiere". Una identificazione calcistica e territoriale che riflette dunque anche una forte commistione calcistico-politica.

Il Rayo Vallecano nella sua storia non ha vinto molto, anche se in qualche anno ha militato nella massima serie spagnola. Nel suo palmarés risulta la Coppa di Lega di Seconda Divisione del 1986, 2 campionati di Seconda Divisione B (terza serie spagnola) e 2 di Terza Divisione (quarto livello). Tra le soddisfazioni, la qualificazione in Coppa Uefa anche grazie alla vittoria all'ultima giornata contro nientemeno che il Barcellona al Camp Nou per 2 reti a zero.

I giocatori del club sono storicamente appellati con il soprannome di "Matagigantes", ossia "ammazzagrandi" perché soliti a infastidire le big del calcio spagnolo, fra cui anche il Real Madrid negli anni novanta, quando nel Rayo giocavano Hugo Sanchez e Toni Polster.

Attualmente la squadra milita nella Liga, la prima divisione spagnola. Lo scorso anno si è piazzato al 12° posto in classifica.

Autore foto: Lokomotive74

giovedì 28 agosto 2014

Egitto tra calcio e politica

Bandiera Al Alhi
1° Febbraio 2012, in terra egiziana si gioca una partita tra Al Masri e Al Alhy. A fine gara, vinta dagli ospiti, cioè l'Al-Alhy scoppia una forte violenza. In tale occasione, accorsa dopo quasi un anno dalla caduta di Hosni Mubarak (presidente dal 1981 al 2011), persero la vita 74 persone.

Malgrado vari processi e condanne, mai fu fatta chiarezza del tutto rispetto all'accaduto, ma in ogni caso sono in molti a sostenere che dietro questo così detto Massacro di Port Said vi sia una vendetta, una ripicca contro gli ultras dell'Al-Alhi, la squadra simbolo del Cairo. Infatti questi ultras secondo molti vennero puniti dal servizio di sicurezza dello stadio e dalle forze dell'ordine locali per il ruolo svolto dai tifosi della squadra durante i giorni della Primavera Araba e di Piazza Tahrir. A punirli dunque, secondo molti, sarebbero stati gli ex partigiani di Mubarak.

La Primavera Araba in Egitto iniziò a gennaio 2011 e vide scontri e manifestazioni lungo l'Egitto così accese da dare ragione ai ribelli, i quali invocavano la liberazione dei prigionieri politici, la libertà d'informazione e la rivolta contro corruzione e privilegi dei potenti. L'11 febbraio Mubarak si dimise ed il Paese venne lasciato nelle mani di una giunta militare, in attesa di una costituzione e di nuove elezioni presidenziali.

Piazza Tahir, nel 2011 è stato il principale luogo di protesta contro Mubarak, e a protestare furono in tantissimi, un milione secondo Al Jazeera (il 1° febbraio 2011), ed alla fine raggiunsero il proprio scopo.

In Egitto gli ultras dell'Al Alhy gicarono un ruolo fondamentale nell'orchestrare i disordini di Piazza Tahrir contro Mubarak: infatti il club è non a caso l'espressione dell'Egitto popolare nonché talvolta nazionalista. Viceversa vi è il Zamalek, definito "club misto" la cui squadra ha sempre accettato sia giocatori stranieri che egiziani, diventando nel corso del tempo la squadra dei generali, dei membri dell'Esercito, e degli egiziani più ricchi. Anche per questo motivo, ad esempio si spiega la grande rivalità tra le tifoserie di questa squadra e dell'Al Alhy, che nel 1971 sfociò in violenza inaudita lungo le strade per giorni e giorni a causa di un episodio arbitrale controverso che fece sospendere la gara. A placare gli animi allora vi fu il calciatore Saleh Selim dell'Al Alhy che riconobbe pubblicamente la correttezza della decisione arbitrale.

La politica, quando si commistiona al calcio, può arrivare anche a questo.  Altre volte invece, come dimostra la strage dello stadio di Port Said il calcio c'entra solo nei suoi aspetti extra sportivi, nel suo essere un evento seguito dai tifosi i quali sono schierati politicamente. Insomma: le possibili combinazioni tra calcio e politica sono variabili, e come raccontato nel post di ieri a proposito dell'attacco ai giocatori israeliani da parte di un pubblico pro palestinese, spesso viene sfruttato l'evento calcistico per la sua capacità di chiamare a raccolta persone appartenenti ad una specifica etnia o appartenenti ad una specifica ideologia politica (calciatori inclusi, come il post di ieri ha dimostrato) per scopi -purtroppo- di natura bellicosa.

Autore foto: Zo3a da Wikimedia Commons

mercoledì 27 agosto 2014

Luglio 2014: sospesa la gara del Maccabi e aggrediti i giocatori

Una gara del Maccabi (vs Bayern Monaco)
Quando il calcio diventa strumento per sfoghi di matrice ideologica, sulla base di questioni politiche, allora può accadere veramente di tutto.

Questa estate, la squadra israeliana Maccabi Haifa giocava contro la francese Lille, in Austria. La gara è stata interrotta e sospesa dopo che un gruppo di pro palestinesi ha invaso il campo. Si tratta di spettatori di origine turca, che avevano bandiere palestinesi che hanno attaccato fisicamente i giocatori, i quali si sono difesi e non hanno riportato ferite.

"Non è accaduto per motivi sportivi, ma perché rappresentiamo Israele. Noi siamo contro la violenza, crediamo nella convivenza e nella tolleranza".

Questi atteggiamenti, che riflettono le tensioni tra israeliani e palestinesi, nascondono certe volte un alone di antisemitismo, sparso per l'Europa. Episodi contro gli ebrei, sia verbali (slogan nazisti) che "concreti" (negozi bruciati perché gestiti da Ebrei), come riporta un articolo di dagospia.com sono accaduti di recente, e quindi l'episodio legato alla partita tra Maccabi e Lille è solo uno dei (purtroppo) tanti atteggiamenti di violenza fisica e verbale verso il popolo ebraico e israeliano.

Naturalmente, per essere pro palestinesi -o pro israeliani- non v'è bisogno necessariamente di ricorrere all'uso della forza e delle minacce nei confronti di persone che hanno come -presunta- colpa quella di appartenere ad un'etnia in particolare.

Autore foto: Grzegorz Jereczek from Gdańsk, Poland

martedì 26 agosto 2014

Gli errori del governo nel calcio italiano secondo Giancarlo Abete

Tavecchio e Abete, foto: Emanuele.corr da Wikimedia Commons
Nel corso dell'assemblea elettiva della Figc riunita all'hotel Hilton di Fiumicino per designare il suo successore (che come noto è Carlo Tavecchio), l'ex presidente della Figc Giancarlo Abete ha dichiarato che secondo lui la politica italiana ha commesso due importanti errori nel mondo del calcio, e che tali errori sono stati commessi uno dal governo di centro-destra e l'altro da un governo di centro-sinistra.

Per il governo di centro destra l'errore commesso è risieduto nel "Togliere autonomia finanziaria al Coni e alla Figc che ne era il motore attraverso le scommesse, portando le scommesse all'interno dei monopoli, e privando la dimensione del mondo dello sport di un'autonomia reale. Perché è vero che ogni anno si è finanziati, ma ci vuole il piattino. E ciò non è giusto, perché il calcio contribuisce all'economia del paese, e rispetto ai duemilacentosessantasei miliardi di euro di debito pubblico non partecipa neanche di un euro. Quando perdono le società municipalizzate tutti noi cittadini mettiamo le risorse, quando perdono le società e i club sono gli imprenditori privati a cacciare i soldi". E a seguito di questa affermazione, scatta l'applauso.

Abete prosegue poi affermando: "Il secondo errore è stato quello di aver dato la destinazione -lo ha ricordato tante volte il presidente Macalli, gliene do atto- del 10% dei diritti televisivi direttamente alle società e alle leghe e non alla Federazione: è stato un errore, perché si è depotenziato il soggetto istituzionale della Federazione. Si chiedono delle politiche mirate quando non si danno delle risorse che consentano di realizzare queste politiche mirate: il 6% di questo 10% va a pioggia, il 4% ha dei riferimenti generici[...] dice tutto e niente della nostra realtà".

Abete è stato anche un onorevole per la Democrazia Cristiana in varie legislature, ed ha avuto anche diversi incarichi parlamentari. Imprenditore nel settore grafico, editoriale e dell'informazione, dopo essere stato capo del settore tecnico della Figc (1989-1990) e in seguito della Lega Serie C fino al 1997, venne eletto vicepresidente della Figc per due volte (1996-2000 e 2001-2006). Divenne in seguito presidente della Figc per la prima volta il 2 aprile del 2007. In questi anni è stato anche presidente dell'UCID (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) e nel 2011 vicepresidente dell'Uefa.

Le sue dimissioni da presidente federale sono ormai note, e per quanto riguarda il suo futuro, dichiaratosi soddisfatto di quanto da lui fatto in qualità di presidente, annuncia anche che si prenderà qualche mese di pausa, e da gennaio 2015 farà l'opinionista.

lunedì 25 agosto 2014

L'Iran e il divieto alle donne di recarsi allo stadio

L'Azadi Stadium, celebre impianto sportivo iraniano
Anche il presidente della Fifa Sepp Blatter, l'anno scorso invitò le autorità iraniane a permettere alle donne di poter assistere alle partite di calcio. Il 7 novembre 2013  in visita nella capitale iraniana Teheran, il presidente Blatter dichiarò anche che l'autorità femminile iraniana più importante è stata tra coloro con cui ha sollevato la questione, specificando anche di non voler interferire per cambiare la legge specifica, la quale è espressione di un divieto risalente sin dalla Rivoluzione Islamica del 1979.

Già nel 2006 l'allora presidente Ahmadinejad manifestò l'intenzione di rompere questo tabù, ma non se ne fece nulla, e la manifestazione di tale intenzione servì probabilmente a placare almeno un po' le tensioni internazionali, viste le precedenti affermazioni antisemite e di negazione dell'olocausto dello stesso Ahmadinejad. Già qualche anno prima del 2006 gruppi di donne vennero ammesse ad alcuni incontri calcistici, ma formalmente il divieto non è mai stato tolto, ed è ad oggi presente.

