lunedì 30 giugno 2014

Prima del Mondiale: Renzi che imitò Dani Alves

Dani Alves
Qualsiasi cosa si faccia in ambito politico-mediatico, lo si fa per delle precise strategie di marketing elettorale, allo scopo di compiacere i già simpatizzanti e di compiacere anche altri potenziali elettori, tentando magari di "scipparli" alla concorrenza. Ogni cosa organizzata a livello mediatico è frutto di una strategia premeditata, non vi è quasi nulla di spontaneo e non calcolato specialmente nei livelli più alti di partiti, movimenti e istituzioni. Tuttavia questi gesti (e dichiarazioni), seppur premeditati possono guadagnarsi il rispetto anche di politologi, intellettuali, e di chi sa i trucchi del mestiere. Naturalmente se il significato esprime qualcosa in linea con il pensiero di questi ultimi.

Per questo una scelta in particolare fatta da Renzi, per quanto propagandistica sia può essere ritenuta ammirevole da coloro che credono che il razzismo sia stupido: del resto la propaganda è quasi sempre presente in politica, sotto varie forme: non dimentichiamoci che, specialmente in Italia ma probabilmente in Europa e anche altrove viviamo nell'era della campagna elettorale permanente, sicché si è sempre a caccia di consensi in vista delle elezioni politiche, amministrative o europee, o delle primarie.

Il gesto contro il razzismo, qualche mese prima di elezioni e Mondiale, fatto dal premier Matteo Renzi ripreso e fotografato sorridente assieme a Cesare Prandelli mister dell'Italia contiene in sé vari significati espliciti, impliciti, subliminali, patologici, e così via. Dei numerosi significati ricavabili da quelle immagini, quello più esplicito e alla portata di chiunque è che Renzi e il c.t. della Nazionale sono antirazzisti. Di implicito appare esservi tra le altre cose il particolare feeling che lega il capo del governo con il c.t. della nazionale. Ma di significati di quell'incontro se ne possono ricavare una marea, come detto qualche riga più su. Voi che state leggendo, ne troverete molto probabilmente altri.

Verso la fine di aprile Renzi ed una delegazione della squadra italiana campione d'Europa di calcio a 5 incontrano il commissario tecnico dell'Italia di calcio a 11. Tra una battuta e l'altra Renzi imita il gesto di Dani Alves (ve lo ricordate?), offrendo una banana anche a Prandelli, che la mangia ben volentieri.

Inoltre Renzi, scrive Gazzetta.it, nel corso dell'incontro ha giocato con un pallone facendosi raccontare le caratteristiche del calcio a 5 dalla delegazione. Renzi, che è stato anche arbitro di calcio a 11 per un certo periodo, nel breve incontro ha incrociato anche il presidente del Coni Malagò. Assieme a Renzi vi era anche Graziano Delrio, il sottosegretario con delega allo sport.

Calcio e politica ancora una volta uniti, talvolta anche per momenti simbolici apprezzabili da molti.

Foto: Dani Alves, autore: Ronnie Macdonald from Chelmsford, United Kingdom

domenica 29 giugno 2014

Mathias Sindelar: storia di un campione antinazista

Austriaco, nato nei primi anni del '900 a Kozlov in Moravia, territorio attualmente sito in Repubblica Ceca e a quei tempi parte dell'Impero austro-ungarico, iniziò ad approcciare col pallone in tenerà età, per le strade di Vienna, ove si trasferì assieme alla famiglia. La famiglia, di origine operaia, non viveva nel lusso, anzi era molto povera e per questo cambiò città. La morte di suo padre poi, avvenuta durante la prima guerra mondiale sul fronte, nella battaglia dell'Isonzo, costrinse il ragazzo Sindelar ad aiutare la madre, lavandaia, al mantenimento della famiglia (oltre a lui come figli vi erano tre sorelle). Così cominciò a fare il meccanico presso un'officina, ma contemporaneamente non perse l'hobby di giocare a calcio.

All'età di 18 anni, nel 1921, esordì in massima serie nell'Hertha Vienna (squadra del quartiere in cui viveva con la famiglia), mostrandosi un giovane talentuso (di ruolo centrocampista o attaccante a seconda dei casi), ma a vent'anni si infortunò per una lesione al menisco del ginocchio destro poiché cadde in piscina. A quei tempi un simile infortunio poteva costare la fine della carriera, ma fortunatamente per lui non fu così: venne operato da Hans Spitzy, famoso medico viennese, e grazie all'intervento nel giro di un anno ritornò a giocare ad alti livelli. Indossò da allora in poi una fasciatura elastica sul ginocchio infortunato.

Nello stesso anno, nel 1924, date le diffocoltà economiche della sua squadra, il talentuso Sindelar venne ceduto all'Austria Vienna, allora squadra campione in carica. Grazie a quest'ultima squadra piena di buoni giocatori, e grazie anche alle sue abilità, Sindelar vinse numerose competizioni, ottenendo una carriera ammirevole. Negli anni '30 era paragonabile solo a Giuseppe Meazza e Gyorgy Sarosi in Ungheria: i tre erano infatti ritenuti i migliori giocatori dell'epoca.

Fu anche leader riconosciuto della sua nazionale, l'Austria. La sua nazionale venne definita come "Wunderteam", ossia squadra delle meraviglie. L'ultima partita giocata con la sua nazionale, fu una gara di propaganda nazista: infatti i tedeschi del furer occuparono il territorio austriaco, e organizzarono una partita "della riunificazione" tra Germania e Austria. Il primo gol proprio di Sindelar (definito anche "Cartavelina" per via del suo aspetto esile), unito al secondo di Sesta regalarono la vittoria agli austriaci. Sindelar festeggiò provocatoriamente sotto la tribuna dei gerarchi nazisti, un gesto abbastanza significativo su come la pensava questo ragazzo politicamente: infatti assieme a Sesta si rifiutò di salutare i gerarchi, contrariamente agli altri compagni.

A 35 anni compiuti si rifiutò di proseguire la carriera in nazionale nella sua nuova patria, la Germania nazista. Anche il compagno autore del secondo gol, Sesta, si rifiutò di vestire tedesco. Sindelar additò come motivazione ufficiale il fatto che era troppo avanti con l'età, anche se in molti ci videro anche dell'altro, e cioè che l'invasione dei nazisti non gli piacque per niente.

Nella finale del Mondiale 1938 apparve come spettatore, entusiasmando una folla che in sua presenza intonò La Marsigliese, e lo fece diventare un simbolo dell'anti nazismo. Morì un anno dopo a Milano per cause misteriose. Sono state fatte diverse ipotesi circa la sua prematura fine, ma non vi è nulla di certo. Lo scrittore austriaco Friedrich Torberg gli dedicò la poesia "Sulla morte di un calciatore", in cui sostenne l'ipotesi per cui il campione austriaco si sarebbe suicidato a causa dell'annessione dell'Austria alla Germania.

sabato 28 giugno 2014

Per conoscere meglio questo blog: cos'è e di cosa si occupa

Quali sono gli obiettivi di questo blog? Di che cosa si occupa esattamente il progetto Calcio&Politica?

Logo del blog Calcio&Politica
Questo articolo speciale parla del contesto a cui appartiene: il blog "Calcio&Politica intrecci e commistioni". Proprio il blog sarà infatti l'oggetto di analisi di questo post. Qual è l'obiettivo di questo metadiscorso? Delineare con maggiore precisione la materia del progetto in esame, ossia capire di cosa si occupa il blog in una maniera più esaustiva. I post pubblicati aumentano giorno dopo giorno dimostrandosi molto variegati luno dall'altro: è arrivato il momento di presentarsi ai lettori in modo chiaro e facilmente riconoscibile, di modo da inquadrare una panoramica esaustiva sul prodotto e sullo scopo di questo progetto.

Lo scopo del blog è quello che si legge nella sua descrizione: raccontare qualsiasi rapporto che intercorre fra due mondi apparentemente molto diversi: da una parte il calcio, e dall'altro la politica. Tenendo presente che è possibile scorgere la "politica" anche nel calcio - per esempio a livello istituzionale, occorre considerare anche che alcuni tratti tipici del calcio e lo sport in generale fanno parte a pieno titolo del modo di intendere oggi la politica, o meglio quello che le gira attorno. E in più spesso la politica si serve del calcio e dello sport allo scopo di distrarre le masse, oppure per fare propaganda, o entrambe.

Andiamo con ordine: ad una prima descrizione, emergono due concetti chiave: il "calcio" e la "politica" che fra loro si intrecciano e si commistionano. Perfetto: vediamo quindi di dare una definizione, anche se non del tutto esaustiva (perché la realtà non è oggettivamente data, ma va interpretata e tale interpretazione è suscettibile di parzialità e revisioni successive) di questi due concetti.

Il calcio nasce come pratica sportiva, ma i suoi effetti investono molte altre sfere dell'agire sociale. Il calcio è anche uno spettacolo, se vogliamo anche una forma d'arte (per esempio certe reti di Ibrahimovic, certi assist di Cristiano Ronaldo, certe punizioni di Andrea Pirlo, certe parate di Gigi Buffon si annoverano come veri e propi "capolavori") dunque anche una forma di comunicazione, e quindi strumento di espressione. Ma questo soltanto per quel che riguarda i calciatori. Come sappiamo il pallone ruota metaforicamente intorno a tifosi, società, arbitri, steward, medici, allenatori, presidenti, forze dell'ordine, federazioni, tornei, coppe, sponsor, pay tv e tanti soldi. Si tratta quindi di un mondo di base (il calcio giocato) che mette in relazione altri mondi, la maggior parte dei quali esisterebbe comunque ma che attraverso il calcio trova nuove modalità per manifestarsi.