L'interesse per il calcio ha avuto una grande crescita in Iran, anche tra il pubblico femminile, specie da quando nel 1998 la nazionale tornò a qualificarsi al Mondiale in Francia. Il calcio è alla pari del wrestling il principale sport seguito in terra persiana.

In un paese dove vi è una cultura dell'occultamento del corpo femminile nonché della divisione sessuale degli spazi, il fatto che le donne non possano recarsi alle partite di calcio diventa normale. Nel 2003 fu costituita una squadra nazionale femminile, con donne già militanti nella squadra nazionale di calcio a 5: ebbene, quando giocano sono interamente coperte (anche con i capelli), persino col caldo dell'estate. Gli sport pubblici a cui le donne possono dedicarsi in effetti sono molto limitati, e ciò deriva appunto da un fatto culturale, sebbene tali limitazioni siano oggetto di controversie.

Tornando all'ingresso negli stadi, ogni qualvolta vi è una manifestazione importante, le donne femministe si ribellano. Nel 2001 per la gara Iran-Irlanda, le autorità consentirono l'accesso alle donne irlandesi ma lo vietarono a quelle iraniane, e la cosa si ripetè ad esempio nel 2004, quando 11 donne vennero respinte in occasione di Iran-Germania, mentre alle tedesche l'ingresso allo stadio venne permesso. "In cosa siamo diverse da loro?" protestavano le femministe iraniane. Ad elezioni ravvicinate, un ristretto gruppo di donne il 25 marzo del 2005 per le qualificazioni al Mondiale contro il Giappone, vi furono anche altre occasioni in Iran, sempre in quel periodo con delle donne allo stadio, ma il divieto persiste. Del resto, dal punto di vista islamico è peccato per le donne guardare le gambe nude degli uomini proprio come per gli uomini è peccato guardare donne scoperte.

Autore foto: de:user:Ghermezete su Wikimedia Commons

domenica 24 agosto 2014

Sicurezza: la tessera del tifoso, perché viene contestata?

In nome della sicurezza negli stadi l'allora ministro dell'Interno Bobo Maroni (Lega Nord) per il centro-destra istituì nell'agosto del 2009 attraverso una direttiva, la tessera del tifoso: fu una misura che venne e ad oggi viene molto contestata dagli ultrà italiani, e a fargli da "spalla" vi sono diverse figure celebri nel mondo calcistico. Il motivo fondante della contestazione risulta in quel famigerato articolo 9, che sarebbe stato formulato male perché inibisce l'accesso allo stadio a persone che, in fondo, hanno già scontato il daspo. Il Daspo corrisponde ad una squalifica da qualsiasi manifestazione sportiva dalla durata in anni variabile, sulla base del tipo di reato da stadio commesso.

L'articolo 9 della Legge 41/2007 (contestato anche da personaggi illustri quali l'ex c.t. azzurro Campione del Mondo Marcello Lippi, poi Renzo Ulivieri, Urbano Cairo, Maurizio Zamparini, il presidente Uefa Michel Platini, ecc.), in un articolo di calciomercato.com viene spiegato per bene nella sua "assurdità" (termine usato proprio sull'articolo citato): si tratta di qualcosa ritenuta assurda, perché ad esempio se una persona riceve un Daspo per un anno, viene per un anno inibito nell'entrare allo stadio: fin qua tutto ok, solo che trascorso quell'anno la persona dovrebbe poter finalmente ritornare allo stadio, tuttavia il processo relativo al reato da stadio termina in circa 5 anni (colpa della burocrazia), ed il tifoso viene condannato in primo grado; dal momento della condanna, per altri quattro anni (cioè i cinque canonici meno l'anno già scontato), il condannato, in primo grado, non potrà più comprare il biglietto né sottoscrivere la tessera del tifoso.

Cosa dice, nello specifico l'articolo 9, del quale si discusse anche in un convegno tenutosi tempo addietro nell'aula Santa Chiara del Senato tra ultrà, avvocati, giornalisti e politici? Il testo è il seguente: "E' fatto divieto alle società organizzatrici di competizioni riguardanti il gioco del calcio, responsabili della emissione, distribuzione, vendita e cessione dei titoli di accesso, di cui al decreto ministeriale 6 giugno 2005 del Ministro dell'Interno, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 30 giugno 2005, di emettere, vendere o distribuire titoli di accesso a soggetti che siano stati destinatari di provvedimenti di cui all'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, 401, ovvero a soggetti che siano stati comunque, condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive".

Ecco il motivo principale della contestazione di tanti tifosi da tutta Italia, ecco perché si canta e si mostra su stendardi e striscioni quel "No alla tessera". Alla fine del convegno alcuni politici, onorevoli, affermarono che qualcosa per cambiare quella legge andrebbe fatto. Già l'averlo ammesso, è un passo in avanti, solo che adesso gli ultrà attendono i fatti.

sabato 23 agosto 2014

Quel breve periodo di Neapolis Frattese

Bandiera di Frattamaggiore (foto: Umberto Basilica)
Correva l'anno 2011, in quel di Frattamaggiore (Napoli) l'atmosfera era di quelle festose, c'era l'entusiasmo delle grandi occasioni. Ed in effetti l'evento era di quelli importanti, perché in seguito al fallimento della fu Frattese, in città dopo tanti anni il calcio di medio livello stava ritornando. La presentazione del Neapolis di Mario Moxedano, spostatosi appositamente da Mugnano (sempre provincia di Napoli) osservò il sindaco della città Francesco Russo (Pd) particolarmente soddisfatto. Ed era soddisfatto anche lo stesso Moxedano, il presidente del Neapolis, che affermò: "Finalmente abbiamo dei tifosi".

Le premesse per fare bene c'erano tutte: si ripartiva dalla Serie C2, e per l'occasione la squadra stava per adottare in via ufficiale (nel frattanto solo ufficiosa) la nuova denominazione di "Neapolis Frattese".

Tuttavia i risultati della squadra erano deludenti, al punto che le contestazioni del pubblico locale ebbero una eco consistente, tanto da costringere il presidente della squadra a prendere una decisione molto drastica: lasciare Frattamaggiore e tornare a giocare a Mugnano! Ciò avvenne a campionato in corso.

Venuto a sapere dell'accaduto, il sindaco della città dichiarò: "Sono andati via senza nemmeno avvisare. Un modo davvero squallido per andarsene". Questo è un caso in cui è stavolta la "politica" a muovere accuse al "calcio", a differenza di quanto mostrato nel post di ieri (in cui un presidente di una squadra accusò il Comune di non aver fatto abbastanza per il calcio locale). Ovvero è il mondo politico a criticare l'universo pallonaro. Anche stavolta questo blog non vuole prendere una posizione netta, perché se la società è andata via avrà avuto i suoi motivi, magari però prima di andarsene potevano passare per fare un saluto al sindaco...

Per la cronaca, il Neapolis proseguì la sua stagione allo Stadio Vallefuoco di Mugnano, retrocedendo in Serie D. Nella stagione successiva, spostò il club a Torre del Greco (Napoli) rifondando la Turris, adottando provvisoriamente il nome di Torre Neapolis. Oggi la Turris milita in Serie D, tuttavia mediante l'acquisto di un titolo sportivo di un'altra squadra (il Miano): infatti il Neapolis (che a Torre ha vinto anche una Coppa Italia Serie D) è tornato a Mugnano, dopo due anni, anche per via della nuova contestazione, stavolta da parte dei tifosi corallini. Anche a Frattamaggiore oggi vi è una nuova società: la Nerostellati Frattese, militante in Serie D.

venerdì 22 agosto 2014

Quando il calcio accusa la politica

L'Akragas i tempi della Serie C (fonte Wikipedia)
Il calcio ad Agrigento potrebbe scomparire, se l'amministrazione comunale non si adopererà al più presto per il bene di questo sport, afferma il presidente dell'Akragas Silvio Alessi . In che modo? Mettendo le luci allo stadio: l'impianto di Agrigento non è a norma, ed è per questo che la squadra locale non ha ottenuto quel ripescaggio come tra l'altro auspicato anche dal ministro del'Interno Angelino Alfano, come raccontato in un post fa. L'Akragas nel frattempo aveva preso accordi per giocare in altri stadi della regione siciliana, quali Caltanissetta e Trapani, tuttavia ciò non è servito: in quegli stadi non poteva giocare.

"L'Esseneto non ha l'agibilità nemmeno per la Prima Categoria" (afferma il presidente Alessi secondo quanto riportato su un articolo di grandangoloagrigento.it), "Abbiamo dentro una rabbia terribile" per via dell'esclusione dell'Akragas, anche perché "Abbiamo fatto sforzi personali ed economici" aggiungendo poi "Chiederò all'Enel se è nelle condizioni di darci una mano di aiuto per l'illuminazione, non so cos'altro fare".

In un altro precedente post questo blog accennò al fatto che anche i tifosi contestarono il Comune reo secondo loro di non aver fatto quanto doveva per garantire alla squadra di calcio locale un futuro in Lega Pro.

Chi scrive non se la sente di prendere una posizione in merito, in quanto ci sono varie considerazioni da fare: per esempio, non è detto che con lo stadio a norma l'Akagras avrebbe ottenuto il ripescaggio: la Corregese ci sperava anch'essa, e secondo alcune fonti (per esempio l'articolo di grandangoloagrigento.it  prima menzionato) era avanti in graduatoria rispetto agli agrigentini. Tuttavia, ammesso che l'Akagras avesse meritato il ripescaggio, il Comune che è la parte tirata in causa magari aveva altri impegni, ritenuti più urgenti: il popolo agrigentino forse non è d'accordo,  perché secondo loro l'amministrazione avrebbe dovuto rivedere le proprie priorità, tuttavia bisognerebbe anche chiedersi: perché l'amministrazione comunale non si è attivata? Non ne avrebbe giovato la sua immagine qualora si fosse mobilitata nel migliorare l'impianto delle gare interne della squadra cittadina?