Certi tifosi esprimono sé stessi attraverso l'identificarsi con una squadra di calcio, e certe volte oltre alla squadra anche alla comunità dei tifosi di quella stessa squadra, in un meccanismo che da una parte genera un comune sentire e un senso di appartenenza così fondamentale per il genere umano (l'uomo è per definizione un "animale sociale"), dall'altra provoca divisioni, alimenta tensioni, genera odio che spesso si tramuta in violenza. Questo identificarsi con le altre unità della tifoseria spesso riflette anche un comune sentire a livello ideologico e quindi anche in ambito politico.

Il calcio si compone di istituzioni organizzative: AIA, FIGC, Lega Serie A, ecc. le quali hanno delle strutture più o meno gerarchiche, un presidente, siglano accordi e collaborazioni, hanno delle elezioni per stabilire ad esempio chi deve essere presidente del consiglio di assemblea per prendere delle decisioni: in poche parole, in queste istituzioni si fa anche politica. Da una parte la politica fra tifosi a livello ideologico come senso di appartenenza, da un'altra interna alle istituzioni calcistiche, che spesso presentano conseguenze anche importanti su altri aspetti sempre legati al calcio, anche a quello giocato. In effetti, come disse Cesare Pavese "la politica è l'arte di cambiare le cose: tutta la vita è politica". Una simile citazione pare calzare a pennello in questa analisi, dove il termine "politica" s'intravede svariate volte. La "politica dei giovani" è stata negli ultimi anni parte integrante della squadra del Milan, e lo è ancora oggi: una politica voluta guarda caso proprio da un politico, Silvio Berlusconi proprietario della società.

Calcio e politica in senso ampio, come visto si commistionano spesso, e gli esempi potrebbero continuare. Ma a questo punto mi pare più utile riassumere con una breve descrizione cosa si vuole intendere su questo weblog per "calcio": da una parte il calcio giocato, dall'altro il calcio "in senso lato" ovvero tutto quello che gli gira intorno, naturalmente senza esagerare e cercando di trovare quanti più agganci possibili con gli aspetti agonistici.

E per politica cosa si vuole intendere? Vi è un senso stretto, un senso lato e un senso ampio del termine. Per senso stretto si fa riferimento alle istituzioni governative e amministrative, ossia al premier, ai presidenti delle camere, ai ministri, ai sindaci, ai segretari di partito, ai parlamentari, ai militanti, al governo, eccetera e dunque alla politica "dall'alto", ma anche a quella "dal basso" con iniziative politiche di carattere popolare. Per senso lato intendiamo tutto ciò che ruota attorno alla politica: la comunicazione politica, incluso il marketing elettorale e la propaganda; i consulenti di immagine; gli articoli di quotidiani, siti web e blog che parlano di politica; i cittadini e l'opinione pubblica rilevata coi sondaggi; pagine di social network che veicolano delle idee e rendono realizzabili enti ed eventi legati alla politica in senso stretto, e così via; possiamo intendere anche le conseguenze - preferibilmente quelle dirette e visibili - legate alla politica. Per "politica in senso ampio" si può invece, come visto in precedenza persino con gli esempi sul calcio, intendere praticamente qualunque cosa, ed è un concetto che questo blog deve trattare molto parsimoniosamente, perché altrimenti rischia di perdere la propria bussola: meglio quindi concentrarsi sugli aspetti principali della politica dall'alto come dal basso, e anche su qualche tema inerente la politica in senso lato, senza fuoriscire troppo dal seminato.

Definito che cosa si preferisce intendere per "calcio" e per "politica", delineati i limiti di ambedue i termini così come li si vuole concepire, occorre bene tener presente che gli argomenti qui trattati parlano di tutto quello che necessariamente riguarda sia l'uno che l'altro termine, indifferentemente dal come si manifesta tale rapporto. Da una parte dunque il discorso globale del blog si manifesta entro certi limiti più o meno prestabiliti, sulla base della definizione dei due concetti chiave (calcio e politica); dall'altro lato però si lascia la possibilità di dare libero sfogo alla fantasia, svariando sui fronti più diversi, e questa scelta può essere spiegata nell'ottica di varie ragioni.

Il mondo fenomenico è complesso e multisfaccettato, e già solo etichettare qualcosa implica il limitare le possibilità interpretative del mondo stesso. Inoltre, il solo catalogare il discorso del blog come l'insieme di tutti i possibili intrecci che intercorrono fra calcio e politica non solo offre al lettore e ai potenziali lettori già le basi utili ad individuare che cosa propone questo prodotto, già rivolto a un target di pubblico specifico, ma permette allo scrivente, ossia all'autore del blog di svariare su più fronti, liberare la fantasia, arricchire le conoscenze sue e di chi legge e mettere in relazione più porzioni di mondo, evidenziandone laddove possibile eventuali collegamenti.

In definitiva, come si può descrivere l'obiettivo primario del discorso, inteso in senso generale, dell'intero weblog? Raccontare il mondo, attraverso una lente guidata in partenza dalle relazioni fra i mondi di calcio e politica. La base da cui partire sono proprio queste relazioni, poi si narra lo scenario per quello che è, si può parlare anche di piccoli aspetti che non riguardano entrambe le categorie calcio e politica, o addirittura che riguardano altro, come ad esempio la società, le culture ed i costumi, pur però rimanendo ovviamente in quel discorso complessivo attinente all'intreccio, che deve essere il vero argomento protagonista del blog; perché il mondo lo si può analizzare tramite infiniti punti di vista: questo blog il suo lo ha scelto.

Beppe Grillo parla... del Milan!

"Galliani non venderà Balotelli in assenza di compratori, ma al posto di SuperMario hai SuperPippo come allenatore di una squadra di metà classifica. L'importante è non retrocedere". Queste le parole apparse ieri in un post del Blog di Grillo, leader del Movimento 5 Stelle. Parole che si sommano a tutta una serie di affermazioni volte a screditare Silvio Berlusconi. Il post, datato 27 giugno 2014, dal titolo #SilvioStaiSereno parla ironicamente del leader del centrodestra italiano, sia nelle vesti di politico (per cui Forza Italia sarebbe destinata a scomparire) sia in qualità di imprenditore e proprietario di società quali appunto il Milan, oltre a Publitalia e la Mondadori (che "stanno perdendo colpi"). Il post, molto ironico chiama in causa persino il cane Dudù, definendolo fedele rispetto a coloro che lo hanno abbandonato negli anni durante il percorso politico. Insomma: per Grillo l'ex premier sarebbe in difficoltà su tutti i fronti.

Di quanto pubblicato dallo staff grillino l'affermazione sul Milan, sebbene appaia forte da una parte e marginale rispetto al contesto in cui è stata scritta dall'altra, sembrerebbe non lontana dalla realtà rispetto alle ultime due stagioni di Serie A. Ma pare parecchio in controtendenza rispetto ad una società che si sta comunque rinnovando: a cominciare dallo staff dirigenziale, dalla nuova sede "Casa Milan" che ospita anche un museo sulla storia dei rossoneri, passando per i nuovi acquisti (Agliardi, Menez, Alex per adesso, aspettando i prossimi) e l'allenatore, Filippo Inzaghi.

Più che un attacco vero e proprio al Milan, quello dello staff di Grillo sembra normale routine accusatoria, volta in questo caso ad attaccare l'avversario politico. L'attacco all'avversario è qualcosa che c'è praticamente sempre stato in politica. Tuttavia, pur senza dare troppa importanza a delle esternazioni che nel giro di due-tre giorni finiranno nel dimenticatoio, il Milan appare voglioso di smentire le ipotesi grilline e farebbe bene a considerare come uno stimolo in più a giocare meglio quelle parole apparse sul blog di Beppe.

Foto di Cortega9 (autore), fonte Wikimedia Commons

venerdì 27 giugno 2014

Reggio Emilia: quando Prodi chiamò il Sassuolo

Nel mentre si disputa il Mondiale, molte squadre di club non perdono tempo e iniziano a stabilire i progetti futuri per la prossima stagione calcistica 2014/2015. Una delle "favole" più belle del campionato italiano in tempi recenti è il Sassuolo, che ha una storia umile proprio come l'aveva il Chievo circa un decennio fa. La squadra neroverde è riuscita nell'impresa di rimanere in Serie A, e adesso a Sassuolo i tifosi non vedono l'ora di comprendere come sarà composto il nuovo organico attraverso le trattative di calciomercato.

Il Sassuolo è una squadra che ha sede nella città omonima in provincia di Modena. Quando militava nelle serie minori si esibiva, per le partite di casa, in un impianto di Sassuolo, lo Stadio Enzo Ricci. Ma poi il regolamento costrinse i neroverdi a "traslocare", una volta giunti in Serie B, a Modena condividendo l'impianto, il Braglia, con la squadra del capoluogo. In seguito la società approdata in Serie A, per la stagione 2013/2014 optò di giocare nella vicina Reggio Emilia.