Vi sarebbero alcuni interrogativi da colmare in questa vicenda, in ogni caso non tutto è perduto, la speranza c'è ancora: il Comune, se lo vuole potrà porre fine alle polemiche finalmente mettendoci del suo per il ripescaggio, rivedendo appunto le proprie priorità: come noto si libererà un posto in Lega Pro dato che dalla B arriverà la ventiduesima squadra proprio dalla terza serie.

Quello che questo post intende stavolta porre in evidenza è lo speciale esempio di rapporto tra calcio e politica determinatosi in questa vicenda, con il mondo del calcio (la società e i tifosi) che accusa -a torto o a ragione- il mondo politico di non aver fatto abbastanza.

giovedì 21 agosto 2014

Ferenc Puskás e la Spagna

Alfredo di Stefano e, a destra Ferenc Puskas al Real
Nel post dello scorso 19 luglio si è parlato del tema trattato da un articolo di Daniele Camilli sulle coincidenze interessanti circa lo stato di crisi sociale in una nazione e le conquiste calcistiche da parte di alcuni calciatori (pallone d'oro) o club di quella nazione oppure della squadra nazionale.

Dalla crisi si ottiene una nuova fase, di trasformazione sociale, e la vittoria in qualche modo può agevolare tale trasformazione, come per il Miracolo di Berna di cui questo blog si occupò, in un post relativo alla Germania Ovest.

Oggi il tema tratta in maniera specifica uno degli esempi menzionati sull'articolo di Camilli, e per la precisione le vittorie del Real Madrid utili al regime franchista (del "generalissimo" Franco) di natura fascista della Spagna.

Ferenc Puskás Biró (noto semplicemente come Ferenc Puskás) fu uno dei più grandi giocatori della storia del calcio, considerato il miglior calciatore ungherese di sempre. Attaccante della Honved di Budapest e dell'Ungheria, esordì a 16 anni e vinse cinque campionati ungheresi e 4 volte la classifica dei marcatori.

Si trovò in trasferta a Bilbao insieme alla famiglia e assieme ovviamente alla sua squadra quando nel frattempo a Budapest, la capitale dell'Ungheria scoppiava la Rivoluzione del 1956. Accadde infatti che vi furono dei moti rivoluzionari in Ungheria, il 23 ottobre del '56 che portarono gli ungheresi ad uscire dal Patto di Varsavia. Ciò chiaramente non fu gradito ai sovietici, che nei primi di novembre dello stesso anno invasero Budapest, provocando il caos, che portò a tante morti (oltre 3000 per entrambe le fazioni pro e contro i sovietici) e infine i sovietici costrinsero l'Ungheria a tornare nel Patto, in cui vi rimase sino al 1989. Nel frattempo, per il periodo particolare in patria, Ferenc Puskás chiese asilo politico, e rimase per circa 18 mesi tra Austria e Italia, finché non venne ingaggiato dal Real Madrid di Santiago Bernabeu l'11 agosto 1958.

Ingrassato e fuori forma, i suoi compagni di squadra al Real lo chiamavano "El Cañoncito Pum Pum". Aveva 31 anni quando giunse a Madrid, e in quel periodo di circa 9 anni la squadra, anche grazie al suo importante contributo vinse 6 campionati spagnoli, 4 titoli di capocannoniere, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Coppa di Spagna e 3 Coppe dei Campioni, tra cui quella della finale contro l'Eintracht di Francoforte battuto per 7-3, in cui realizzò addirittura una quaterna. Grazie alla permanenza al Real, venne naturalizzato spagnolo. Ottenne anche 85 presenze con la nazionale ungherese, in cui militò dal 1945 al 1956 (l'anno dell'invasione sovietica) segnando 84 gol, un record. Militò anche nella squadra olimpica che vinse l'oro nel '54 ed infine, ottenuta la cittadinanza spagnola fece anche quattro apparizioni con la Spagna (tra il 1961 e il 1962, senza però segnare reti). Militò in due sole squadre come calciatore, ma ne guidò tante sparse per il mondo, come allenatore.

Ovviamente, la parte centrale dell'analisi di questo post fa riferimento agli anni di militanza nel Real Madrid della Spagna franchista. Il calcio contribuì a migliorare le relazioni internazionali di un stato guidato dall'unico governo di estrema destra sopravvissuto alla Seconda Guerra Mondiale, anche se occorsero più di vent'anni per migliorare lentamente la considerazione dei paesi vincitori nei confronti degli spagnoli.

Stavolta dunque, a causa della crisi dell'Ungheria fu la Spagna calcistica ad ottenere risultati importanti, e tali risultati giovarono alla dittatura spagnola, franchista e di stampo fascista in quanto -secondo quanto riporta l'articolo di Camilli- anche grazie alle vittorie del Real Madrid, il regime spagnolo dell'epoca riuscì ad ottenere visibilità e a costruirsi una nuova identità nei confronti degli altri paesi, e cioè quegli stessi paesi vincitori della guerra che isolarono la Spagna dal 1945 per un periodo di circa vent'anni.

mercoledì 20 agosto 2014

La politica del calcio - Parte 5: non più il Novara, ora altre squadre sognano il ripescaggio. Tavecchio proroga il termine ultimo per le domande

Quando ormai sembrava cosa fatta per il "ripescaggio" -tra virgolette perché si sarebbe trattato di riammissione- del Novara, Tavecchio apre degli scenari clamorosi: a poter sperare nel ripescaggio vi sono adesso Pisa, Salernitana, Catanzaro, Vicenza ed altre squadre. I criteri per il ripescaggio -come confermato da Tavecchio- restano gli stessi, solo che sono stati riaperti i termini utili a presentare le richieste.

Questo blog aveva già documentato di come, in un post precedente un parlamentare novarese chiedeva -evidentemente per il "suo" Novara- di evitare una Serie B con 21 squadre (quindi a numero dispari), e in un altro post si parlava, tra le altre cose di una lettera firmata dal sindaco di Castellammare di Stabia allo scopo di far ripescare la Juve Stabia. Se per la Juve Stabia i termini erano scaduti, per il Novara il cambiamento del concetto voluto dai legali della società, passato da "ripescaggio" (inammissibile a causa di un precedente illecito dei piemontesi) a "reintegro", non è stato preso in considerazione delle alte cariche istituzionali (il concetto di reintegro è frutto della tesi secondo cui, visto che il campionato viene allargato ad una squadra in più non si può parlare di un ripescaggio nel senso stretto del termine, tuttavia la richiesta del Novara non è parsa -evidentemente- convincente). Tavecchio non ha intenzione di cambiare il regolamento vigente, e pertanto intende parlare esclusivamente di ripescaggio "puro". Lunedì 25 agosto è la data entro cui è stato prorogato il termine per la presentazione delle domande di ripescaggio, inizialmente fissata al 28 luglio.

Una delle società ora in Lega Pro potrà ritornare in serie cadetta, tuttavia la concorrenza è accesissima, e alla finestra restano società quali Pisa, Salernitana, Catanzaro, Vicenza, Juve Stabia e molto probabilmente altre, mentre Novara, Reggina, Albinoleffe, Lecce e Cremonese non saranno prese in considerazione in quanto hanno subìto penalizzazioni per illeciti negli ultimi anni.

La delibera 171/a della Figc che disciplina i ripescaggi, informa che la scelta si baserà su un calcolo che prenderà in considerazione:
  • per il 50% la posizione in classifica dell'ultima stagione, 
  • per il 25% la storicità calcistica della città, che tiene conto delle varie partecipazioni in Serie A, B, C, C1 e C2 (in questo caso i punti si acquisiscono sulla base della categoria disputata dal 1929/30 a oggi, eccetto le stagioni dal 1943/44 al 1945/46),
  •  per il 25% il coefficiente pubblico/bacino d'utenza.
Presentate le domande entro il termine del 25 agosto, verranno effettuate le dovute verifiche, e per le società la cui domanda sarà considerata valida si effettueranno i dovuti calcoli. La squadra che avrà ottenuto il punteggio più alto, alla fine sarà ripescata. Se ve lo steste chiedendo, in caso di parità di punteggio sono previste misure ulteriori utili a valutare chi potrà ottenere il ripescaggio, e queste sono, in ordine di importanza:
  1.  l'ottenimento della Licenza Nazionale (utile a disputare il campionato di competenza) entro l'11 luglio 2014;
  2.  il fatto di non aver ricevuto sanzioni con punti di penalizzazione scontati o da scontarsi nelle stagioni 2013/14 o 2014/15;
  3.  la migliore posizione in classifica "secondo il criterio di cui alla lettera A", cioè quel 50% relativo alla posizione in classifica (incluso il valore della categoria disputata ed eventuali piazzamenti ai play off o ai play out) diverrà il 100%.
Marco Filippeschi (Pd), sindaco della città di una delle squadre maggiormente quotate, il Pisa secondo quanto riportato su di un articolo di pisatoday.it dichiara: "Siamo tranquilli, perché consapevoli delle nostre possibilità", aggiungendo inoltre: "Come sempre siamo vigili quanto rispettosi dei percorsi intrapresi dagli organi federali", raccomandando però una cosa: "Che si seguano le regole fino in fondo, con scrupolo". Ricordando anche che "Il Pisa ha dato prova di serietà di gestione e si è distinto per correttezza e meriti sportivi", accennando anche al calore e alla passione della piazza pisana, concludendo che "Questi non sono punti di partenza da poco".

Sull'argomento è intervenuto anche il sindaco di Vicenza, Achille Variati (anche lui Pd) che ha dichiarato, su un articolo di vicenzatoday.it: "Una parte dei tifosi è contraria al ripescaggio perché considera la promozione non meritata sul campo a causa dei deludenti risultati sportivi degli ultimi anni", tuttavia accennando alla passione dei tifosi e tirando in ballo la storia della squadra mostra convinzione nel dire che "Il Vicenza merita certamente di tornare in B".