La scelta di giocare presso lo Stadio del Tricolore fu consigliata anche da un reggiano illustre quale Romano Prodi (nativo di Scandiano, provincia di Reggio Emilia). Una telefonata fra Prodi e Giorgio Squinzi (chimico, imprenditore, presidente di Confindustria e proprietario del Sassuolo) avrebbe in qualche modo accelerato le trattative per il cambio dello stadio. Infatti, l'idea di riavere a Reggio la serie A e di rivedere le big italiane è qualcosa che senza dubbio fa del bene al capoluogo reggiano, che presenta uno degli stadi più all'avanguardia in Italia, insieme allo Juventus Stadium.

Un accordo tra la Reggiana e il Sassuolo, società attratta anche dalla possibilità di importanti ricavi economici partecipando alla gestione del marketing dello stadio che sottraette a Modena il massimo campionato nazionale, ma del resto la maggioranza dei modenesi a quanto sembra non ha mai visto con simpatia i cugini neroverdi. Dunque il Mapei Stadium - Città del Tricolore, sorto nel 1995, ospita tuttora due realtà calcistiche: la Reggiana (un tempo in A ora in C) e il Sassuolo.

Prima di questo accordo un consigliere regionale, Mauro Manfredini (Lega Nord) di Modena, infastidito dalla telefonata di Romano Prodi si rivolse proprio al sindaco di Modena, Giorgio Pighi (Partito Democratico) perché fermasse le trattative in atto e convincesse il Sassuolo a rimanere allo Stadio Braglia. Ma alla fine la scelta neroverde fu quella del Mapei - Citta del Tricolore. Da notare che nel nome quel "Mapei" aggiunto di recente è l'azienda di proprietà dello stesso patron del Sassuolo.

Cosa avrebbe di più Reggio Emilia rispetto a Modena? Uno stadio nuovo e moderno, costruito sul modello inglese. Un gioello che meritava senza dubbio che al suo interno vi giocasse una squadra di A (l'Italia è nota per avere nella maggior parte dei casi degli stadi vecchi e fatiscenti, ai quali viene attribuita parte della responsabilità per cui la gente preferisce guardare le partite in TV invece che dal vivo). Lo Stadio Enzo Ricci di Sassuolo è nel frattempo diventato il centro di allenamento del club neroverde, la cui squadra mantiene dunque il contatto diretto con la realtà locale che rappresenta.

giovedì 26 giugno 2014

Intrecci tra la nazionale italiana e la politica

Le recentissime dimissioni di Prandelli in seguito alla fuoriuscita dell'Italia dal Mondiale, danno uno spunto utile ad approfondire certi episodi che vedono politici e nazionale azzurra protagonisti.

Questo post vuol raccontare alcuni fatti che intrecciano la politica con la nazionale di calcio italiana. Ciascuno può interpretare liberamente gli eventi come meglio ritiene opportuno: l'obiettivo di questo articolo non è infatti quello di ipotizzare qualcosa andando a ricercare ciò che conferma quanto ipotizzato, rischiando magari di vedere solo ciò che si è prefissato di vedere ed ignorando tutto il resto; lo scopo dell'articolo è semplicemente quello di passare in rassegna determinati episodi di politica che hanno chiamato in causa la selezione calcistica azzurra. Tenendo presente che viviamo, come molti esperti di politica sostengono nell'era della "campagna elettorale permanente" e che dunque alcune affermazioni dei politici andrebbero riviste sulla base della narrazione e ragione d'essere proposta dal partito a cui fa riferimento il singolo politico (tutti i partiti e i movimenti, nessuno escluso, hanno una propria specifica narrazione ed un particolare modo di vedere le cose), mentre altre volte si fa più fatica a comprendere per quale motivo strategico si siano fatte determinate dichiarazioni, ammesso che a monte vi sia una strategia: non possiamo saperlo con certezza, di certo quando in politica o nel calcio si parla pubblicamente, normalmente si sta attenti a ciò che si deve dire. Per queste ragioni si vuole lasciare il lettore libero di giudicare i fatti come meglio crede e ritiene opportuno.

Coloro i quali si occuparono di realizzare la campagna elettorale di Silvio Berlusconi nel 1994 alla fine ottennero la vittoria, per varie ragioni: in primo luogo da una parte la narrazione del già presidente del Milan venne ritenuta credibile, dall'altra si era creato un vuoto politico causato dalla scomparsa di molti partiti tradizionali; ma fu probabilmente importante entro una certa misura anche un'altra scelta effettuata in tale occasione: quella di chiamare il partito col nome di Forza Italia, di avere un simbolo evocatore della bandiera italiana, e di adottare l'azzurro quale colore del movimento politico: infatti a breve si sarebbe tenuto il Mondiale USA '94. Molti esperti di politica considerano almeno credibile quanto appena affermato, ma ovviamente il lettore ha la possibilità di vederci anche dell'altro, o di vederci tutt'altro.

Inoltre, nel 1994 Silvio Berlusconi si alleò con la Lega Nord il cui leader di allora, Umberto Bossi, ha sempre dichiarato di non tifare per l'Italia perché sogna una Padania libera. E infatti esiste anche la nazionale di calcio della Padania, che gioca in tornei non ufficiali.

Quando gli azzurri di Dino Zoff nel 2000 persero in finale l'Europeo, quest'ultimo si dimise e si dimostrò infastidito da certe dichiarazioni di Silvio Berlusconi, allora capo dell'opposizione. Le parole berlusconiane erano le seguenti: «Sono indignato, anche un dilettante avrebbe vinto la partita di domenica. Bastava fermare Zidane, tutto il gioco passava da lui. Se l'avesse marcato Gattuso non sarebbe finita così. Il problema è che uno ha l'intelligenza o non ce l'ha». Si possono attribuire alle parole di Berlusconi le cause scaturenti le dimmissioni di Zoff? Forse, o forse no: magari dietro c'è anche dell'altro, o addirittura c'è tutt'altro: non possiamo saperlo con certezza.

Quando l'Italia vinse il Mondiale 2006 anche alcuni esponenti della Lega Nord si dimostrarono felici per la vittoria, e proprio in tale occasione certe parole di Roberto Calderoli, esponente di spicco del partito, scaturirono delle reazioni polemiche che comunque erano in linea con la visione complessiva del partito. Le parole del leghista furono le seguenti: «Quella di Berlino è una vittoria della nostra identità, dove una squadra che ha schierato lombardi, campani, veneti o calabresi, ha vinto contro una squadra che ha perso, immolando per il risultato la propria identità, schierando negri, islamici e comunisti». Affermazioni controverse che come è facile intuire scaturirono varie reazioni e polemiche.

Infine, tornando alle dimissioni di Prandelli, l'ex c.t. ha dichiarato: «Le mie dimissioni sono irrevocabili: da quando ho firmato il rinnovo, sono partiti attacchi come fossimo un partito politico. Non rubo i soldi dei contribuenti, non ho mai rubato e pago regolarmente le tasse. Ci siamo sentiti aggrediti, non ho mai rubato i soldi. Se sbaglio tecnicamente, invece, è un discorso diverso e mi prendo tutte le responsabilità». Tali attacchi sono partiti da alcuni esponenti politici, in un periodo dove sono stati posti dei limiti agli stipendi dei manager pubblici. Ovviamente però i motivi per cui Prandelli si è dimesso si spiegano innanzitutto per la brutta prestazione al mondiale. E come per gli episodi ricordati in precedenza, il lettore ha naturalmente la possibilità, se lo desidera, di metterci del suo e di vederci anche dell'altro.

mercoledì 25 giugno 2014

Quando il calcio si fa politica e diventa violenza

Congratulazioni alla Grecia, che ieri ha vinto, conquistando in extremis gli ottavi di finale al Mondiale 2014 vincendo per 2 a 1 sulla Costa d'Avorio grazie ai gol dapparima di Samaris e infine di Samaras al 90° su rigore. E peccato per l'Italia, un'altra grande uscita clamorosamente nella fase a gironi.
 
Quando il calcio si fa politica, quando diventa un mezzo di espressione di una nazione, quando una squadra incarna valori profondi e non solamente agonistici, allora il gioco nell'arena diventa qualcosa di più importante di un semplice spettacolo, trasformandosi nell'opportunità di realizzare un riscatto sociale per un intero popolo. Le conseguenze che ne scaturiranno in seguito però possono non essere tutte piacevoli, e a volte qualcuno ci perde la vita.


Proprio la Grecia negli anni passati si è resa protagonista di due episodi molto significativi per quel che concerne il calcio trasformato in una contesa fra patrie. Da una parte la mancata vittoria nella partita dell'europeo 2012 contro la Germania, nel così detto "derby dello spread" (conclusosi 4 a 2 per i tedeschi); dall'altra una sfida storica, contro l'Albania, disputata nel 2004.

Curioso constatare come in entrambe le occasioni la Grecia non vinse. La partita Grecia-Albania fu un match dell'orgoglio, capace di risvegliare ed esaltare il sentimento patriottico degli albanesi che a partire dalla guerra in Kosovo sembrava essersi fortemente indebolito. 

La gara, valida per le qualificazioni al Mondiale 2006 era attesissima, tanto che il giorno prima della partita nella città di Tirana c'era già chi sventolava i vessilli rossi albanesi.

Una precisazione doverosa: le informazioni ed i fatti qui di seguito riportati non vogliono in alcun modo denigrare il popolo ellenico, perché gli episodi di violenza avvengono un po' ovunque nel mondo. Non si vuole nemmeno giudicare e sentenziare sul modo di agire dei governi albanese e greco: si vuole semplicemente raccontare i fatti accaduti, che sono di dominio pubblico. 

La rivalità fra Grecia (in quel momento campione d'Europa in carica) e Albania è di natura geopolitica, e si tratta di qualcosa che ha radici profonde che affondano nella tradizione, e malgrado i buoni rapporti fra i due stati, questa rivalità non è mai svanita. Tanto che il governo albanese tramite il premier Fatos Nano aveva promesso 500mila dollari alla nazionale, qualora avesse battuto gli ellenici. I tifosi di questi ultimi vennero scortati abbondantemente dalla polizia, prima e durante la partita.

Il match, disputato a Tirana, ha visto la Grecia perdere per 2 a 1. Un risultato straordinario, che ha risvegliato l'orgoglio albanese non soltanto in patria, ma ovunque nel mondo: i festeggiamenti sono avvenuti persino in Grecia. Da quelle parti infatti vivono oltre 500mila albanesi, che volevano come gli altri connazionali poter festeggiare la vittoria. Tuttavia alcuni ellenici non lo permisero perché vi fu violenza, auto incendiate, gas lacrimogeni delle forze dell'ordine: caos in punti importanti della nazione greca. Vi fu anche l'accoltellamento, che risultò fatale, di Gramoz Palushi un ventenne che festeggiava con i suoi amici, colpevole di aver sventolato la bandiera rossa.

Un mare di violenza che non lasciò indifferenti i connazionali residenti in patria, dapprima coi media, poi con la politica: il parlamento albanese tenne un minuto di silenzio in onore delle vittime, protestando pubblicamente verso le autorità elleniche. Il ministro dell'interno dell'Albania ha chiesto al suo omologo ellenico di far cessare le violenze, e all'ambasciatore greco a Tirana vennero chieste delle delucidazioni da parte del Ministero affari esteri. Per tutta risposta la colpa venne attribuita, in Grecia, allo stesso governo albanese reo di aver promesso quel premio in denaro di cui sopra, facendola diventare una questione d'onore.

In quel periodo un'operazione della polizia ellenica rimpatriò centinaia di albanesi emigrati in quella terra. Operazione-ricatto definita "fshesa" (letteralmente "scopa", forse ad indicare pulizia in senso ovviamente offensivo), avvenuta ogni qual volta che negli ultimi 20-30 anni vi sono stati problemi fra i due Stati.

D'accordo che il calcio si carica di valori che vanno al di là del semplice agonismo, ma esercitare violenze fisiche più o meno gravi su un'altra persona solo perché tifa una squadra diversa è stupido, e fatti di violenza per questioni legate al calcio, come noto e già più sopra ricordato, avvengono dappertutto.

Si ringrazia balcanicaucaso.org da cui derivano quasi tutte le informazioni utili alla stesura di questo articolo.

martedì 24 giugno 2014

Il calcio italiano nell'era fascista e fino alla Liberazione

Quest'oggi la nazionale italiana deve almeno pareggiare contro l'Uruguay se vuol sperare di ottenere la qualificazione agli ottavi nel mondiale che si sta svolgendo in Brasile. Gli azzurri, battuta l'Inghilterra ormai fuori dalla competizione, si giocano un'occasione importante contro gli uruguaiani. Di certo questo mondiale ci sta regalando davvero molte sorprese, e fra queste gli ottavi già conquistati da parte del Costa Rica. Il girone, allo scadere della partita degli azzurri che comincia alle 18, avrà ottenuto il suo ultimo verdetto, e sapremo finalmente se l'Italia riuscirà a centrare il passaggio al turno successivo.

La squadra azzurra vanta nel corso della sua storia la conquista di diverse competizioni. In un post precedente, prendendo l'esempio della Salernitana del 1927, si è accennato al fatto che il regime fascista apportò numerosi cambiamenti al calcio, e ciò fu dovuto principalmente al fatto che il pallone era ritenuto un valido strumento per fare propaganda. Il fatto che questo sport, il calcio, otteneva così tanti consensi ed era seguitissimo, veniva ritenuto da Mussolini (che fu anche socio della Lazio) e dal regime un campo davvero propizio per ottenere consensi presso il popolo. Tanto che la politica diede una grossa mano alla FIGC allo scopo di organizzare in Italia il mondiale del '34 (vinto proprio dagli azzurri).

La nazionale di calcio dell'Italia, proprio nel periodo della dittatura, vinse ben 2 titoli mondiali, nel '34 e nel '38, assieme ad un oro olimpico nel '36 e 2 Coppe Internazionali (competizione antenata degli europei) nello stesso arco temporale. Erano gli anni di Vittorio Pozzo allenatore e Giuseppe Meazza quale giocatore azzurro, uno dei migliori di sempre.

Al Mondiale del 1938 giocato in Francia, il saluto romano fatto dai calciatori italiani in occasione della partita contro la Norvegia (gara vinta dagli azzurri ai supplementari per 2-1), scatenò un putiferio. La stessa nazionale di Vittorio Pozzo, che deteneva l'imbattibilità a cominciare dal 1935, era divenuta il simbolo dell'Italia fascista, ed indossava come seconda divisa una casacca nera in onore al regime. Gli italiani scappati in decine di migliaia per evitare le carceri fasciste in quanto perseguitati politici, le remavano contro. Ma l'Italia ottenne il bis, grazie a Piola, Meazza, Giovanni Ferrari, Colaussi, Olivieri e ad altri campioni.

Con l'Italia entrata in guerra il 10 giugno 1940, le attività calcistiche nazionali continuarono. Secondo la stampa asservita al regime era la dimostrazione della normalità della situazione, tuttavia gli inglesi già cominciavano a bombardare le città dello stivale.

Vittorio Pozzo, che oltre ad essere commissario unico della nazionale era anche un giornalista, in un suo articolo collegava la scelta italiana di fare proseguire le attività con quella dei tedeschi allora alleati. Il calcio era diventato insomma uno strumento di propaganda di guerra.

E dopo la Liberazione, nel maggio del 1945 la squadra del Torino che ha costituito tra l'altro l'ossatura della stessa nazionale per lungo tempo e fino alla tragedia di Superga del 4 maggio 1949, prese parte a una manifestazione sportiva patriottica, gareggiando contro una rappresentativa lombarda davanti ad un pubblico scelto appositamente da Palmiro Togliatti, leader del partito comunista.

Foto: il tecnico Pozzo portato in trionfo dopo la vittoria del 1934

lunedì 23 giugno 2014

L'Australia calcistica ieri e oggi

Oggi alle 18 la già eliminata Spagna affronterà l'Australia nel gruppo B del Mondiale Brasile 2014. Anche l'Australia è già eliminata, e come la Spagna è ancora a 0 punti, ma a differenza degli iberici  non era tra le favorite della competizione, anzi: già l'essersi riuscita a qualificarsi è significativo, è un passo in avanti.

Gli intrecci tra calcio e politica sono molto frequenti. La storia raccontata sul post di oggi evidenzia come a volte la politica può davvero fare molto per il mondo del pallone, migliorandolo qualitativamente.

In Australia la passione per il calcio non è mai stata grande, e di certo lo sport nazionale principale non è il calcio, bensì il football australiano e il rugby a 13. Il calcio invece viene da taluni australiani ancora oggi ritenuto spregiativamente uno sport per effemminati, rispetto agli altri due appena menzionati. E per lunghissimo tempo, e fino a qualche anno fa non se la passava per nulla bene, veniva considerato lo sport dei wogs, termine utilizzato per indicare spregiativamente gli immigrati non del Regno Unito. Furono infatti gli europei immigrati in Australia (come tedeschi, italiani, serbi, croati, olandesi, ecc.) dopo la seconda guerra mondiale ad introdurre nel nuovissimo continente questo sport, anche detto wogsball, sempre in senso offensivo. Il governo preferì diffondere il rugby a 13 e il football australiano nelle scuole e  per le strade, relegando il calcio a qualcosa di assolutamente marginale.

Una vera e propria impresa, calcolando che i calciatori erano tutti dilettanti, venne compiuta dalla nazionale australiana nel 1973, riuscendosi a qualificare al Mondiale 1974, ma poi vi furono 30 anni di vuoto e silenzio. Il campionato locale, per quanta passione gli immigrati vi misero nell'organizzazione, aveva pochi mezzi e spazi per affermarsi seriamente, ed era tutto svolto a livello dilettantistico. La nazionale poi, militava nella confederazione oceanica, quella cioè più debole.

Qualcosa incominciò a muoversi quando la stazione multiculturale SBS iniziò a trasmettere dagli anni '80 i primi mondiali, rendendoli visibili a tutti gli australiani. Ma la svolta la si ebbe nel 2002, in occasione del mondiale nippo-coreano. Essendo infatti l'Australia abbastanza vicina al Giappone e alla Corea, e avendo quindi praticamente lo stesso fuso orario, ciò consentì agli australiani di guardare le partite in diretta. E proprio in occasione di quel mondiale, evento più seguito delle stesse olimpiadi, disputate proprio a Sidney due anni prima, i politici locali si chiesero come mai l'Australia non si fosse qualificata per la competizione. Fu così che figure come Jonny Warren (calciatore e poi allenatore australiano) cominciarono a raccontare ai politici della situazione degradante in cui versava il calcio in quella nazione.