Pisa, Salernitana, Catanzaro, Vicenza... chi sarà a vincere questa speciale partita? Sebbene sia anche possibile provare a fare dei calcoli, per saperlo con piena ufficialità non ci resta che aspettare un po' prima dell'inizio del campionato.

martedì 19 agosto 2014

Le origini anarchiche di Argentinos e Chacarita, squadre del campionato argentino

Argentinos Jrs. nel 1927
Chacarita: la squadra vincitrice del 1969
In Sud America furono soprattutto gli immigrati europei ad importare ideali anarchici, socialisti e comunisti, così come furono gli stessi immigrati europei ad importare il calcio. Il calcio argentino conta la presenza di alcune squadre in un certo modo legate all'anarchia, come si può leggere in una pagina di ita.anarchopedia.org.

L'Argentinos Juniors è un club fondato nel 1904 con il nome Martires de Chicago in omaggio agli anarchici condattati a morte a Chicago nel 1886, ed il Chacarita Juniors (colori bianco, rosso e nero -questi ultimi due gli stessi dell'anarchia) nacque proprio in una biblioteca anarchica nei pressi di Buones Aires, nel 1906.

Tenendo presente che i calciatori dei primi del Novecento (anno in cui vennero fondati molti club di calcio, e non solo in Argentina) erano dilettanti e dunque molti di loro svolgevano altri lavori, proprio per tale motivo molti di loro, spiega anarchopedia.org, avevano simpatie per l'anarchismo, il socialismo e il comunismo- e tanti erano iscritti alla FORA, storica organizzazione anarchica e comunista libertaria argentina.

L'Associacion Atletica Argentinos Juniors è una polisportiva con sede a Buenos Aires nota soprattutto per il calcio (ha anche il calcio a 5, la pallacanestro, la pallamano, l'hockey ed il taekwondo), da questo club sono "nati" calcisticamente diversi calciatori, fra cui i più famosi Fernando Redondo, Juan Roman Riquelme e Diego Armando Maradona. Vanta la vittoria di 3 campionati argentini, 1 Coppa Libertadores, 1 Coppa Interamericana. Le vittorie ottenute dalla squadra risalgono soprattutto nel periodo tra il 1984 e il 1986, escluso il campionato vinto nel 2010. Il primo nome del club, fu -come più su già menzionato- un omaggio ai Martiri di Chicago, ossia gli otto anarchici imprigionati o impiccati in seguito alla Rivolta di Haymarket.

La rivolta di Haymarket avvenne a Chichago in Illinois (Usa), il 4 maggio 1886: si tenne un raduno di lavoratori ed attivisti anarchici in piazza Haymarket per supportare i lavoratori in sciopero. Uno sconosciuto lanciò una bomba su un gruppo di poliziotti, ed uno di questi poliziotti morì all'istante. Fu il caos, e altri sette agenti vennero uccisi da fuoco amico, proprio come molti civili. A seguito di ciò vi fu un processo che portò alla condanna a morte per impiccagione di otto lavoratori anarchici di origine tedesca, anche se in seguito vennero riconosciuti innocenti. Questi fatti rientrano tra tutte le lotte degli operai ricordate dalla Festa dei Lavoratori.

Tornando al mondo calcistico, le origini anarchiche dell'Argentinos sono tra le principali cause del gemellaggio con il Chacarita Juniors. Il Club Atletico Chacarita Juniors ha sede a Villa Maipù (provincia di Buenos Aires), e milita attualmente nella terza serie del campionato argentino, cioè la Primera B Metropolitana (l'Argentinos invece si ritrova attualmente in Primera B Nacional, ossia la Serie B argentina dopo la retrocessione avvenuta matematicamente nell'aprile 2014). Il Chacarita conta come titolo quello del Campionato Metropolitano del 1969, ossia l'unica competizione di particolare rilievo vinta da questo club, che tuttavia è stato in più occasioni nel massimo campionato argentino e può vantare la vittoria di due campionati di secondo livello e 1 di terzo livello. Anche questa società conta, oltre al calcio, altre discipline sportive.

lunedì 18 agosto 2014

Iran, 2010: le ipotesi di Mottaki nel Mondiale in Sudafrica

Un incontro del Mondiale in Sudafrica (Brasile-Corea del Nord)
Anche oggi questo blog si occupa del rapporto calcistico-politico iraniano, soffermandosi però su un aspetto particolare circoscritto ad un periodo di tempo ben determinato: il 2010.

Nel 2010, come si è visto nel post di ieri (articolo che analizzava l'andamento calcistico e le relazioni internazionali dei persiani negli ultimi decenni) l'Iran non si qualificò al Mondiale di Sudafrica.

Il governo brasiliano espresse solidarietà al governo iraniano, e quest'ultimo si ritrovò tra l'altro in pessimi rapporti con Israele, il che peggiorò ulteriormente, in quegli anni a cavallo tra la seconda metà degli anni duemila e la prima metà degli anni duemiladieci, le relazioni diplomatiche tra l'Iran e diversi altri paesi occidentali, ma col Brasile vi fu una sorta di alleanza. E questo spiega, secondo alcuni blogger che scrissero dei post in quel periodo il motivo per cui la Seleçao verdeoro venne eliminata dalla competizione.

Qualche mese prima della manifestazione, in Iran si fece sentire con forza l'Onda Verde (anche Green Movement), movimento che diede origine alle proteste di cui si è già discusso sul post di ieri relative alla rielezione del presidente iraniano Ahmadinejad, reo -secondo il movimento (e forse non ha avuto tutti i torti, se si ci si informa su cosa quel governo imponeva al popolo di fare e non fare)- di essere un simbolo di antiliberalismo, oscurantismo e repressivismo pur avendo ottenuto -in sede di rielezione- oltre il 62% dei consensi. Accuse di brogli provenienti dalle opposizioni e dagli altri candidati, evidentemente contribuirono ancora di più a scatenare la rabbia del movimento Verde, che appoggiava principalmente il riformista Moussavi (che prese solo il 33% su un totale di 85% di votanti), mentre l'altro candidato fu l'altrettanto riformista Karrubi.

Spiegato a grandi linee di che si tratta quando si parla del movimento iraniano dell'Onda Verde, un sostenitore di questo movimento dal suo blog -spiega Panorama.it con un articolo firmato da "Farian"- scrisse "il Brasile ha perso per cause divine, è Dio che ha punito i brasiliani per avere sostenuto le autorità iraniane"; un altro blogger scrisse che "a colpire i brasiliani è stata la maledizione degli iraniani". Un altro blogger ancora, ironicamente rivolto al ministro degli Esteri iraniano del periodo, Manucher Mottaki chiese se a causa della fuoriuscita del Brasile il ministro volesse "prendere i calciatori brasiliani e spedirli a Kahrizan (il carcere in cui almeno tre dimostranti dell'Onda Verde morirono a causa delle torture subite) per dare loro una lezione".

Lo stesso Mottaki rilasciò delle dichiarazioni al quotidiano Tehran Emruz, le quali -spiega l'articolo già citato di Panorama.it- fecero scaturire tra le altre, le affermazioni di alcuni blogger sopra riportate. Le affermazioni di Mottaki, in sostanza, tesero a dimostrare che nel Mondale 2010 vi si trovano delle significative correlazioni tra politica, diplomazia e calcio, e che USA, Francia e Inghilterra (per il Regno Unito) vennero subito eliminate poiché in quel periodo imposero sanzioni all'Iran e al suo programma nucleare.

Il Mondiale 2010 venne vinto dalla Spagna, e le big eliminate al primo turno furono Francia e Italia, mentre le nazionali eliminate agli Ottavi furono, tra le altre USA (1-2 col Ghana), Inghilterra (1-4 con la Germania), Portogallo (0-1 con la Spagna). Il Brasile venne fatto fuori ai Quarti, dai Paesi Bassi perdendo 1-2 (Robinho portò i verdeoro in vantaggio al 10', ma una doppietta di Sneijder nel secondo tempo conferì la vittoria degli arancioni). La finale fu tra Paesi Bassi e Spagna, e la competizione venne vinta dalla Spagna (grazie alla rete di Iniesta nei tempi supplementari).

Conclusioni: è possibile parlare di influenza politica per quanto concerne lo svolgimento del mondiale in Sudafrica? La risposta più appropriata -a detta di chi scrive- è che non vi sono sufficienti elementi utili per poterlo dimostrare. Se per quanto concerne l'Iran le coincidenze, come nel post di ieri viene osservato, tra andamento della diplomazia internazionale e andamento della Nazionale possono risultare significative, per il Mondiale non si capisce bene a favore di quale parte in causa si ottenne il risultato finale di vittoria della Spagna, selezione tra l'altro fortissima di suo in quegli anni.

Di questa vicenda, è utile sottolineare il fatto -che è anche la notizia base di questo post- che un politico con una certa visibilita in quanto ministro, si è esposto con delle esternazioni volte ad evidenziare dei dubbi circa il corretto svolgimento di una importante manifestazione calcistica, e che tali dubbi sarebbero il frutto di gravi questioni politiche. La replica di alcuni blogger dopo la sconfitta del Brasile è un ulteriore tassello utile a completare quella che rappresenta la notizia base.

Un'altra lettura di tutta la questione può riguardare, in modo equo tutte le nazionali chiamate in causa dalle diverse parti: USA, Francia, Inghilterra (per il Regno Unito) e Brasile. Si potrebbe ipotizzare che le tensioni interne alle nazioni cui queste selezioni rappresentano, contribuirono in qualche modo alle varie eliminazioni dalla competizione, influirono cioè sulle prestazioni delle squadre nazionali indipendentemente dalla parte chiamata in causa, e forse anche involontariamente. Tuttavia, è difficile se non impossibile rintracciare sufficienti prove utili a dimostrare quest'altra tesi sempre ammesso che porti al vero. Non vi sono insomma validi indizi per gridare al complotto: perché dunque farlo? Vista l'indisponibilità di prove, non è più gradevole pensare che la manifestazione sia stata svolta senza influenze politiche sui risultati delle partite, e che a trionfare siano invece stati principalmente agonismo, senso di competizione e sportività in senso generale?

Autore foto: Marcello Casal Jr/Abr

domenica 17 agosto 2014

Iran, calcio e politica: andamento della Nazionale e della situazione socio-politica negli ultimi decenni

Iran contro Angola, Mondiale 2006 
Nel corso degli ultimi decenni, la nazionale di calcio iraniana sembra andare di pari passo con le vicende e gli sviluppi accorsi allo stato persiano.

Durante gli anni settanta questa nazione si affermò quale grande potenza nella relazione con gli stati dell'Ovest, e in tale situazione la sua nazionale vinse tre volte la Coppa delle nazioni asiatiche e per la prima volta partecipò alla Coppa del Mondo del 1979. Proprio in quell'anno in Iran ebbe inizio la Rivoluzione Islamica, che durò per quindici anni. In questo periodo la tensione ed il rifiuto per le regole della politica internazionale, ebbero delle conseguenze in ambito non solamente politico ma anche sportivo.

Si disse non a caso, in un articolo precedente, tra le altre cose che il calcio in Iran, dal 1979 e fino alla fine degli anni ottanta venne messo abbondantemente da parte, e questo perché vi fu dapprima la rivoluzione islamica, poi una situazione di contrasti con gli americani, ostaggi, azzardi e morti -risolta con un accordo, come meglio specificato nel precedente post di cui si parla qualche riga più su- seguiti dalla guerra tra questo stato e quello dell'Iraq, guerra durata per 8 anni fino alla risoluzione dell'ONU del 1988.

Successivamente fino al 2005, sotto i due mandati del presidente riformista Jatami si ha una sorta di nuova apertura al mondo, e ciò coincise con la partecipazione della nazionale iraniana a diverse manifestazioni internazionali, ottenendo tra l'altro due qualificazioni al Mondiale: nel 1998 e nel 2006.
Non solo: questo senso di ritrovata armonia in ambito internazionale coincise con l'ingaggio di c.t. stranieri alla guida della Nazionale (il brasiliano Vieira, e i croati Ivic, Blazevic ed Ivanovic) e in più diversi calciatori iraniani approdarono nel campionato tedesco, negli Emirati Arabi Uniti o nella città-stato di Singapore (che ha un campionato locale).

Dal 2005, in seguito all'elezione alla presidenza della Repubblica iraniana di Mahmoud Ahmadinejad si ha una politica di rifiuto verso qualunque forma di apertura, e conseguentemente un forte controllo del governo sullo sport e le relative federazioni. Inoltre, dopo la deludente batosta nel Mondiale Germania 2006, il governo stesso licenziò il presidente della federazione. Ma c'è dell'altro: la federazione, nel 2005 per rispetto dei valori islamici vietò ai calciatori di assumere un aspetto simile a quello occidentale, e quindi non gli era concesso indossare orecchini, maglie attillate o di portare barbe non curate, code di cavallo, capelli ricci, e tutto ciò che ricordasse l'Ovest.

La chiusura imposta dal presidente della Repubblica nel 2006, come raccontato coincise con una brutta prestazione al Mondiale, e con un licenziamento forzato che la Fifa non gradì, e per tale motivo sospese la nazionale iraniana di calcio nel novembre 2006 fino a quando non si trovò una soluzione in linea con gli statuti della Figc nel dicembre 2006.

La nazionale in seguito vinse il Campionato dell'Asia occidentale, nel 2007 e nel 2008 e ottenne un secondo posto nel 2010. Nel frattempo giunse fino ai quarti di finale nella Coppa d'Asia 2007 e 2011; tuttavia non ottenne la qualificazione al Mondiale Sudafrica 2010. La nazionale di quegli anni risultò competitiva in ambito asiatico, tuttavia fuori dal continente deluse ancora una volta. Questa mancanza di risultati importanti al di fuori dell'Asia da parte della prima squadra nazionale si manifestò in un periodo che incluse delle tensioni sociali interne al Paese: il 13 giugno 2009 infatti venne rieletto Ahmadinejad -che venne criticato fortemente negli anni passati per le sue posizioni politiche conservatrici e di eccessivo distacco e contrasto verso l'Occidente e gli altri stati, per esempio con affermazioni quali "La sparizione dalla carta geografica dello Stato di Israele", che scaturirono inevitabili reazioni sia di Israele che della comunità internazionale che sostiene lo stato ebraico- ma l'opposizione sospettò brogli. Tale rielezione causò scontri di piazza, manifestazioni non autorizzate, morti causate dall'intervento delle forze dell'ordine, intervento giudicato eccessivo persino da alcune figure dello stesso governo.

Il 14 giugno 2013 venne eletto quale nuovo presidente della Repubblica dell'Iran Hassan Rouhani, con il 52,7% delle preferenze: un risultato davvero notevole. Il nuovo presidente era dato per favorito sin da subito. Politicamente riformista e moderato, gareggiò contro alcuni candidati conservatori, ottenendo alla fine la vittoria. La maggior parte dei suoi voti provennero dalla classe media e dai giovani. Tale successo viene spiegato come risposta alla fallimentare politica conservatrice di Ahmadinejad, accusato anche di brogli alle precedenti elezioni. La nazionale iraniana intanto ottenne la qualificazione al mondiale 2014 piazzandosi al primo posto nel giorone A finale di qualificazione dopo la partita contro la Corea del Sud vinta 1-0 (60’ Goochannejhad) il giorno 18 giugno 2013, pochi giorni dopo l'elezione di Rouhani: si tratta di una coincidenza in un certo modo significativa.

sabato 16 agosto 2014

Elementi di anarchismo e di estrema sinistra nel calcio del Messico

Stadio dell'Atlas 
(autore foto: Joel Espinosa from Guadalajara, Jalisco, México )
Con il presente articolo si offrono ennesimi esempi di contatto, rispetto a quelli mostrati con gli articoli precedenti, tra il mondo del calcio e quello della politica.

In Messico la squadra dell'Atlas di Guadalajara è un club che si rispecchia in un simbolo con scudo rosso e nero (colori dell'anarchismo) con in mezzo una grande "A" bianca (visibile su un articolo di it.anarchopedia.org). Il nome completo del club è Club Deportivo Atlas de Guadalajara, e milita nella Prima Divisione, la prima serie del calcio messicano. Fondata il 15 agosto 1916 da un gruppo di giovani appassionati, tra i titoli vinti nell'arco della sua storia, i principali sono 1 campionato di massima serie nel lontano 1951, e 4 coppe nazionali, ottenute tra la seconda metà degli anni quaranta e la seconda metà degli anni sessanta.
Subcomandante Marcos 
(autore foto: Orianomada)
 L'Atlas potrebbe essere stata fondata da anarchici: gli indizi riconducono infatti proprio a quella ideologia politica. Tra l'altro il Messico dimostra un grosso legame tra calcio, anarchia, sinistra e lotte sociali: nello stato messicano del Chiapas, uno di quelli più diffidenti verso il governo centrale, l'EZLN (movimento zapatista) del subcomandante Marcos è noto per organizzare incontri calcistici tra una rappresentanza di neo-zapatisti (da Zapatero, l'ex capo del governo spagnolo di estrema sinistra, che si dimise) e altri gruppi sociali o politici. Risonanza mediatica ebbe, nel 2005 l'ironica e provocatoria lettera -"Perché il calcio deve tornare ad essere uno sport divertente e smettere, ogni tanto, di essere solo un affare"- di sfida all'Inter. La società nerazzurra ha fatto del bene da quelle parti, inviando palloni e magliette, finanziando la costruzione di alcune infrastrutture (come un acquedotto), inviando medicinali e acquistando un'ambulanza a servizio delle popolazioni che vivono a confine tra Messico e Guatemala, allacciando anche delle relazioni con il movimento EZLN di Marcos, il quale in realtà voleva, con quella lettera provocatoria e ironica, ringraziare la società allora di Moratti. Ovviamente questo post non intende osannare la società nerazzurra: se si è nominato tale club citando la beneficenza fatta da quel club in quelle zone, lo si è fatto per dovere di cronaca visto che l'argomento in questa sede investe il particolare rapporto tra calcio messicano, politica, e subcomandante Marcos.

Il subcomandante Marcos è un appellativo che sostituisce il nome del famoso rivoluzionario messicano, leader e portavoce dell'EZLN, cioè Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Grande appassionato di calcio, secondo il governo locale il suo vero nome è Rafael Sebastián Guillén. Il 24 maggio 2014 pone fine al suo personaggio, inscenando una morte simbolica, affermando che "La mia immagine pubblica è diventata una distrazione. Il mio è stato un travestimento pubblicitario", e dichiarando anche che i leader politici non sono necessari. Dichiarazioni che a ben vedere cercano di riflettere quella che è l'ideologia anarchica.

venerdì 15 agosto 2014

Mondiale Italia '34: il primo titolo azzurro

Gol decisivo di Schiavio al Mondiale del 1934 nella finale giocata a Roma 
Con Tavecchio eletto presidente, la Figc ha compiuto un importante passo verso il recupero di punti di riferimento istituzionali all'interno dell'organizzazione del calcio italiano. Il neo presidente ha scelto anche il nuovo commissario tecnico della Nazionale: Antonio Conte (ed è probabile -ma si tratta solo di un'ipotesi- che quest'ultimo si dimise durante quest'estate dalla Juventus proprio per ricoprire la carica di allenatore della squadra azzurra, già vacante al momento della presentazione delle proprie dimissioni).

La squadra azzurra, dopo l'esperienza con Prandelli adesso potrà sperare in un nuovo ciclo che sia magari maggiormente vincente. Il nuovo Ct, stando a quanto dichiarato in campagna elettorale da Tavecchio dovrà essere il supervisore di tutte le squadre azzurre (quindi anche Under 21, Under 20, eccetera) allo scopo di valorizzare i talenti dei giocatori più giovani, per il bene di tutto il calcio del Belpaese.