Fu proprio allora che si creò una commissione allo scopo di riformare questo sport. Sicché il vecchio campionato NSL fu eliminato e sostituito dalla nuova A-League, con squadre nuove senza collegamenti a gruppi etnici. Anche se ancora adesso la base del calcio australiano è composta da immigrati o figli di immigrati ed il pregiudizio verso questo sport esiste ancora, sebbene ormai indebolito, il calcio si sta sempre più ritagliando uno spazio importante nella nazione, nonostante la feroce concorrenza di rugby a 13 e football australiano.

In seguito, e dopo ben 32 anni, l'Australia riuscì a qualificarsi ad un mondiale, Germania 2006. Proprio a partire dal 2006 la nazionale, dopo aver trattato con gli organi competenti, passò dalla confederazione oceanica a quella asiatica. Questo passaggio venne considerato importantissimo, in quanto la selezione australiana ebbe e tuttora ha in questo modo l'opportunità di migliorarsi qualitativamente, grazie alla possibilità di confrontarsi con squadre più forti rispetto alle altre dell'Oceania.

L'Australia si qualificò poi anche alle successive competizioni mondiali, ossia Sudafrica 2010 e l'odierno Brasile 2014.

Tra le coppe vinte: 4 Oceania Nation Cups e 2 secondi posti, nel '98 e nel 2002, e in seguito passata alla confederazione asiatica raggiunge i quarti di Coppa d'Asia nel 2007 e un secondo posto nel 2011.

Un'altra importante svolta per il calcio del nuovissimo continente fu, anche per aumentare l'interesse all'interno e all'estero verso la nuova A-League, l'approdo a Sidney di un calciatore dalla fama mondiale: l'italiano Alessandro Del Piero.

Foto: partita Australia-Oman di Coppa d'Asia 2007. Autore: AsianFC from Australia.
Si ringrazia il blog http://australianopercaso.wordpress.com dal quale sono state ricavate molte informazioni per la stesura di questo post.

domenica 22 giugno 2014

Iran-USA a Francia '98: quando il calcio ammorbidisce le tensioni politiche

Ieri sera la nazionale iraniana ha giocato un discreta gara contro un'Argentina che soltanto attraverso la prodezza del suo gioiello - ovviamente Lionel Messi - nei minuti finali è riuscita ad evitare il pareggio, e a vincere.

I persiani non hanno sfigurato in quella partita, e negli ultimi anni si sono costruiti un nome almeno in ambito continentale, conquistando dal 2000 al 2008 ben 4 coppe dell'Asia Occidentale. Più indietro nel tempo questa nazionale ha vinto anche 3 coppe d'Asia (a cavallo tra gli anni sessanta e settanta). Tuttavia ai mondiali non è mai andata oltre il primo turno, riuscendo nella qualificazione alla competizione in quattro occasioni fra cui a Francia 98, dove avvenne un'importante gara contro gli Stati Uniti.

Sia gli USA che l'Iran si trovavano nello stesso girone, e la partita fra le due selezioni venne giocata all'ultimo turno quando entrambe risultavano già eliminate. Ma il match assunse una valenza che si spinse ben oltre l'aspetto agonistico e della competizione in sé: infatti rifletteva di una tensione dovuta anche a questioni politiche-diplomatiche, per fatti risalenti agli anni settanta e ottanta e legati alla Rivoluzione islamica iraniana. Dopo la rivoluzione, il vecchio sovrano iraniano fu accolto negli USA per curarsi al cancro, e ciò veniva mal visto dal nuovo potere persiano, che temeva che questo potesse preludere ad un accordo per rimettere sul trono proprio il vecchio sovrano. Per tale ragione alcuni studenti penetrarono nell'ambasciata americana a Teheran e presero in ostaggio 52 fra funzionari e diplomatici. Il presidente Carter tentò l'azzardo di salvare gli ostaggi a sorpresa, ma ciò non funzionò, e morirono 8 militari statunitensi. Attraverso la presidenza di Reagan si trovò un accordo: gli USA avrebbero fornito armi agli iraniani per la guerra contro l'Iraq, ed in questo modo gli ostaggi vennero liberati. Caso strano: anche l'Iraq era finanziato e armato dagli USA. Le due nazioni (Iran e Iraq) si diedero battaglia per 8 anni, fino a quando non accettarono la risoluzione dell'ONU nel 1988.

Naturalmente il calcio in Iran, dal '79 e fino alla fine degli anni ottanta venne abbondantemente messo da parte, e riconquistò interesse all'inizio degli anni novanta, periodo che coincise con la avvenuta qualificazione al Mondiale FIFA Francia '98.

I due stati, Iran e USA dopo l'accordo della liberazione degli ostaggi non ebbero più relazioni diplomatiche, e proprio a causa degli eventi degli anni ottanta, il clima era tesissimo. Ma pochi minuti prima del fischio di inizio della partita i giocatori delle due nazionali si abbracciarono e si scambiarono doni e fiori. Ovviamente un fatto del genere ebbe una valenza di portata storica, con il calcio capace di sostituirsi alla diplomazia, ed alleggerire una tensione molto pesante, il tutto agli occhi del mondo collegato in diretta massmediatica. Sul campo come sugli spalti il comportamento fu correttissimo.

Per la cronaca, la partita si concluse con un 2 a 1 per gli iraniani, con marcature di  Estili al 40º, Mehdi Mahdavikia al 79º e Brian McBride all'87º, ed il risultato venne accolto in patria come un trionfo. Si tratta inoltre della prima vittoria assoluta dei persiani nella storia dei mondiali.

sabato 21 giugno 2014

Sulle proteste dei brasiliani - Parte 2

Il calcio giocato è un gran bello spettacolo, e certo questo mondiale ci sta regalando davvero tante emozioni, reti e "sorprese" come la qualificazione del Costa Rica ai danni dell'Italia e dell'Uruguay che ora dovranno giocarsela fra loro nell'ultima gara del gruppo se vogliono passare agli ottavi; nello stesso girone è gia stata fatta fuori l'Inghilterra, così come la Spagna: due grandi nazionali sbattute fuori dalla competizione in un modo davvero inaspettato. Si diceva di un gran bello spettacolo, come la partita tra Francia e Svizzera conclusa ieri sera con uno scoppiettante 5-2 francese e degli elvetici irriconoscibili che comunque possono ancora sperare di qualificarsi agli ottavi.

Da una parte c'è il calcio giocato, dall'altro però c'è il calcio contestato: le proteste del popolo brasiliano non si fermano, anzi continuano inesorabili, e per la FIFA si prospetta un danno di immagine per due motivi principali, di seguito spiegati.

La rabbia dei brasiliani che contestano si spiega per varie ragioni: non soltanto per il fatto che gli stadi costruiti serviranno a ben poco dopo la manifestazione, e non soltanto perché le diseguaglianze sociali in quella nazione sono aumentate negli ultimi anni, e il governo avrebbe dovuto pensare di più al popolo spendendo i soldi usati per gli stadi per cause sociali di certo più urgenti. Non c'è solo quello: la rabbia dei brasiliani deriva anche dal fatto che per fare quegli stati sarebbe stato sottratto denaro ai servizi di base per la popolazione.

L'allegria dei brasiliani, la passione per il pallone, il clima mite e sereno frutto di stereotipi positivi ben mostrati nelle sigle di apertura ufficiali alle trasmissioni televisive che parlano di mondiale, di tutto il mondo, sembrano veramente lontani dalla realtà dei fatti.

La FIFA risulta avere delle grane sia per gli episodi legati a Brasile 2014 per motivi di carattere etico, dove le proteste e le guerriglie contro i poliziotti locali fanno concorrenza alla manifestazione sportiva in fatto di visibilità mediatica, sia per un altro episodio, legato alla presunta poca trasparenza con cui il Qatar si è aggiudicato il mondiale del 2022 e ad una inchiesta del giornale inglese Sunday Times.

Sicché i tanti sponsor legati al mondiale (Sony, McDonalds, Visa, Coca Cola...), allo scopo di non sporcare il proprio marchio presso l'opinione pubblica attraverso le accuse mosse alla FIFA, stanno riducendo al minimo le proprie rispettive campagne pubblicitarie.

Intanto le proteste dei verdeoro proseguono: in occasione della gara USA-Ghana giocata a Natal nello scorso lunedì, sempre a Natal i manifestanti hanno bruciato una bandiera americana, e in seguito nella manifestazione si sono infiltrati i Black Bloc, i quali hanno provocato diversi scontri con le forze dell'ordine pubblico: fermate 15 persone.

venerdì 20 giugno 2014

Perché il Regno Unito gareggia separato?

Ieri pomeriggio l'Inghilterra è stata battuta dall'Uruguay per 2 a 1 (39° Suarez, 75° Rooney - in foto, 85° Suarez) e adesso, con ancora zero punti in classifica - essendo stata battuta anche dall'Italia, nella prima giornata del girone D - è quasi fuori dal Mondiale. Chi lo avrebbe mai pronosticato a inizio competizione? Dopo la Spagna, un'altra grande del calcio europeo e mondiale rischia di diventare la nuova sorpresa negativa di quest'anno.