A proposito di nazionale italiana, questo blog vuol tornare a parlare della storia di questa selezione. In modo generico ha già affrontato a grandi linee quanto avvenne alla nazionale maggiore di calcio in Italia nel periodo fascista. Il relativo post si occupò di descrivere brevemente ciò che accadde in quegli anni, e in modo particolare del ruolo assunto dall'Italia nel Mondiale del 1938 (vinto proprio dagli azzurri). E cosa accadde quando si giocò per la prima volta in Italia, ossia alla seconda edizione del Mondiale, il 1934?

Ricordando che in un altro post precedente si parlò della prima edizione della competizione mondiale svoltasi in Uruguay, la scelta di giocare in Italia fu qualcosa di fortemente voluto dai politici dell'epoca, che già spingevano per ottenere che la competizione si svolgesse in terra italica nel 1930 (e forse per il fatto di aver assegnato quel mondiale all'Uruguay, l'Italia per protesta non vi partecipò). A chi sostenne a quei tempi che le spese utili ad organizzare la competizione in Italia fossero superiori ai ricavi, i rappresentati più alti del PNF (si era, in quel periodo sotto dittatura mussoliniana) risposero che dinnanzi alla popolarità assicurata dall'evento, le perdite economiche potevano essere decisamente giustificate. Il calcio, lo si era ben appreso, era uno di quegli sport con cui poter fare propaganda. La Nazionale italiana divenne ben presto un'importante espressione dello Stato italiano, il quale voleva fortemente farsi conoscere all'estero in modo positivo, organizzando la manifestazione in casa propria.

Quell'anno fu davvero significativo per l'Italia, sebbene si trovasse sotto dittatura: la competizione la organizzò in casa propria (e senza le polemiche dell'occasione sprecata come a Italia '90) e la vinse pure. Si potrebbe giustamente dire che lo scopo dei rappresentanti di spicco del partito fascista venne raggiunto, anche se è vero che spesso si cerca di associare a quel regime tutti i mali del mondo: non si fraintenda, senz'altro è vero che si trattò di un periodo buio per la storia della penisola italiana, specie per quanto concerne la orribile e vergognosa questione degli ebrei, il colonialismo e l'entrata in guerra come alleati dei tedeschi hitleriani, oltre ad altro ancora. Nessuno lo mette in dubbio, però appunto non si può neanche negare che quell'Italia organizzò un evento, lo vinse, ottenne -probabilmente- buona pubblicità in quel periodo, prima dei disastri bellici, sempre ricordando che si trovava sotto dittatura, naturalmente.

L'Italia che vinse quel mondiale del '34 -e anche del '38- è rappresentata ancora oggi da due delle quattro stelle presenti sullo stemma della Figc, e del resto una volta giunta la Liberazione il nuovo governo dell'epoca scelse anche la continuità dello stato, mantenendo alcune delle leggi fatte in epoca fascista.

In finale gli azzurri, guidati da Vittorio Pozzo sconfissero per 2 a 1 la Cecoslovacchia grazie alle reti di Raimundo Orsi (80') e Angelo Schiavio (95', si era già nei tempi supplementari) mentre i cecoslovacchi segnarono al 76' con Antonín Puč.

Da notare che la squadra campione in carica, l'Uruguay -che ospitò anche la precedente competizione- rifiutò di partecipare alla manifestazione italiana proprio come fatto a suo tempo dalla stessa Italia -oltre che da altre squadre europee, per probabile ripicca.

La nazionale italiana di quel periodo, oltre al Mondiale del 1934 vinse successivamente le Olimpiadi del 1936 e -come già ricordato- il Mondiale del 1938: segno che quella selezione, con quell'allenatore, Vittorio Pozzo fu un gruppo vincente e temibile.

Liberata l'Italia dal fascismo, la squadra azzurra vinse poi altri due mondiali: Spagna '82 e Germania 2006. Riuscirà il nuovo commissario tecnico Antonio Conte a riportare la squadra azzurra sul tetto del mondo? Solo il tempo potrà dircelo.

giovedì 14 agosto 2014

Se la Jugoslavia non si fosse separata

Jugoslavia contro Argentina a Italia '90
La politica -proprio come questo blog ha più volte dimostrato- può influenzare il calcio nelle forme più variegate, tra le quali nella forma della dissoluzione di uno stato in più stati indipendenti con la conseguente fine della storia di una gloriosa squadra nazionale.

La Jugoslavia era uno stato sovrano, un contenitore che inglobava tutti gli slavi del sud: croati, macedoni, serbi, montenegrini, bosniaci. Territorio multietnico, a livello calcistico mostrava ottimi segnali da parte della sua nazionale oltre che dal suo campionato interno, composto da club interessanti quali Stella Rossa di Belgrado, Hajduk Spalato, Dinamo Zagabria, Partizan Belgrado che giocavano insieme, andando a costituire uno dei campionati più affascinanti d'Europa. Poi cambiò tutto.

L'ultima partita disputata dalla nazionale jugoslava (per la cronaca, persa per 2-0), nel frattempo già priva di croati e sloveni -indipendenti dal 1991- fu contro l'Olanda, il 25 marzo 1992. E proprio in quel mese nel frattempo iniziava la terrificante guerra di Bosnia.

Le guerre di secessione sono state volute da politici che chiedevano l'indipendenza a cavallo di una pesante crisi economica che colpì lo Stato (per molti quella crisi fu un alibi perfetto per i politici per ottenere l'autonomia e raggiungere così i propri fini). Le conseguenze dettate dal nazionalismo si notano ancora oggi, ad esempio in Bosnia, come raccontato in un precedente articolo. L'unione di tutti gli slavi del sud svanì, e le ripercussioni sul pallone furono a tratti drammatiche, se si pensa che il calcio jugoslavo era in forte crescita e avrebbe potuto far sentire forte la propria voce, sia a livello di nazionale che a livello di club, con quella Stella Rossa di Belgrado (Serbia) che era un inno alla multietnicità quando nel 1991 vinse la Coppa dei Campioni battendo ai rigori il Marsiglia, avendo in rosa macedoni (come Pancev), serbi (Mihajlovic), croati (Prosinecki), e montenegrini (Savicevic). Nella stagione seguente il club si aggiudicò poi la Coppa Intercontinentale.

Secondo un articolo on line del Corriere della Sera quella nazionale avrebbe potuto vincere tutto. Nel 1992 avrebbe sicuramente fatto una gran bella figura all'Europeo svedese -basta solo pensare che quella squadra avrebbe fatto scendere in campo gente del calibro di Boban, Savicevic, Mijatovic, Mihajlovic... ma venne squalificata per la guerra di secessione in atto. Vinse anche un un Mondiale Under 20, nel 1987, segno che la nazionale maggiore prometteva grandi cose per gli anni a venire: infatti in quella selezione avevano giocato tra gli altri Boban, Suker e Mijatovic, coloro che avrebbero potuto rappresentare la nazionale jugoslava maggiore nel 1992.

A onor del vero, la nazionale jugoslava maggiore, a parte la sfiorata vittoria contro l'URSS nel 1960, e anche la sfiorata vittoria dell'Europeo contro l'Italia nel 1968  non ha ottenuto grandissimi risultati e non ha vinto nulla (a livello di squadra maggiore), ma se non avesse perso pezzi già nel 1991 con l'ottenimente dell'indipendenza da parte di Croazia e Slovenia, con tutti i giocatori di valore che aveva avrebbe potuto veramente diventare il "Brasile d'Europa".

Le terre un tempo jugoslave, dopo la separazione non hanno fatto vedere nulla più di interessante se non un terzo posto della Croazia al Mondiale Francia '98. Attualmente l'erede della nazionale jugoslava è la Serbia: così hanno deciso Fifa e Uefa, mentre le altre nazionali nate dalla scissione vengono considerate nazionali nuove a tutti gli effetti.

mercoledì 13 agosto 2014

2011: il Movimento 5 Stelle di Rovigo ed il calcio locale

La città di Rovigo
Raramente il Movimento 5 Stelle si occupa di argomenti calcistici in chiave propositiva, eppure è capitato. Un esponente del Movimento, ex giocatore del Rovigo Massimo Dall'Aglio in un articolo, risalente a luglio 2011, pubblicato sul sito del M5S Rovigo affermò di essere stato contattato tramite e-mail dall'associazione Amici del Calcio di Rovigo preoccupati per le sorti della società di calcio, che nel 2011 visse un periodo veramente difficile, fallendo e facendo provvisoriamente scomparire il calcio nel capoluogo di provincia del Veneto.

Ovviamente, essendo di Rovigo anche Massimo Dell'Aglio, oltre ad essere stato un calciatore di quella squadra nel suo articolo ricordò anche di quando suo nonno e suo padre lo portavano ad assistere agli incontri del club.

Il Rovigo è una società che originariamente venne fondata nel 1916, ma nel 2011 fallì per poi essere rifondata nel 2012 grazie al titolo sportivo che era del Lape Ceregnano (mediante un cambio di nome e sede), che già nella stagione precedente giocava nello stadio del Rovigo per colmare la mancanza di calcio nel capoluogo di provincia veneto. Milita attualmente nel campionato di Eccellenza, mentre tra gli anni trenta e quaranta è stato in Serie C fino al 1950, poi ha frequentato tanto dilettantismo oltre a due comparse in Serie C2 (2006/07, 2007/08, 2008/09) per poi tornare in Serie D, e quindi -come già detto- fallire (2011), e rinascere (2012).

La città di Rovigo ha come primo cittadino un commissario prefettizio, Claudio Ventrice e questo da luglio 2014, mentre in precedenza, a cominciare da luglio 2011 il sindaco è stato Bruno Piva, del Pdl poi Forza Italia che in seguito -dopo 4 anni di amministrazione cittadina- si dimise per una questione in cui la maggioranza non lo sostenne.

Quella di Dell'Aglio -ne è certo, stando a quanto scrisse- è anche la posizione del Movimento 5 Stelle: per far ritornare il calcio a buoni livelli nella cittadina veneta serve serietà gestionale, perché non bisogna mai fare "il passo più lungo della gamba" e dunque rischiare di avere dei giocatori in rosa che non percepiscono lo stipendio e degli spogliatoi senza l'acqua calda per la doccia.