La Nazionale di calcio inglese è la più antica selezione di foot-ball europeo del mondo (e del resto il calcio come oggi è conosciuto lo hanno inventato loro), assieme ai "cugini" britannici della Scozia. Nella sua storia ha vinto un mondiale nel 1966, ma mai un europeo, giungendo soltanto seconda nel 1996.

Già a partire dal 1° maggio 1707 l'Inghilterra non è uno stato sovrano, ma una delle quattro nazioni costitutive del Regno Unito insieme a Scozia, Galles e Irlanda del Nord (Eire), ciascuna delle quali possiede una propria selezione calcistica nazionale e un proprio campionato locale. Delle quattro, la nazione inglese è l'unica a non costituire un'entità amministrativa, e a non avere un governo proprio.

Londra, situata in Inghilterra, non è la capitale inglese come spesso erroneamente si afferma, bensì del Regno Unito. L'inno dell'Inghilterra cantato anche in occasione delle partite della nazionale, God Save The Queen è in verità l'inno nazionale dell'intero Regno Unito, nonché l'inno reale di alcune nazioni che riconoscono la regina del Regno Unito come capo di stato (Canada, Nuova Zelanda, Australia, ecc. che hanno anche inni nazionali propri). Tuttavia Scozia, Galles ed Eire nelle manifestazioni come quelle sportive adottano quali inni brani che identificano esclusivamente il loro territorio.

Come si può spiegare il fatto che degli stati non sovrani siano trattati come se lo fossero, almeno calcisticamente? Tra i motivi si può individuare il voler salvaguardare le tradizioni locali e conservare dei tratti identitari distinti. In più le quattro squadre sono membre fondatrici dell'IFAB (International Football Association Board) organo internazionale indipendente dalla FIFA che si occupa di scrivere il regolamento del gioco del calcio. E c'è da considerare anche che nella seconda metà del diciottesimo secolo gli incontri internazionali di foot-ball avvenivano soltanto tra le quattro squadre del Regno Unito. La separazione delle nazionali riguarda anche altri sport, come basket, rugby e volley. Si tratta in ogni caso di un'anomalia, di un privilegio tutto particolare.

Il Regno Unito, spesso erroneamente chiamato Gran Bretagna (quest'ultima in verità rappresenta solo una parte del territorio, ed esclude l'Eire), sembra strano ma possiede anche una propria selezione calcistica nazionale. Nei giochi olimpici estivi il Comitato Olimpico Internazionale non riconosce le singole federazioni regionali UK, poiché il suo referente è l'Associazione Olimpica Britannica. Dunque se anche una soltanto delle quattro vuole aderire alle olimpiadi deve farlo sotto le insegne del Regno Unito. In realtà a partecipare è esclusivamente l'Inghilterra con qualche giocatore del Galles (tra l'altro molti calciatori gallesi sono in realtà nati in Inghilterra), ma ufficialmente le altre tre nazioni hanno sempre preso le distanze dal progetto, temendo che un ricongiungimento potesse farle perdere lo status privilegiato di indipendenza calcistica. Forse proprio questo timore è stato una delle cause del lungo periodo di pausa di questa selezione nazionale, durato dal 1972 e fino al 2012. In passato la squadra olimpica era attivissima, pur essendo sempre stata espressione per lo più soltanto inglese, ed era composta principalmente dai calciatori della nazionale inglese dilettanti.

Quindi in realtà la nazionale dell'intero Regno Unito non è mai esistita nei fatti, ma solo nei simboli. La squadra gareggiante coi simboli dello United Kingdom ha vinto due oro, nel 1908 e nel 1912.

In foto: Wayne Rooney, fonte: Wikimedia Commons, attribuzione: Football.ua

giovedì 19 giugno 2014

Politici e calcio: il caso della Salernitana

Proprio oggi ricorre l'anniversario della nascita della Salernitana, la principale squadra di calcio di Salerno.
Tale evento, che vede i "granata" festeggiare il 95° compleanno offre lo spunto per affrontare un aspetto significativo di un tema storico-politico tutto italiano: il massiccio intervento nel calcio da parte della politica, negli anni del regime fascista. La Salernitana fu infatti una delle società che venne rimessa in sesto nel 1927 proprio grazie al volere delle autorità del regime, anche se il club nacque in un primo momento il 19 giugno del 1919.

L'Unione Sportiva Salernitana venne costituita come polisportiva da alcune note personalità del luogo, partecipò ai suoi primi campionati di calcio ottenendo dapprima la promozione nel primo livello del tempo, poi però non superò mai la prima fase a gironi, e in seguito si fuse con l'Audax, altra squadra cittadina, dando origine alla Salernitanaudax nel 1922. La fusione avvenne allo scopo di costruire un sodalizio forte e solido economicamente, ma ciò nonostante, fu costretta a chiudere i battenti attorno al 1925. Il calcio in città continuò mediante un altro club, il Campania Foot-Ball Club che proprio nel 1925-26 venne promosso dalla Terza alla Seconda Divisione.

Nel maggio 1927 grazie all'aiuto dei politici locali venne fondato un nuovo gruppo polisportivo: l'Unione Sportiva Salernitana Fascista (in seguito l'ultimo aggettivo venne tolto, ovviamente dopo la caduta del regime mussoliniano), con l'intento dichiarato di "affasciare" tutte le attività sportive in una sola società. Sicché le migliori squadre di calcio cittadine del tempo, ossia Campania e Libertas (quest'ultima partecipava ai campionati ULIC, non ufficiali) vi confluirono all'interno, col risultato di "donare" alla città di Salerno un club calcistico finalmente stabile economicamente.

Anche se negli anni avrà comunque problemi economici la Salernitana, come noto, non retrocesse mai oltre la terza serie nazionale (Serie C, poi C1), fino al fallimento del 2011 dove ripartì dalla Serie D, anche se il primo fallimento del sodalizio risale al 2005: la Salernitana risorta nel 1927 grazie all'appoggio dei politici durò quindi per 78 anni (ed oscillò prettamente fra seconda e terza serie, vedendo in due occasioni la Serie A), anche se le origini del club, comunque rifondato e attualmente militante in Serie C risalgono come detto al 19 giugno di 95 anni fa.

Foto: la sezione calcististica della Salernitana durante il campionato 1928-29

A proposito del Cile

Ieri il Cile ha fatto il colpaccio: ha battuto la Spagna al Mondiale, per 2 a 0 - con le reti di Eduardo Vargas al 20° e Charles Aranguiz al 43°- qualificandosi alla fase successiva (assieme all'Olanda, nel gruppo B). Una Spagna che, dopo la batosta inflitta dall'Olanda (ricordiamolo: 5-1 per gli arancioni, clamoroso!) è risultata quasi assente, spenta, in crisi (e sì che giocano gli stessi uomini da svariati anni...).

Ma la curiosità spinge a volerne sapere di più su coloro i quali sono stati in grado di battere la squadra Campione del Mondo (e d'Europa) in carica e di farla uscire matematicamente dal Mondiale.

In questa analisi, vorrei partire dagli anni '50 e '60 allo scopo di comprendere quale era la situazione cilena dell'epoca, e come è quella attuale, in un gioco di confronti utili a parlare da una parte della situazione socio-politica dell'epoca e di adesso, dall'altro lato della situazione calcistica di prima e di dopo, andando alla ricerca di quei punti di contatto che legano il mondo del calcio col sistema politico locale.

Negli anni '50 il Cile si trova in una situazione socio-economica non proprio florida per gli standard occidentali. Dopo che il capo dello Stato Gabriel Videla venne escluso dalla politica nel 1952 per via della Guerra Fredda, che imponeva agli occidentali di non avere comunisti nei posti di potere, con l'appoggio dei cittadini risalì al potere Carlos Ibanez del Campo (già al potere nel 1927 e fino al '32 quando si dimise). Ibanez tuttavia perse presto l'appoggio del popolo, a causa di una serie di misure liberiste volte a ravvivare l'economia. Sicché nel '58 fu eletto l'indipendente di destra Jorge Alessandri, a cui spettò la gestione del paese anche dopo il forte - il più forte fino ad ora mai registrato in Cile - terremoto del 1960. Tale evento sismico non impedì che si giocasse il Mondiale in Cile nel 1962.