Quello che serve al Rovigo è una società solida e in regola con i bilanci, con seri programmi sul settore giovanile, che fornisca alla città una funzione sociale che valorizzi i talenti.

Dichiara poi che il Movimento 5 Stelle sarà vigile "affinché la politica resti fuori dal calcio in nome della massima trasparenza". E non importa se il club sarà costretto, per pura ipotesi a ripartire dal campionato di Promozione: vorrà dire che "sarà una lunga ma gloriosa rinascita" (non è ripartito dal torneo di Promozione, come spiegato sopra, ma da quello di Eccellenza ossia un livello più in alto e questo grazie al titolo della società -che prima giocava con un'altra identità in un'altra città- che ha ridato il calcio a Rovigo).

Solo il tempo potrà dirci se quello in cui crede e spera Massimo Dall'Aglio -la rinascita lunga e gloriosa del club- vedrà compimento, ma negli ultimi due anni i segnali sembrano incoraggianti. Infatti a partire dalla rinascita la squadra si è piazzata al quinto posto in classifica di Eccellenza per due volte consecutivamente, e nella stagione scorsa è stata eliminata ai play off per risalire in D dall'Albano: tutto sommato un inizio che restituisce dignità al calcio locale in quel di Rovigo, solo il tempo potrà però dirci se la squadra riuscirà, prima o poi a tornare nel professionismo.

Autore foto: Threecharlie

martedì 12 agosto 2014

La politica del calcio - Parte 4: Tavecchio nuovo presidente Figc

In questo ultimo periodo, fra ieri e oggi sono accadute varie cose per il calcio italiano:
  • Il nuovo presidente Figc è stato scelto; 
  • Il Coni ha deciso: la Serie B sarà a 22 squadre, ed il Novara attende il ripescaggio: ha infatti maggiori requisiti rispetto alla Juve Stabia perché ha presentato entro i termini utili, cioè il 28 luglio la relativa domanda (nonostante che i primi abbiano scontato sanzioni per aver commesso un illecito sportivo di calcioscommesse nel 2012/13 e nonostante la regola del termine ultimo valga ufficialmente in caso di Serie B a 20 squadre mentre in caso di 22 la questione non è del tutto chiara ed è per questo che le "vespe" di Castellammare assieme al sindaco della città campana sperano ancora, sebbene non abbiano -vale la pena ribadirlo- grosse possibilità giacché il Novara non verrebbe "ripescata" ma "reintegrata", e questa differenza diventa sostanziale e decisiva, in quanto annulla la condizione di non ripescaggio dovuta all'illecito commesso nel 2012/13): il blog ha raccontato sia del Novara che della Juve Stabia, con politici in prima linea per la causa delle rispettive società attualmente in Lega Pro;
  • Sono stati stilati i calendari dei gironi di Lega Pro e sono stati compilati i gironi di Serie D.
Carlo Tavecchio è stato eletto con il 63,63% mentre Demetrio Albertini si è fermato al 33,95% e le schede bianche sono state il 2,42%. Ciascuna componente dell'assemblea (Serie A, B, Lega Pro, allenatori, arbitri, calciatori) aveva un peso percentuale diversificato, come ricordato in un precedente articolo di questo blog. Al terzo Turno vince il candidato dell'asse Lotito-Galliani, mente società come Juve, Roma e Fiorentina restano con l'amaro in bocca sebbene la vittoria di Tavecchio, proprio al terzo turno -molti articoli in rete così come un post precedente di questo blog ne sono testimoni- sembrava già scritta.

Dunque il caso di Tavecchio, divenuto politico (si veda a riguardo parte 1 e parte 2), e definito da alcuni suoi sostenitori come un pretesto strumentalizzato utile ad abbassarne il consenso, non è comunque servito a non farlo vincere.

Adesso non resta che sperare che i buoni propositi di Tavecchio (il cui programma elettorale è stato riassunto in precedenza anche su questo blog), come quello di dare ulteriore risalto ai giovani talenti italiani vedano una via per l'attuazione. Il nuovo presidente, ora dovrà mettersi all'opera a cominciare dalla scelta del nuovo Commissario Tecnico, che con molta probabilità sarà Antonio Conte, favorito su altri allenatori quali ad esempio Alberto Zaccheroni, già mister della nazionale giapponese.

lunedì 11 agosto 2014

FC Barcelona come espressione della Catalogna

La squadra di calcio del Barça nel 1903 (il club fu fondato nel 1899)
Se precedentemente si è parlato di aiuti politici rivolti alle squadre di calcio spagnole, stavolta il tema intende riguardare quello che le squadre spagnole rappresentano a livello politico, con riferimento particolare al Barcellona, emblema della Catalogna.

Se il Real Madrid, la squadra della capitale rappresenta lo stato centralizzato, il Barcellona è simbolo di indipendenza, e molti esperti spiegano in questo modo la simpatia verso il club blaugrana anche da parte di chi non è catalano ma di altre regioni della Spagna, oltre naturalmente al fatto che si tratta di una squadra altamente vincente.

Il nome per esteso della società è "Futbol Club Barcelona", e si tratta di una polisportiva che trova nel calcio la sua massima espressione. Secondo molti sociologi e storici, la maggioranza dei tifosi del Barça è tale in quanto il club ha sul piano sociale e politico un alto grado di rappresentatività. Infatti questa società negli anni ha espresso una difesa dei valori catalani, pubblicamente preservati in numerose occasioni.

Questo club, massima espressione sociale della Catalogna, sin dalla fondazione ed eccettuato il periodo di dittatura franchista, ha presentato documenti ufficiali in lingua catalana invece che spagnola, si è sempre segnalato per la difesa della cultura e della lingua di questa regione e si è sempre mostrato disponibile nel voler rivendicare sempre più autonomia dallo stato spagnolo, firmando in tre diverse occasioni (1931, 1979 e 2005) dei manifesti di appoggio agli statuti di autonomia.

Questo tipo di comportamenti autonomisti della società blaugrana sono stati pubblicamente riconosciuti e premiati nel 1992, quando le venne conferita la Creu de Sant Jordi, massimo riconoscimento del governo catalano.

Gli studiosi affermano che in ambito internazionale il Barça sia molto più rappresentativo della nazionale di calcio della Catalogna (squadra ovviamente non riconosciuta dalla Fifa e dalla Uefa, anche se ha giocato anche amichevoli con nazionali "vere"), e questo spiega -secondo gli esperti- perché oltre al calcio i blaugrana possiedono anche squadre di altre discipline quali hokey su pista, pallamano, volley, basket, ecc.  Tra l'altro il Barça si è pronunciato per un riconoscimento di tipo internazionale delle selezioni sportive intente a rappresentare direttamente la Catalogna come squadre nazionali.

Oltre all'aspetto dell'autonomia, il Barcellona nei suoi primi decenni di vita raccoglieva fra i suoi simpatizzanti coloro che appoggiavano la repubblica preferendola alla monarchia, ponendosi all'opposto di tante altre squadre di calcio, in primis il Real Madrid.

Dopo il 1977, e cioè a seguito del ritorno della democrazia in Spagna, gli ideali repubblicani vennero progressivamente a mancare ed i rapporti con la corona vennero a migliorare. Il 17 maggio 2006 i re spagnoli assistettero a Parigi all'incontro tra Barcelona e Arsenal, in cui vinsero proprio i catalani. Al termine dell'incontro con loro si complimentò sia l'allora presidente del governo centrale Zapatero, sia i re.

La società è conosciuta anche per l'attività di solidarietà dall'inizio degli anni ottanta, tra cui le donazioni a favore dell'Unicef. Dal punto di vista religioso il club è per lo più espressione cattolica sin dagli anni quaranta, ossia da dopo la Guerra Civile spagnola (sebbene il suo fondatore Hans Gamper e i primi dirigenti furono protestanti) anche per le donazioni che furono fatte dalla società alla chiesa di Montserrat; inoltre il papa Giovanni Paolo II, nel 1982 in visita nella città catalana divenne socio onorario del club anche perché in più occasioni il pontefice espresse simpatia verso il Barcelona.

Il club ha sempre avuto connotazioni sociali e politiche forti. Si può dire che in alcuni casi si sostituisca alla politica, mentre in altri si attivi essa stessa per scopi di natura politica.

Per la stesura di questo articolo, le informazioni sono state ricavate da Wikipedia in lingua italiana, e si tratta di fatti attendibili, dal momento che nella relativa sezione di pagina vengono citate le fonti esterne rispetto alle affermazioni.

domenica 10 agosto 2014

La politica del calcio - Parte 3: ecco come si eleggerà il nuovo presidente della Figc

Il giorno è vicino: domani si vota per il nuovo presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, con Tavecchio favorito sullo sfidante Albertini. In precedenti post, questo blog si è occupato del programma elettorale di Tavecchio, del programma elettorale di Albertini, nonché del fatto che alla vigilia delle elezioni a Tavecchio è stato rimproverato di aver fatto una affermazione infelice, per la quale ha chiesto pubblicamente scusa. Secondo sostenitori di quest'ultimo si sarebbe esagerato nell'enfatizzare le parole dell'attuale presidente della Lega Nazionale Dilettanti (per l'appunto Tavecchio), e a tal proposito Claudio Lotito che lo sostiene ha parlato di killeraggio mediatico.

Nonostante dopo le affermazioni di Tavecchio alcuni club di A abbiano dichiarato di non voler più appoggiare la candidatura di quest'ultimo (per esempio la Fiorentina), costui è comunque in vantaggio sullo sfidante Demetrio Albertini.

Saranno 278 i delegati chiamati alle urne per esprimere il voto, e di questi affinché la votazione possa essere avviata devono essere presenti per almeno la metà più uno. Se non si presentano in numero sufficiente, l'assemblea viene rimandata per una seconda convocazione dove è sufficiente la presenza di un terzo del totale.