Proprio il Cile, nel Mondiale del '62 venne inserito nello stesso girone dell'Italia, della Germania Ovest e della Svizzera. Poco prima del match contro gli italiani, i quotidiani de Il Resto del Carlino e de La Nazione pubblicarono alcuni articoli che denunciavano l'estrema povertà del paese, parlando di sottosviluppo, analfabetismo, denutrizione, grande fenomeno di prostituzione, e di alcolismo diffuso. La gara contro l'Italia, definita la Battaglia di Santiago, fu molto tesa e nervosa: dopo una serie di colpi proibiti, al 7° il primo espulso: Giorgio Ferrini (del Torino) che stese Honorino Landa (del Temuco); l'italiano, infuriato fu portato via con forza fuori dal campo dalla polizia cilena. La partita che andò avanti tra falli, discussioni e proteste vide dal minuto 38 l'episodio più clamoroso: mentre il cileno Sanchez che avanzava sulla fascia destra veniva marcato dal milanista Mario David, cadde e rimase a terra. Così David si riprese il pallone, che colpì, e nel gesto prese per sbaglio anche l'atterrato Sanchez (figlio del pugile Juan Sanchez), che si rialzò immediatamente e sferrò un pugno a David, con l'arbitro che lasciò correre. David si "vendicò" qualche minuto dopo, dando un forte calcio a Sanchez, che gli costò l'espulsione. Per la cronaca la gara la vinse il Cile 2-0 (il Mondiale lo vinse il Brasile contro la Cecoslovacchia, e il Cile giunse terzo). Curiosità: gli italiani batteranno il Cile al primo turno del successivo mondiale, per 2 reti a 0.

Il campionato locale del 1962 venne invece vinto dall'Universidad de Chile (in totale 16 titoli), col secondo posto ottenuto dall'Universidad Catolica; il campionato locale appena concluso è stato invece vinto dal Colo-Colo (in totale 30 titoli, record nazionale), col secondo posto dell'Universidad Catolica (che nella sua storia ha vinto 10 campionati, giungendo 8 volte seconda).

Fino a poco tempo fa, la politica cilena ha visto al potere il centro-destra, dopo 20 anni con il centro-sinistra al governo, grazie alla vittoria di Sebastian Piñera nel 2010. Quest'ultimo si è ritrovato dinnanzi al dramma dell'ennesimo terremoto cileno proprio nel 2010, e per affrontare il problema privatizzò delle partecipazioni statali inerenti a miniere ed elettricità, e attuò un piano straordinario di aumento delle tasse. Nell'agosto dello stesso anno vi fu anche un incidente nella miniera di San Josè, ma tutti i minatori furono portati in salvo.

In generale, sotto la presidenza Piñera il Cile è cresciuto economicamente, malgrado la crisi mondiale, e la disoccupazione è stata ridotta, risultando scesa al 6,4% nel 2012.

Nel 2014 Piñera, che non si è ricandidato, è stato sostituito al potere dal socialista Michelle Bachelet.

 In foto alcuni giocatori della Nazionale del Cile in tempi recenti , fonte Flickr, autore:  Jimmy Baikovicius

mercoledì 18 giugno 2014

Storia della Russia fra calcio e politica

La Russia ha giocato questa notte contro la Corea del Sud in occasione dei Mondiali FIFA, pareggiando 1 a 1. Dapprima in svantaggio causa la rete del sudcoreano Lee Keun-Ho al 68', riesce a riequilibrare la gara grazie al gol di Kerzhakov al 74'. Al momento il girone H osserva il Belgio al primo posto con 3 punti, Russia e SudCorea seconde con 1 e Algeria ultima con 0 reti.
La Russia, che tentava di andare a segno grazie alle ripartenze, in generale è stata protagonista assieme agli sfidanti di una gara non particolarmente piacevole, e di sicuro molto equilibrata.

A proposito di Russia: questa terra ha subito alcuni stravolgimenti geopolitici nel corso dei decenni, e di conseguenza anche a livello calcistico questi stravolgimenti hanno avuto il loro peso.

La prima nazionale di calcio della Russia fu quella dell'impero, che venne costituita negli anni '10 del XX secolo ed esordì nel 1912 contro la Finlandia, venendo sconfitta per 2-1. La rappresentativa calcistica dell'impero si esibì poche volte, e non fu una squadra particolarmente temibile: al contrario, si ricorda una sconfitta contro la Germania per 16 a 0!

Dopo la Rivoluzione d'ottobre del 1917, con la vittoria dei bolscevichi che occuparono i punti principali di Mosca, creando il Consiglio dei Commissari del Popolo e facendo nascere la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, la squadra di calcio nazionale si sciolse.

Dal 1917 al 1921 esplose la Guerra civile russa, che vedrà una nuova vittoria dei bolscevichi, stavolta nei confronti dei contro-rivoluzionari. A causa di ciò, nel 1922 venne istituita l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Tutte queste repubbliche erano degli stati che avrebbero forse potuto forgiarsi di una propria squadra nazionale indipendente, come accade tutt'oggi nel Regno Unito (anche se in verità il caso dell'UK rappresenta un'anomalia). Ad ogni modo si giocò uniti, andando a rappresentare la nazionale dell'intera Unione Sovietica nel 1924.

Dunque, dapprima nacque la nazionale della Repubblica Russa nel 1923 che esordì battendo fuori casa l'Estonia per 4-2; poi nel 1924 questa nazionale si trasformò, ampliando i propri confini e diventando la selezione dell'intera URSS, che esordì battendo la Turchia per 3-0.

La nazionale sovietica, inoltre vinse un Europeo nel 1960 e giunse tre volte seconda. Nelle competizioni olimpiche vinse due medaglie d'oro e tre medaglie di bronzo. Ai mondiali ottenne un quarto posto nel 1966.

Nel 1992 avvenne lo smembramento dell'Unione Sovietica, a causa della caduta del Muro di Berlino e della fine delle avversità fra primo e secondo mondo. Il così detto "secondo mondo" scomparve così del tutto. A livello calcistico, la nazionale dell'URSS divenne la Nazionale della CSI (Comunità degli Stati Indipendenti), che si presentò con tale nome all'Europeo del 1992, esordendo battendo il Messico per 2-0. Questa selezione includeva solo 11 delle 15 repubbliche dell'URSS: la Georgia aderì al CSI solo dopo l'europeo, mentre gli stati di Estonia, Lituania e Lettonia avevano già le proprie selezioni calcistiche nazionali. L'Ucraina voleva anche essa l'indipendenza calcistica, per partecipare all'europeo del 1992, ma non la ottenne, e le venne accordata solo in un secondo momento.

Dopo l'europeo, dalla CSI nacque la Nazionale di calcio della Russia: la Russia è considerata infatti anche l'unica erede della nazionale dell'URSS. In più, ai calciatori un tempo dell'URSS (poi della CSI, comunità di stati che esiste tutt'ora) venne chiesto se avere la cittadinanza della propria patria di riferimento (es. Ucraina), oppure diventare cittadini russi e giocare per la nazionale russa. Gli ex ucraini Viktor Onopko ed Andrej Kančel'skis scelsero la seconda opzione.

Infine, la Russia come oggi la conosciamo (quella che ha giocato ieri, per intenderci) sorse proprio dopo l'Europeo del '92, quando le altre repubbliche ottennero proprie selezioni nazionali. Questa squadra ha ottenuto come miglior risultato fino ad oggi la qualificazione alle semifinali europee del 2008. Il prossimo Mondiale 2018, tra l'altro, si giocherà proprio in Russia.

martedì 17 giugno 2014

Portogallo (ancora) umiliato

Certe volte il calcio può rappresentare un modo per prendersi la rivincita, se non altro a livello simbolico. Ma ieri non è stato così, anzi: il Portogallo ha subito ben 4 reti dalla Germania (tripletta di Thomas Muller più la rete di Matts Hummels) in quella che è sembrata essere una vera e propria umiliazione, sia a livello sportivo ma anche - intendendo simbolicamente - dal punto di vista politico con Angela Merkel sugli spalti che esultava per le reti dei suoi connazionali, e poi scendeva negli spogliatoi della squadra al termine della gara per festeggiare coi calciatori. Ultimamente la Germania pare dominare il Portogallo su tutti i fronti. La partita, valevole per il gruppo G del primo turno del mondiale FIFA Brasile 2014, ha visto dettare legge ai tedeschi dall'inizio alla fine, ed il carismatico Cristiano Ronaldo, unico attuale top player per i portoghesi, non ha affatto fornito una buona prova.

Si diceva di umiliazione anche a livello politico per via della presenza della Merkel sugli spalti, ebbene il popolo portoghese, appoggiato dagli intellettuali del Paese è unito proprio contro la Merkel, il cancelliere tedesco ritenuta la principale responsabile della rovina di migliaia e migliaia di persone che vivono in quegli stati UE (fra cui il Portogallo) che obbediscono alle leggi del rigore a ogni costo e a scapito delle fasce deboli della popolazione, seguendo i dettami della Troika, composta da Banca Centrale Europea (BCE), Fondo Monetario Internazionale (FMI) ed Unione Europea. La Troika, ossia l'insieme delle istituzioni che decidono i destini dei paesi dell'eurozona sarebbe, secondo molti euroscettici, ben rappresentata dal volere della Germania e della Merkel.

Come non ricordare la visita del cancelliere tedesco in terra portoghese nel novembre 2012, a Lisbona, per incontrare Pedro Coelho, il premier del Portogallo. In tale occasione, per le strade della città si respirava un'aria di rabbia e angoscia, con migliaia di cittadini a manifestare per le vie nel giorno dello sciopero generale voluto dai sindacati contro l'eccesso di rigore imposto dalla Germania. Ebbene, nel corso della manifestazione per le strade della città la Merkel, che si complimentava per le manovre del governo volte al rigore e invitava il premier portoghese a proseguire per quella strada, veniva paragonata a Hitler su cartelloni e striscioni. Un simile paragone non ha infastidito più di tanto la Merkel, secondo le dichiarazioni della diretta interessata, e questo perché ‹‹la gente ha diritto di esprimere le proprie opinioni››.