L'assemblea completa dei votanti è composta per una parte dalle squadre di A, B e Lega Pro: si tratta cioè dei presidenti di tutte le società professionistiche (20 di Serie A, 21 di Serie B e 60 di Lega Pro); per un'altra parte si tratta di 90 rappresentanti dei dilettanti che hanno ricevuto un mandato di quattro anni delle 15.000 società della Lnd; per un'altra ancora si tratta di 52 delegati dell'Assocalciatori (anche calciatrici), 26 dell'Assoallenatori, 9 dell'Associazione Italiana Arbitri.

Il luogo in cui avverrà la votazione sarà l'Hotel Hilton di Roma, ed ogni componente ha un peso diverso all'interno dell'assemblea: ciascuna categoria ha una percentuale di ponderazione dei voti specifica: i voti della Serie A valgono il 12%, quelli della Serie B il 5%, mentre i voti delle 60 di Lega Pro il 17% per un totale del 34%, stessa percentuale attribuita alle 15.000 società dilettantistiche; i calciatori esprimo il 20% dei voti, gli allenatori valgono il 10%, mentre gli arbitri il 2%.

Secondo il regolamento, il presidente viene eletto al primo turno se ottiene almeno il 75% dei voti. In caso contrario riesce ad essere eletto ottenendo almeno i due terzi del voto complessivo. In caso contrario ancora, basta il 50% più uno dei voti: Tavecchio conta di vincere al terzo turno. Se neanche il terzo turno risultasse sufficiente, si va al quarto turno dove vince chi ottiene la sola percentuale di voti più alta, anche quindi un solo voto in più.

Considerato che c'è anche la possibilità di votare scheda bianca, ed anche che c'è sempre la possibilità che un candidato si ritiri dalla contesa in qualunque momento, e inoltre che non è prevista l'aggiunta di nuovi candidati, visto che il termine per presentare il programma elettorale completo era fissato allo scorso 27 luglio, l'eventuale periodo della Figc privo di un presidente (che è ancora il dimissionario Abete, fino all'11 agosto) potrà essere coperto da un commissariamento. La figura del commissario straordinario viene eventualmente scelta con una delibera della giunta nazionale del Coni.

sabato 9 agosto 2014

L'Associazione Sportiva Roma incita alla caccia...

Una partita della Roma (in maglia bianca). Autore foto: md.faisalzaman from Worcester, MA
Qualcuno, soprattutto tra chi abita a Roma e/o i tifosi romanisti potrebbe pensare: "Ma invece di occuparsi di gestire la città, perché si preoccupano di simili questioni?" Eppure qualcuno al Consiglio comunale del Comune di Roma ha visto la campagna abbonamenti sia per il campionato che per la Champions League della AS Roma, arrivando alla conclusione che la pubblicità istigherebbe ad andare a caccia!

Cosa mostra di così "terribile" questa campagna pubblicitaria? Lupi predatori che si recano in campo con lo slogan "Nessuno ha più fame di noi", per la campagna relativa al campionato, mentre per la Champions lupi predatori sopra la cima di un rilievo che osservano in basso uno stadio in cui sembrano volersi recare.

Il capogruppo della lista civica Marino Sindaco (Ignazio Marino del centro-sinistra è l'attuale sindaco della Capitale) nella persona di Luca Giansanti ha rilasciato recentemente alcune dichiarazioni, in cui si chiede: "Ma davvero è opportuno che l'azienda pubblica di trasporto di Roma ospiti sui suoi mezzi la pubblicità della campagna abbonamenti della Roma, che nello slogan incita alla caccia e al branco?"

Secondo l'ambientalista e presidente della Commissione Ambiente Athos De Luca, sempre del centro-sinistra e per la precisione Pd (partito a cui appartiene il sindaco Ignazio Marino), "Non c'è caccia più innocua che quella della campagna abbonamenti lanciata dalla Roma. Forse l'unica caccia che come ambientalista posso ammettere". E poi, difesa la Roma va all'attacco dell'altra squadra cittadina militante in A, la Lazio, con le seguenti parole: "Non comprendo invece chi nel criticare lo slogan e le immagini pubblicitarie della Roma non dice nulla sulla povera aquila tenuta in cattività, contro il regolamento comunale di tutela degli animali". Il riferimento è ad Olimpia, l'aquila che vola nello Stadio Olimpico ad ogni incontro casalingo della Lazio.

Senza voler prendere una posizione, che sarebbe comunque parziale, lo scrivente del presente post ipotizza che spesso dichiarazioni di questo tipo sono utilissime per avere una risonanza mediatica e farsi pubblicità. Quindi non è da escludere che l'intento di Luca Giansanti che ha attaccato la campagna pubblicitaria della Roma fosse proprio quello di ottenere una maggiore risonanza mediatica attraverso un tema, quello della caccia, che richiama alla sensibilità di molti. Ovviamente non vi sono prove di quanto semplicemente ipotizzato da chi scrive, ma una cosa è certa: la notizia è stata resa pubblica da numerose testate mediatiche. Da notare è anche il fatto che i politici che si sono esposti con le dichiarazioni qui menzionate, sono entrambi a sostegno dell'attuale sindaco, con Giansanti che parla "contro la Roma", e Athos De Luca che difende la Roma e in un certo senso, parlando dell'aquila Olimpia "attacca la Lazio".

venerdì 8 agosto 2014

Inghilterra tra sicurezza ed "hooligans"

Arsenal-Chelsea, 2012
Già a partire dagli anni sessanta, in Inghilterra esisteva una frangia di tifosi molto violenti, detti hooligans. Nel corso degli anni, dopo molti episodi di violenza nel 1989 Margaret Thatcher approvò una legge che schedava i tifosi: il Football Spectators Act. Per assistere a una partita gli spettatori dovevano obbligatoriamente entrare in possesso di una sorta di "tessera del tifoso". La legge però si rivelò controproducente in quanto eccessivamente macchinosa, come risulta segnalato tra le altre cose nel rapporto di Peter Taylor (giudice) sulla Strage di Hillsborugh, in cui morirono 96 tifosi del Liverpool.

Peter Taylor propose allora di risolvere il problema intervenendo sugli stadi, che nei primi anni '90 erano ancora fatiscenti, brutti nonché poco frequentati. Suggerì inoltre di dotare di seggiolini numerati tutti i posti dove prima si assistiva la gara all'inpiedi, ovvero nei posti dove assistere ad una partita costava di meno: il seggiolino numerato serviva ad impedire gli incidenti dovuti all'eccessiva presenza di persone.

In Inghilterra la responsabilità di ciò che avviene sulle tribune nel corso di una partita è di competenza di chi gestisce l'impianto, dunque nella maggior parte dei casi si tratta dei club. Per le leggi britanniche, attualmente è reato tra le altre cose entrare in uno stadio con una bevanda alcolica o con dei petardi, lanciare oggetti in campo e intonare cori razzisti. La società del Manchester United sospese "a tempo indeterminato" un tifoso poiché si era presentato allo stadio con una lattina di birra(!!!).

A partire dai provvedimenti di Taylor gli incidenti tra tifosi e gli episodi di violenza sono diminuiti drasticamente. Sebbene ogni tanto qualche episodio ancora accade si tratta di casi veramente sporadici se si considera, a titolo di esempio, che in Inghilterra gli arresti per reati collegati alle partite di calcio hanno riguardato, nel 2012/13 "solo" 2.456 persone, ossia un numero relativamente basso se si tiene conto che si parla dello 0,01 % dei tifosi totali.

Ciò detto, gli hooligans sono un fenomeno ancora presente nel mondo del calcio inglese, e gli episodi di violenza malgrado le leggi e nonostante i bassissimi numeri relativi agli arresti, comunque accadono, sebbene in maniera ridottissima.

In Inghilterra, nella sola Londra vi sono diversi hooligans, e ciascun gruppo è motivato da precisi orientamenti ideologici: il club del Millwall è sostenuto dai Bushwackers, il West Ham dagli Inter City Film, il Tottenham dai Yid Army, l'Arsenal dai Gooners, ed il Chelsea dagli Headhunters.

Gli Headhunters (cacciatori di teste) sono un gruppo di estrema destra. Il giornalista irlandese Donald MacIntyre nel 1999 si infiltrò tra i membri di questi hooligans del Chelsea, svelando il loro essere altamente razzisti. Tali accuse vennero smentite da uno dei capi storici di questo gruppo, Jason Marrines anche se è di dominio pubblico il fatto che costoro intrattengono rapporti stretti con partiti reazionari quali il National Front ed il British National Party, ed il leader di quest'ultimo partito Nick Griffin ricevette una condanna per incitazione all'odio razziale nel 1998. In più sono anche legati ad alcuni gruppo skinhead e neonazisti come Combat 18 (il cui nome si ispira alle iniziali di Adolf Hitler), gruppo che si rese protagonista dei disordini nel match Irlanda-Inghilterra il 15 febbraio 1995. Di recente gli Headhunters hanno preso parte ad alcuni scontri, come la rissa contro la Soul Crew del Cardiff che contò alcuni feriti. Tra i gemellaggi e i buoni rapporti intrattenuti con altre tifoserie, si segnalano quelli con le italiane Lazio e Verona, notoriamente altrettanto di estrema destra. Questi hooligans nazionalisti e reazionari si considerano protestanti e lealisti, fedeli alla corona e alla Regina, cantano sentitamente l'inno del Regno Unito ed hanno persino rapporti con l'Ulser Defence Association, organizzazione paramilitare volta a difendere gli interessi del Regno Unito in Irlanda del Nord.

Ricapitolando, la violenza negli stadi in Inghilterra esiste, proprio come gli hooligans, e fra questi ultimi spiccano gli Headhunters per le loro posizioni reazionarie e -a detta di molti- xenofobe, in quello che è uno dei paesi più multiculturali al mondo. Tuttavia, grazie a severe leggi ed alla costruzione di stadi controllati, efficienti ed anche belli, la violenza negli stadi anche per merito dei suggerimenti del giudice Peter Taylor (che però -è giusto ricordare anche questo- hanno provocato anche "effetti collaterali" come il notevole aumento del prezzo dei biglietti allo stadio) è un fenomeno che, sebbene presente si manifesta molto più raramente che altrove.

Autore foto: Ronnie Macdonald