Foto 1: azione di gioco di Germania-Portogallo di UEFA Euro 2012, sono raffiguarati Nani (Portogallo) e Philipp Lahm (Germania). Fonte: Wikimedia Commons. Attribuzione: Football.ua

lunedì 16 giugno 2014

Quando le germanie erano due

Tra poco alle 18, ora italiana, la nazionale portoghese affronterà quella tedesca per il mondiale FIFA 2014, in un match che promette davvero molto spettacolo.

La Germania possiede una selezione nazionale di alto valore, non a caso i tedeschi sono considerati tra i favoriti per la vittoria finale della competizione che si sta svolgendo in Brasile. La Germania è una delle squadre storicamente più vincenti al mondo, potendosi vantare di aver disputato sette finali di Mondiale, e sei finali di Europeo, risultando la squadra campione per sei volte, con 3 europei e 3 mondiali vinti.

La storia della nazionale tedesca ha inevitabilmente un legame importante con i fatti politici avvenuti nell'arco dei decenni in terra germanica.

Fondata nel 1908, nel secondo dopoguerra la Nazionale tedesca perse metà del territorio rappresentato: una parte di questa nazionale si scisse, dando vita alla Nazionale di calcio della Germania Est, esistita dal 1952 fino al 1990.

La Germania Est nacque come conseguenza alla secessione avvenuta in terra tedesca, a causa della costruzione del Muro di Berlino: dopo la seconda guerra mondiale, è noto che una parte della nazione andò coi russi nel cosi detto "secondo mondo", ovvero quello sovietico. Nacque dunque la Repubblica Democratica Tedesca in contrapposizione ai filostatunitensi della Repubblica Federale Tedesca (ossia la Germania Ovest).

La nazionale orientale tedesca aveva una propria federazione specifica, che organizzava in ambito nazionale anche dei campionati di calcio (il cui massimo livello [pari alla Serie A italiana o alla odierna Bundesliga tedeca, per capirci] era chiamato DDR-Olberiga), ma tutti dilettantistici, data l'incompatibilità del professionismo sportivo con l'ideologia comunista vigente in quegli anni. Tra l'altro, il campionato di calcio locale è più "anziano" della nazionale tedesca, essendo stato organizzato già dal 1948.

Nel 1952 si costituì anche la selezione nazionale locale, che esordì il 21 settembre dello stesso anno a Varsavia, perdendo 3 a 0 fuori casa contro la Polonia. Quella della Germania comunista non fu una nazionale particolarmente blasonata: durante la sua esistenza non riuscì mai a qualificarsi per gli europei, e per una sola volta ottenne la qualificazione ad una competizione mondiale, precisamente quella del 1974, che curiosamente venne vinta proprio dai rivali tedeschi dell'Ovest.

Proprio durante la competizione del 1974 le due germanie si sono affrontate in uno storico derby, e nonostante la netta superiorità degli occidentali, furono i cugini dell'Est a vincere la partita (goal di Jurgen Sparwasser al 76°), valevole per la fase a gironi del primo turno. Gli orientali però saranno poi eliminati dalla competizione dopo il secondo turno, e non riusciranno più a qualificarsi per le edizioni successive del torneo.

La miglior vittoria di questa nazionale fu il 12 a 1 rifilato fuori casa al Ceylon (l'odierno Sri Lanka, isola asiatica che costituisce uno stato a sé) il 12 gennaio 1964.

L'ultima partita della storia della Germania Est fu disputata a Bruxelles contro il Belgio (vinta 2-0), in un'amichevole del 12 settembre 1990 che in origine venne pensata come gara di qualificazione all'europeo del '92, ma in seguito modificata poiché in quel periodo vi fu in atto un processo di riunificazione delle due germanie grazie alla caduta del Muro di Berlino. Così anche la partita in programma il 14 novembre venne concepita per le qualificazioni all'europeo, ma venne del tutto annullata perché avrebbe posto di fronte nuovamente le due germanie.

Sei giorni più tardi, ovvero il 20 settembre, la federazione di calcio della Germania Est si sciolse definitivamente, e con essa anche la rispettiva selezione nazionale. Fu così che la Germania Ovest tornò a chiamarsi semplicemente "Germania".

Foto: azione tratta dallo storico "derby" Germania Ovest - Germania Est del 1974. Fonte: Wikimedia Commons, fotografo: Mittelstädt, Rainer. Concessa a Wikimedia Commons dall'Archivio Federale Tedesco. Foto pubblicabile in quanto licenziata ai sensi della licenza Creative Commons Attribuzione -Condividi allo stesso modo 3.0 Germania. Attribuzione: Bundesarchiv, Bild 183-N0622-0035 / Mittelstädt, Rainer / CC-BY-SA



domenica 15 giugno 2014

Sulle proteste dei brasiliani

Sugli scontri e le proteste in Brasile è intervenuto anche l'ex c.t. azzurro Marcello Lippi (foto a destra), che di recente ha affermato quanto segue: «Condivido i motivi delle proteste dei brasiliani perché in quel Paese c’è gente che muore di fame e vede miliardi spesi in stadi costruiti in città dove non c’è neanche la squadra di calcio o dove si giocherà due volte l’anno». Dichiarazioni fatte al ciclo di incontri “Persone di successo” organizzato dalla Scuola Superiore Sant’Anna e dalla Fondazione Arpa.

Ebbene, le parole di Lippi sono sicuramente condivisibili, e forse il mondiale andava disputato altrove. Quei soldi utilizzati per gli stadi magari potevano essere sfruttati meglio, per progetti che miravano a profitti inerenti più al medio-lungo periodo, e non solamente per una manifestazione di pochi mesi, anche se è pur vero che qualche soldino nelle casse brasiliane comunque arriva, grazie all'ovvia affluenza di turisti da tutto il mondo giunti proprio per l'evento in questione. Tuttavia ad arricchirsi in questo caso restano coloro che i soldi già li hanno, mentre sull'utilità postuma degli stadi resta più di qualche dubbio.

Anche se il Brasile è la settima economia al mondo, la maggiore di tutta l'America latina e anche se le riforme economiche degli ultimi anni hanno favorito una rapida crescita del prodotto interno lordo e del potere d'acquisto dei brasiliani, la forbice sociale è larga, ciò vuol dire che le disparità di condizioni fra ricchi e poveri sono enormi. Con la crisi mondiale in atto, inoltre, i poveri e i disoccupati della terra verde-oro sono drammaticamente aumentati.

Se si tiene in considerazione quanto scritto più sopra con lo scenario mortificante appena abbozzato, diventa più semplice avere almeno una vaga idea del perché quei brasiliani che protestano e manifestano - a volte usando anche la violenza - siano così arrabbiati.

Foto: Marcello Lippi, fonte Wikimedia Commons da Flickr, autore: Doha Stadium Plus Qatar

sabato 14 giugno 2014

2014: l'anno del Mondiale e del disagio sociale


Questo che stiamo vivendo è un anno tanto atteso per gli appassionati di calcio, perché è l'anno del mondiale FIFA Brasile 2014. Come noto, il mondiale è una ricorrenza quadriennale che pone a confronto le selezioni nazionali in affascinanti sfide fra campioni e giocate spettacolari all'interno di un'arena dove di volta in volta due squadre scendono sul campo pronte a darsi battaglia. Chi è appassionato vero di calcio sa che si tratta di un momento magico, che unisce famiglie e amici che seguono la propria nazionale da casa o al bar (ovviamente in tv), e quindi unisce e appassiona anche chi di calcio non ne capisce nulla, perché il mondiale ha qualcosa di speciale. Si tratta di "notti magiche", citando la Nannini, momenti che tengono la gente incollata allo schermo televisivo, o al maxi schermo posto nelle piazze cittadine.

In genere il mondiale evoca valori tutto sommato positivi, fra cui un amore ritrovato verso la patria di appartenenza capace di unire anche i più diversi: per esempio, i catalani con gli andalusi oppure i trevigiani coi catanzaresi. Ma non solo: trasforma lo sport più seguito al mondo in un'occasione per distrarsi dai problemi che affliggono la gente quotidianamente. La gente non può vivere continuativamente pensando ai propri guai, deve invece saper trovare dei sani momenti di relax e di svago, indipendentemente dalla condizione economica e sociale a cui appartiene. Ciò detto, il mondiale ha quindi valenze indubbiamente positive, ma come (quasi) tutte le cose belle presenta dei rovesci della medaglia che solo a pensarci lasciano di marmo.

Da una parte il calcio può essere utilizzato come arma di distrazione di massa in termini tutt'altro che positivi, e in più quest'anno il mondiale può essere inquadrato in un'ottica negativa se visto nel contesto in cui viene svolto: il Brasile, che sta attraversando un momento veramente nero per quanto concerne stipendi e occupazione. I brasiliani che contestano affermano che avrebbero preferito che lo Stato avesse aiutato loro anzicché il corretto e regolare svolgimento della manifestazione calcistica. Cioè, la nazione che ha visto nascere fior fior di campioni, ad un certo punto non ne può più di pallone. In effetti sulle diseguaglianze sociali presenti in terra verdeoro non si può mica chiudere un occhio, soprattutto ora che la crisi ha accentuato tali differenze fra i residenti.